Casole Bruzio, il ritratto di un dipendente L.p.u.

 «Oh Dio mio quanta gente! Scusate giovano’, ma che vuol dire “L.s.u.”?», chiede una vecchietta alla fermata del bus. Gianni De Buono, 32 anni, sposato, padre di una bimba di 16 mesi, risponde sorridendo al quesito dell’anziana donna. Poi si concede per qualche minuto alle domande sparate del cronista. «Se oggi riesco a portare avanti la mia famiglia – dice Gianni – lo devo ad un amico che mi ha proposto di assistere a domicilio una persona invalida. Non avevo alcun tipo di salario e quindi ho preso subito la palla al balzo. Così riusciamo ad andare avanti. Dobbiamo comunque affrontare le spese quotidiane».
Quanti soldi sono necessari, a Cosenza, per sostenere una famiglia come la tua?
«Per fare una vita senza agi, magari andando a mangiare una pizza solo uno o due volte al mese, includendo il costo di un affitto, ma tenendo la stufa accesa il minimo indispensabile e limitando le telefonate alla sola ricezione… almeno un milione e mezzo al mese. Io e mia moglie, in due, riusciamo a mettere insieme un salario intero».
Quanto guadagna un Lavoratore di Pubblica Utilità e qual è la differenza con i Lavoratori Socialmente Utili?
«Percepisco uno stipendio di 800mila lire mensili e lavoro 20 ore a settimana nel comune di Casole Bruzio. Essendo diplomato, mi hanno assunto come vigile urbano. Ho prestato regolare giuramento presso il Pretore. Sono stato iscritto al collocamento per dieci anni. La differenza tra L.p.u. e L.s.u. consiste nel fatto che i primi non avevano mai lavorato. Cioè magari hanno pure lavorato, ma al nero, e quindi sono “inoccupati”. Invece gli Lsu hanno diritto ad un’integrazione mensile di 300mila lire, vengono dalla mobilità o sono ex cassintegrati. In una parola: disoccupati».
Quante sono le persone impegnate nel tuo progetto?
«Quindici, ma a Casole la disoccupazione tocca il 60-70 per cento».
Ti è capitato di subire soprusi?
«Se parliamo dell’amministrazione, devo riconoscere che è una delle più corrette, considerando che alcuni amici L.p.u. degli altri paesi mi hanno raccontato terribili storie di sfruttamento. Ma se il riferimento è ai colleghi del posto di lavoro, anche l’ultimo dei vigili urbani è capace di farmi pesare il suo status e approfittare della mia condizione di precario per mettere in atto piccole provocazioni».
Quando i progetti scadranno, cosa farete per non essere espulsi dal “ciclo produttivo”?
«Hai usato l’espressione giusta, perché noi siamo produttori di servizi. E siccome la proroga dei progetti non è sufficiente a tranquillizzarci, io ed un mio collega stiamo proponendo nuove soluzioni, cercando di spingere per la creazione di cooperative. I Comuni della Presila potrebbero coordinarsi e puntare sulle prospettive offerte dal turismo. Il mio grande sogno è un’agenzia di servizi turistici. Abbiamo il mare e la montagna… perché non sfruttarli? E mi piacerebbe anche lavorare in altri settori. Per esempio, nel commercio dei funghi. Il problema è che mancano i punti di riferimento».
Claudio Dionesalvi
Il Domani, 24 febbraio 1999

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