Ultrà uniti: «No al calcio moderno»

Almeno per una volta protagonisti, con il pallone tra i piedi, dello spettacolo calcistico. Ultras di tutta Europa, comunità migranti, associazioni e gruppi di ragazze ribelli si sono ritrovati a Montecchio, nei pressi di Reggio Emilia, per celebrare la sesta edizione dei Mondiali antirazzisti, organizzati dal Progetto Ultrà e dall’Istoreco. Quest’anno la partecipazione ha toccato quote da capogiro. Duemila giovani hanno campeggiato all’interno del Parco Enza. Centoventi le squadre impegnate nel torneo. Ai concerti ed alle manifestazioni della tre giorni si è registrato un movimento di quattromila persone appartenenti a culture, religioni, colori e sessi diversi. In questa simpatica babele di cori, striscioni e pallonate non potevano mancare esponenti di una delle tifoserie più elettriche del Mediterraneo. Circa quaranta cosentini hanno allestito le loro tende a cerchio intorno ad un fuoco, rinnovando i fasti di una tribù locale che non si vedeva così unita ed affiatata dai tempi dei primi anni novanta quando numerosi giovani della città dei Bruzi si riversavano a Capo Rizzuto per i campeggi di lotta agli F16. A Montecchio l’unico obiettivo tangibile è stato l’incontro tra donne ed uomini che in comune hanno l’odio per i confini e le manganellate delle diverse polizie europee, la voglia di cantare in coro, la passione per i propri colori sociali; il disprezzo per il calcio moderno, le partite al sabato e la payTv. L’esperimento è riuscito. Tutto è filato liscio, all’insegna dello slogan “un altro calcio è possibile”. Persino i palloni con cui si è giocato, cuciti senza sfruttamento del lavoro minorile, recavano la certificazione del “commercio equo e solidale”. Due le raccolte di fondi organizzate durante il festival. Una a favore della costruzione di una scuola in Pakistan. La seconda vede il contributo della curva rossoblù, ed è finalizzata a realizzare uno stadio in Chiapas, dedicato a Francesco “Bae”, ultrà veneziano recentemente scomparso. Affollato di visitatori lo stand con i materiali esposti dai cosentini all’interno della “Piazza antirazzista”. Purtroppo, l’avventura calcistica dei “Cosenza Supporters” si è conclusa con un pesante passivo. Dopo aver liquidato spavaldamente la “Polisportiva Femminile Galileo” grazie ad un secco 9-0, i wolves hanno perso 0-1 con la “Rete Fare”, 0-2 contro i senegalesi di “Coloriamo il mondo”. Infine, sono stati eliminati dalla rappresentativa “Latinoamerica”, che ha rifilato ai cosentini un umiliante 3-1.
In seguito, sono stati proprio i sudamericani a vincere il torneo. Negli altri giorni, hanno espresso un buon calcio gli ultrà atalantini, anconetani e cavesi. Al di là dell’evento agonistico, nel crogiuolo di volti e magliette colorate è mancato un momento di discussione pubblica. Alla sindrome del dibattito a tutti i costi, strumento di scambio spesso ipocrita e fittizio, si è preferita la comunicazione faccia a faccia, più istintiva ed in stile ultras. Sotto il tendone attrezzato, in mezzo a fiumi di birra, boati da stadio fino alle luci dell’alba, si sono intrecciati cori e strette di mano. Non è mancata la tensione tra tifoserie storicamente rivali, ma lo spirito del torneo prevedeva l’impegno a mettere temporaneamente da parte l’aggressività, e questo principio è stato rispettato da tutti. Venerdì scorso, un corteo di duemila persona ha sfilato per le strade di Montecchio, animato da spezzoni umani che in qualsiasi altra circostanza non avrebbero mai accettato di camminare nel medesimo metro quadrato.
Claudio Dionesalvi
Il Quotidiano, 12 luglio 2002

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