Co… senza rifugio. La notte cosentina dei rifugiati

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Fossero nati in Spagna, sarebbero qui con l’Erasmus. Avrebbero un alloggio, tanti amici e un progetto di vita. Sono una ventina di ragazzi dagli occhi vivi. Parlano due o tre lingue, si presentano bene, hanno un bell’aspetto. Eppure dormono nei cartoni, negli angoli dylandoghiani della città, sulle panchine, in edifici abbandonati, nella stazione di Vaglio Lise. Vivono di stenti, crollano abbattuti dalla stanchezza mentre percorrono la città senza meta. L’ambulanza spesso li soccorre e in breve ritornano a vagare, schegge umane di lontane deflagrazioni. Sono giovani profughi afgani e pakistani. Hanno superato il mare. Alcuni di loro, penetrati in Europa attraversando a piedi i Balcani, sono rimbalzati da una frontiera all’altra. Giunti in Italia, hanno pensato di scendere più a sud per cercare di ottenere il riconoscimento dello status di rifugiati. Ma “wait, wait, wait”, espletate tutte le procedure previste, non resta che aspettare. Senza un letto, un tetto, una sistemazione. E le carte che non arrivano. Così sono arenati a Cosenza da più di tre mesi. Lo SPRAR, il sistema di protezione per richiedenti asilo, è saturo, pieno. Pare non ci siano posti per questi fantasmi viventi. Che quasi nessuno ha il tempo di vedere, ascoltare, accompagnare, impegnati come siamo a consumare la nostra sorda e chiassosa solitudine.

Claudio Dionesalvi

(nel video, un virgiliano Ciccio Noto)

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