Lauropoli e le sue paure

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Benvenuti a Lauropoli, dove il sole splende sempre, le case sono basse, e troppe donne indossano abiti neri. Dopo il duplice omicidio di giovedì sera, qualcuno ha paragonato questo borgo popolare di poche anime, alla Sicilia di Cosa Nostra. Niente di più falso ed offensivo per chi abita quaggiù.
Nel bene e nel male, diversi sono i costumi e la cultura. A differenza delle genti sicule, disponibili subito nei confronti del viandante, gli abitanti della frazione cassanese accolgono sospettosi lo straniero. Ma, come i cosentini con cui condividono comuni origini bruzie, una volta superato il primo impatto, diventano ospitali ed accoglienti fino all’inverosimile.
Persone civili, insomma. Donne ed uomini laboriosi ed onesti, che ogni mattina fanno i pendolari per portare a casa la pagnotta. Tutti, però, sanno che là fuori, per la strada, ci si può imbattere in un proiettile che procede in direzione opposta. Quando meno te lo aspetti.
Ne sono consapevoli anche i poliziotti piazzati da ieri a presidiare l’ingresso del paese. Lo Stato deve pur farsi vedere. I posti di blocco sono tornati massicci. Ed ogni volta che ne passi uno, ti chiedi se esista al mondo un trafficante di armi e droga talmente scemo da transitare davanti ad una pattuglia che si apposta lì, in quel punto preciso, con una puntualità a dir poco prevedibile.
Per il resto, ognuno preferisce camminare a testa bassa. A Cosenza, dopo 17 morti ammazzati in due anni, gli indigeni reagiscono con mitteleuropea e cinica freddezza. L’omicidio avviene alle 13? Tre ore dopo le strade sono già piene di gente e la sera tutto scorre come se niente fosse.
A Lauropoli no! Scatta il coprifuoco. Palazzine nane e senza intonaco, residui di un abusivismo che non conosce sanatorie, testimoniano mute un lento rintanarsi nelle case. E chi può dar torto a quella mamma che trattiene davanti alla playstation il proprio figliolo?
Una tiratina d’orecchie, invece, bisognerebbe darla alle famiglie che abitano nei pressi della scuola media del paese, danneggiata mercoledì notte da una sassaiola che ha mandato in frantumi diversi vetri. Il tiro al bersaglio deve essersi protratto per un lungo quarto d’ora. Possibile che, sentendo i colpi, a nessuno sia venuto in mente di affacciarsi dalla finestra?
Perché sui piccoli atti vandalici, come sulle origini sociali delle guerre che insanguinano la zona, l’iniziativa deve prenderla la cosiddetta “società civile”. Non c’è carabiniere che tenga. Il muratore e la suora lo confermano: “Troppi ragazzini hanno uno sguardo truce che possono aver imparato solo dagli adulti”. Modelli alternativi? Pochi!
A Lauropoli non esiste un cinema, eppure qualche luogo d’aggregazione c’è. Magari bisognerebbe metterli in funzione. Invece, in molti preferiscono mormorare bestemmie all’indirizzo di un vecchio innominabile signorotto socialista della zona: “È lui che ha fatto trasferire qui i cosentini. Gli servivano i voti”. In realtà, i “cosentini” sono i rom che nessuno nomina a voce alta. C’è la tendenza, tutta occidentale, ad attribuire loro i mali le cause dei mali di questa terra. Un luogo comune sbagliato. Perché la maggior parte dei rom vive onestamente. I loro figli sono educati e sensibili, nonostante a Lauropoli non esistano ludoteche e simili altre misure di intervento sociale. Gli unici ad aprire le proprie porte ai giovani di origini nomadi sono, come al solito, “quelli” delle parrocchie. In questo lento e silenzioso lavorio, la Chiesa non conosce rivali. E non è un caso se poi, chiedendo ad un ragazzo quali siano per lui le giornate più belle, risponda: “Quando facciamo le processioni”.
Claudio Dionesalvi
Il Quotidiano, 5 ottobre 2002

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