Lettera a Francesco Savino, vescovo di Cassano Ionio

caro Don Francesco,
nel maggio scorso il mio collega ed amico Gaetano Zaccato mi ha proposto di scrivere un nuovo articolo per l’ottima rivista l’Abbraccio, di cui tu sei valido redattore.
Gaetano mi ha indicato un tema sul quale ho esitato non poco: “la Madonna”. Gli ho fatto notare che io non posso definirmi “credente”. Come già in passato è successo altre volte quando sono stato onorato di collaborare con questo mensile, lui ha risposto: “Proprio per questo motivo ti chiedo di scrivere”.
Ci ho provato. Da materialista convinto, ho tentato di individuare intorno a me delle figure umane che in qualche modo potessero incarnare le virtù e la complessità di Maria. Ma siccome dall’adolescenza ho ricevuto un’educazione abbastanza femminista, mi sono determinato a non scrivere niente. Non mi va di cadere nella trappola retorica di inquadrare le meravigliose donne che mi hanno accompagnato in questi 46 anni di vita, nella melma valoriale di sacrificio, verginità, maternità e perdono, che confina la dimensione femminile in una condizione passiva, funzionale al nostro maschile bisogno di dominio. In sintesi, se per essere madonne bisogna soffrire, molto meglio non esserlo.
Poi sono stato in Africa. Ho partecipato a una missione umanitaria dell’associazione “La Terra di Piero”. Abbiamo portato aiuti ai bambini della Tanzania. Potrei dirti che forse lì l’ho incontrata, la madonna. È una bimba nera, esile, scalza e malata, timorosa di afferrare un giocattolo che mia figlia le ha mandato. È una madre che trasporta un neonato a tracolla, una cesta di mais sulla testa e due pesanti otri d’acqua con le mani. È la terra rossa di quel frammento orientale di continente, da cui tutti proveniamo, che lascia stagnare l’acqua quando la riceve dal cielo. Potrei raccontarti questo, mio caro amico e compagno Francesco, ma tornerei ad attorcigliarmi nella solita metafora della sacra e immacolata aura che circonfonde l’immagine della femminilità mariana. Una convinzione del mondo cattolico, che rispetto ma non condivido. Troppe madonne, ogni giorno, sacrifichiamo alla venuta di un messia che però si risolve solo nel nostro egoismo. Tu che non sei un dogmatico esaltato, e che pratichi la solidarietà concreta, intenderai bene quel che voglio dire.
L’ultimo giorno, prima di rientrare in Italia, mi sono soffermato a riflettere sul comportamento di tanti africani nei confronti di forestieri come noi, di passaggio dalla loro terra per scopi umanitari: accoglienza, interesse, voglia di comunicare, empatia. Nonostante la povertà e gli stenti, i tanzaniani vivono la loro giornata con la felicità di un eterno sabato, senza la smania di dover subire il tedio domenicale. A volte, di fronte alle ingiustizie, riescono ancora a ribellarsi e ad indignarsi. È un modo di affrontare la vita che noialtri, nell’Europa dell’ossessione securitaria e della crisi strutturale, abbiamo smarrito. Dovunque vada, nel Paese chiamato Italia, incontro musi lunghi, ostilità, diffidenza, rancori verso i più deboli, quasi mai una parola a voce alta contro i potenti. Nulla ci diverte, non ci entusiasma niente. La dignità non sappiamo più cosa sia. Allora forse posso trovare un aggettivo e un sostantivo che racchiudano il mio personale modo di concepire l’idea mariana. La definizione che meglio di ogni altra può esprimerla, è custodita nella forma mentis degli africani conosciuti in Tanzania. Ed è un sentimento sociale, l’umana sorellanza. Così, la madonna non è un coacervo di vere o presunte virtù, bensì un moto del cuore e della mente, che la fa essere donna prima ancora che oggetto di venerazione astratta e tattica compassione, con tutte le difficoltà che questo comporta. Senza però mai rassegnarsi o abbandonarsi all’autocontemplazione nella sofferenza. Che sono sentimenti controrivoluzionari. In quanto tali, inverosimili per una donna che s’è presa la briga, e ha avuto il piacere, di mettere al mondo uno dei più pericolosi sovversivi della storia.
Claudio Dionesalvi
“l’Abbraccio” giugno-luglio-agosto 2017
(nella foto in alto, scattata da Aldo Jacobini, Don Francesco Savino in visita alla scuola media di Lauropoli, nel dicembre 2016)

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1 Comment
  • Claudio
    luglio 28, 2017

    Don Francesco Savino, Vescovo di Cassano Ionio, in risposta alla lettera di Claudio Dionesalvi pubblicata su ABBRACCIO luglio/agosto 2107

    “…una donna che s’è presa la briga, e ha avuto il piacere, di mettere al mondo uno dei più pericolosi sovversivi della storia”: Claudio Dionesalvi rivolge a me, sotto forma di lettera, le sue riflessioni nel testo per L’ABBRACCIO. Egli parla della sua idea di “madonna” concludendo con questa definizione in cui, da laico non credente come si professa, ricalca quanto la teologia cattolica afferma. Maria, la Madre di Gesù e Madre nostra riceve luce e gloria in quanto in Lei si rivela la Luce, partecipa della Gloria di Dio in quanto in Lei Dio si rivela mostrandosi in maniera equivocato forma di uomo, in quanto in Lei e grazie a Lei il cielo e la terra si abbracciano in Gesù, Suo Figlio Dio.
    Che Gesù sia stato considerato da molti esperti di teologia in America Latina, ed anche in Italia, “uno dei più pericolosi sovversivi della storia” è cosa nota ma non per questo da considerarsi accettabile secondo il corrente significato di “sovversivo, rivoluzionario”. Gesù sovverte tutti gli schemi mondani, rivela al mondo la sua finzione, la sua transitorietà indicando in Sé, nella Sua Parola e nel Suo Corpo, l’eternità che è iscritta in ogni essere nato sotto il sole.
    E Maria, la Madonna, la Donna archetipo di tutta l’umanità, viene chiamata, dal mistero che si rivela in un Dio fatto carne, a rendersi disponibile al compiersi della volontà dell’Altissimo di segnare una rottura, una discontinuità con quanto fino a quel momento di Dio gli uomini avevano scritto.
    Dio stravolge tutti gli schemi umani, quelli che erano stati, che sono e che saranno e lo fa tramite una semplice donna, una ragazza che vede irrompere nella sua quotidianità un fatto inaudito e che mai si udirà: l’Eterno cerca un grembo di donna, mai toccata da altri, vergine, per assumere il Volto di Uomo, come tanti, come tutti, in un preciso contesto storico e geografico. E questo accadde quando i tempi furono maturi, quando a Dio piacque, e per sempre, fino alla fine dei tempi, nell’eternità.

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