Musica e poesia, sul palco i PGR

COSENZA –  Signore e signori, respirate profondamente. Arriva lui, Giovanni Lindo Ferretti.
Sul palcoscenico dell’Arenella, nel giorno più caldo della rassegna di San Giuseppe, si materializza l’unico vero grande alchimista del rock italiano.
Incontriamo qualcosa di più profondo d’un concerto. P.G.R. è teatro, laica liturgia, recital e sonora meditazione collettiva.
Questa volta Luca Ardenti e il gruppo “musica” del comune di Cosenza sanno di aver portato sull’argine destro del Crati uno dei frammenti più fulgidi della storia dell’arte musicale degli ultimi cinquant’anni.
“P.G.R. sono le iniziali di ‘Per Grazia Ricevuta’. Perché siamo appena usciti da “un secolo di storia, di vita, di innumerevoli vite. Fascismo, la guerra, la resistenza, la ricostruzione, noi. Noi che solo per essere arrivati dopo, abbiamo ricevuto una grazia”.
Quasi venti anni fa, nel cinema Italia, la prima apparizione del maestro Ferretti a Cosenza, nelle vesti di sacerdote dei leggendari CCCP: musica melodica emiliana miscelata ad un travolgente quanto caustico punk filosovietico.
Ma sul crinale del decennio, dopo la caduta del muro di Berlino, avviene la prima metamorfosi. Una formazione che aveva cantato in modo imprevedibile i sentimenti di una generazione, si modifica, assumendo le sembianze nuove dei C.S.I..
Poesia e musiche salgono sul gradino del sublime, stropicciando qualsiasi possibile categoria interpretativa. Nel ‘98, in un’esibizione incastonata nel primo festival delle Invasioni, richiamano tremila persone.
Infine, nell’ultimo biennio, una seconda fertile trasformazione: insieme a Ginevra Di Marco, Gianni Maroccolo, Giorgio Canali e Francesco Magnelli, nascono i P.G.R. che stasera eseguiranno musiche tratte da “Montesole”, il nuovo disco prodotto dopo il concerto del 29 giugno 2001, in memoria di Don Dossetti.
Fa un certo effetto ascoltare la voce di Ferretti al telefono.
Cosa rimane dei CCCP in questa sua nuova “rinascita”?
“È una vita che nel frattempo ha vissuto vent’anni, perché tra i primi testi dei CCCP e i PGR ci sono esattamente vent’anni di vita quotidiana e quindi di cambiamento. La vita, come dice il pensiero orientale, non è altro che perenne mutazione”.
Senza continuità?
“Io sono la stessa persona che non fa altro che accumulare ulteriori stagioni; per certi versi penso di scrivere sempre la stessa canzone, per altri mi rendo conto che ci sono delle variazioni non indifferenti”.
Anche il mondo venti anni fa era molto diverso?
“Sì, quando i CCCP hanno cominciato a suonare, esisteva ancora l’Unione Sovietica, prevalevano due opzioni rispetto alla vita politica. C’era una dimensione che è completamente e inderogabilmente mutata. Io non posso fare finta di vivere in un mondo che non esiste più”.
Cosa rimane in lei e in ciò che compone?
“La stessa onestà di cuore, il medesimo colpo d’occhio profondamente individuale nell’approccio alla vita, nonostante le differenze siano notevoli perché vent’anni di modernità sono moltissimi. Quel mondo non esiste più e devo fare i conti con un mondo che è molto più confuso, senza certezze, con molte difficoltà che non erano nemmeno immaginabili”.
Suonerà nell’ambito di una fiera. Cosa le risveglia in mente il termine “fiera”?
“Ah ah ah. Già la risata risponde in qualche modo. La fiera è un’occasione di incontro incantevole. Io sono una persona molto arcaica. È uno spazio sacro, tolto alla quotidianità, al lavoro, agli impegni. È lo spazio eccelso per incontrare la diversità. Non credo di aver mai suonato ad una fiera e lo scopro in questo momento. Mi piace moltissimo questa idea”.
Claudio Dionesalvi
Il Quotidiano, 19 marzo 2003

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