Letterina a Ciroma, amante sublime e dispettosa. Per i suoi 30 anni

Cara Radio Ciroma,
dove sei? Non riesco a sentirti da quaggiù. Tutte le mattine mi accompagni fino alla galleria di Tarsia. Poi ti perdo, non ti sento, non ti trovo più. Il tuo segnale si propaga nella valle del Crati, s’arrampica fino in Sila, ma si disperde appena scollino. Capita d’intercettarlo nelle fessure della nostra terra scoscesa, quando riesce a penetrare le alture. C’è un angolino dove riesco ad ascoltarti addirittura da Fuscaldo. Un’altra finestra sulle tue frequenze si apre dalle parti di Altomonte. Ma quando ti perdo, mi sento più solo. Non posso neanche catturarti in streaming. Ho la fortuna di vivere la vita dal vivo: non possiedo uno smerdphone. E quando provo a connettermi dal netbook, la saponetta del wifi va in crisi. In Calabria le reti digitali sono come le strade: franano, s’interrompono, ti lasciano.
Tu invece mai in questi tre decenni m’hai abbandonato. Qualche volta abbiamo pure litigato, come succede tra amanti. Nei primi anni novanta io vivevo “curre curre guagliò”, mentre tu m’apparivi flemmatica e snob. Però nel momento del bisogno e della gioia ci siamo sempre ritrovati. Tu sei corsa a difendermi, a darmi la parola. E io sono tornato da te, a pomiciare col tuo microfono, palpandoti i cursori e lasciandomi carezzare dalla voce tua gracchiante. Venivo da te già trent’anni fa, da ragazzino, nella sede degli archi di Ciaccio. All’epoca, noi del Centro Sociale curavamo un programmino settimanale: “Radio Gramna”. Quando cambiasti casa, ti seguii su via Montesanto. Con Luca Ardenti e Paoletta Pastore ogni giorno trasmettevamo il Ciroma Giornale: “La verità, nient’altro che la verità, da un punto di vista molto fazioso”. Tra un millennio e l’altro, migrasti in via Sabotino. Erano gli anni del movimento “NoGlobal” e del G8 di Genova. Da quel seminterrato, tutti i pomeriggi sparavamo il notiziario giornaliero. Con me c’erano giovani pirati dell’informazione che col tempo sarebbero diventati giornalisti, rimanendo in cuor loro corsari. I momenti più caldi della nostra tresca sono stati almeno due: la corrispondenza da Roma il 14 dicembre 2010, quando con Pierluigi Vattimo ti raccontammo la guerriglia minuto per minuto; ma soprattutto la risata con cui il dottore Ciccio Febbraio e io nel 2008 seppellimmo la digos di Cosenza, in diretta dalla cabina telefonica nel piazzale del tribunale che ci aveva appena assolto da sproporzionate accuse di cospirazione mondiale.
Le tue invisibili venature di radiofrequenze, sparse nell’etere, drenano e diffondono ancora la cosentinità, la intrecciano col mondo. “Sensibile sensore di memoria”, era scritto sulla parete di una delle tante tue passate dimore. Lo sei rimasta! Sei una tra le poche fonti di energia sociale nel sublime e solitario quartiere antico di Cosenza.
Auguri di cuore, Ciroma. E che forte e impetuosa continui a vibrare la voce tua nell’agorà.
Claudio Dionesalvi

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