La procura indaga sull’inceneritore

La Magistratura mette le mani nell’immondizia. È stata notificata ieri la convalida del sequestro delle due vasche di stoccaggio presenti all’interno dell’inceneritore di Settimo di Montalto. Il pubblico ministero Eugenio Albamonte, della Procura presso la Pretura circondariale di Cosenza, vuole vederci chiaro e la vicenda dell’impianto di smaltimento dei rifiuti solidi urbani si tinge di “giallo”.
Per il momento, nessuno risulta iscritto nel registro degli indagati, ma nelle prossime ore potrebbero esserci clamorosi sviluppi nell’inchiesta sull’incendio scoppiato la sera del 30 novembre a Settimo. Il fumo che si era levato dall’impianto, aveva creato allarme nella popolazione. I pompieri erano riusciti a domare le fiamme solo il giorno dopo, quando il fuoco aveva già distrutto le vasche del cosiddetto materiale di sovvallo: plastica, carta, legno, vetro e polistirolo. Gli esperti dell’Asl, intervenuti nel pomeriggio del primo dicembre, non avevano rilevato nell’aria la presenza di diossina o altri agenti inquinanti e quindi la protezione civile aveva decretato la fine dello stato di emergenza.
Il 2 dicembre, i carabinieri della stazione di Rende si erano presentati ai cancelli dell’impianto per porre sotto sequestro l’area interessata. I militari dell’arma avevano affidato la custodia delle vasche alla direzione, per evitare eventuali manomissioni delle prove. Regnava, infatti, il sospetto che l’incidente potesse essere di origine dolosa. Un’ipotesi alimentata dalle numerose denunce degli ambientalisti che nei giorni successivi avevano indicato le responsabilità morali e penali dell’incendio.
L’episodio rappresenta solo la logica conseguenza dell’apatia che la classe politica locale ha manifestato nell’affrontare l’emergenza rifiuti in provincia di Cosenza. Quasi certamente la Procura è intervenuta per verificare gli effetti pratici dell’incidente, ma soprattutto per individuare eventuali inadempienze. Una partita, quella delle responsabilità, che si gioca tutta tra la giunta regionale e il consorzio Valle Crati, gestore dell’impianto. Il 5 agosto scorso la Regione aveva disposto la chiusura del forno di incenerimento, affidando al consorzio il compito di sgomberare le due vasche del sovvallo. Ma in realtà solo il 2 dicembre, a 24 ore dall’incidente, ha provveduto ad indicare, con una nuova ordinanza, la destinazione degli oltre 3000 metri cubi di rifiuti: la discarica di San Valentino, a Rende. Una beffa. Il materiale, infatti, era già andato in fumo e gli effetti sull’ambiente sono tutti da accertare.
Lunedì mattina sarà il perito nominato dalla Procura, il professore Sindona, ad effettuare un sopralluogo per analizzare il terreno e ricostruire le cause dell’incendio che, nonostante i sospetti, potrebbe essere stato provocato dall’autocombustione. Anche in questo caso, esisterebbero le condizioni per far scattare gli avvisi di garanzia. Rimane lo spettro di un piano regionale dei rifiuti, mai attuato e relegato tra le carte affastellate negli armadi del governo regionale.
Claudio Dionesalvi
Il Domani, 12 dicembre 1998

 

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