Freak Brothers, generazioni allucinate e pensanti

“Free joint bambulè Freak Brothers olè”. Già il nome in noi risvegliava un piacevole senso di complicità e familiare appartenenza. La scelta precisa di estraniarci dagli stili di vita dei nostri coetanei ci spingeva a costruire un mondo tutto nostro. Negli anni ottanta avevamo un’arsura di simboli, miti e idoli che rimpiazzassero sia la letteratura reducista post ’77 sia la generazione del dilagante edonismo. La canapa e le droghe lisergiche al posto dell’alcol e dell’eroina, il rock esterofilo invece dell’italico lagnoso cantautorato e della disco imperante, il sesso nei garage e negli scantinati, il look casual contro le prime griffe, la curva sud ogni domenica e i concerti dal vivo in contrapposizione alle discoteche, i movimentati angoli bui della piazza in alternativa alle zone dove gran parte della massa stazionava atteggiandosi a cere da museo.
Avevamo visto “Freak” di Tod Browning, film prezioso e lacerante. È una vecchia pellicola che, senza retorica, educa al rispetto delle persone disabili, libera il tema della diversità dal pietismo lamentoso per inquadrarlo nella dignitosa cornice della ribellione. Allo stadio, quando eravamo ancora poco più che bambini, assimilammo il mito dei ternani. Erano ultrà di tendenza metropolitana, trasgressivi, festosi e pensanti, sfornavano magliette, adesivi, striscioni e coreografie extraterrestri. Gemellati dei Nuclei Sconvolti dal 1985, anno del primo raduno curvaiolo d’Italia, ci chiedevamo dove avessero preso quel nome stupefacente: Freak Brothers. Uno di loro ci spiegò che qualche anno prima, durante un pellegrinaggio ad Amsterdam, in un’emeroteca, avevano comprato un volumetto a colori con le strisce di questo fumetto strabiliante. Al primo viaggio oltreconfine, a Londra, anche noi ne comprammo qualche copia e la importammo in città. Fu una svolta. Incredibile: esisteva un fumetto che raccontava le nostre passioni, le follie che andavamo inscenando, rendeva vivide le nostre allucinazioni, assegnava alla devianza un gioioso tratto costituente. E non era lo Zanardi del leggendario Andrea Pazienza che pure divoravamo ma senza riuscire a immedesimarci, vivendo tempi e luoghi distanti dalle ambientazioni di gran parte della sua produzione artistica. Anche “Freak Brothers” del maestro Gilbert Shelton proveniva da pianeti lontani. Eppure senza difficoltà ci calavamo nei panni dei suoi protagonisti, ne assimilavamo linguaggi e soprannomi, addirittura li ritrovavamo intorno a noi, giorno dopo giorno. “Guarda quello. Ma è uguale a Phineas”. “E quell’altro, sembra il fratello di Fat Freddy”.
Quando il Cosenza fu promosso in serie B, nella stagione 1987-88, clonammo una celebre vignetta che ritraeva i Freak in fuga da un edificio durante un droga party. Si vedono gli sbirri irrompere in una palazzina affollata, nel bel mezzo della festa, mentre tutti i partecipanti al party scappano come possono, in modo acrobatico, si calano giù dalle finestre, buttano via sostanze di ogni tipo. Titolo della vignetta: “È una perquisa”. Noi lo tramutammo in “Nuova Guardia: festa per la B”. Pochi anni dopo, mentre redigevamo “TamTam e Segnali di Fumo”, la fanzine degli ultrà, ci venne in mente un’idea formidabile: ripubblicare le vignette dei “Freak Brothers” tradotte in dialetto cosentino e sottotitolate in un italiano colto, aulico, quasi letterario. Ne venne fuori un mix esilarante che negli anni successivi ci avrebbe portato a clonare anche altri fumetti. Tanto per fare un esempio, lo scurrile invito ad avere un rapporto sessuale orale, scandito in vernacolo nel baloon, tradotto diviene: “Concedimi la voluttà di una fugace fellatio”. I vecchi tifosi ci fermavano per strada durante la settimana, per declamarci le battute a memoria e proporcene altre che spontanee uscivano dalla loro testa. Fu così che il fumetto di Shelton entrò nel DNA culturale delle tribù alternative sparpagliate in città: ingerito, digerito, assimilato dall’oralità dei gerghi popolari urbani, sopravvive sulle nostre bocche inconsapevoli, prima ancora che nella memoria visiva. E si avvera una delle lucide profezie del gatto di Ciccio Freddy. Di fronte all’apocalisse di una nuova guerra globale che porterebbe l’umanità all’estinzione, uno solo, lui, il saggio felino, si salverà. “Il mite erediterà la terra”.
Claudio Dionesalvi
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Gilbert Shelton sarà a Cosenza sabato 24 settembre nel teatro “Rendano”, ospite della X edizione del Festival Le Strade del Paesaggio.
Dal 23 settembre al 9 ottobre nel Museo del Fumetto, a Cosenza, sarà allestita una mostra, a cura di Napoli Comicon, con le tavole originali dei Freak Brothers.
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