E tre, anche Eugenio Gaudio rinuncia: tengo famiglia

Sul suo nome era nata una grande alleanza durata poche ore. Il magnifico metteva d’accordo quasi tutti. Un ecumenismo sorprendente. O forse no. Perché il carrozzone della sanità calabrese in tutti questi anni, specie dal 2010 in poi, è stato sempre trasversale. Virava a destra e a sinistra. Ma la traiettoria preferita era al centro. Eugenio Gaudio era il prototipo del commissario ideale. Vicino al Pd ma non inviso a destra. «Confido in Gaudio», esclamava il presidente reggente della regione Calabria Nino Spirlì. «Una grande vittoria dei calabresi», annuiva il potente deputato reggino di Forza Italia, Francesco Cannizzaro.
VICINO ALL’OPUS DEI, in stretti rapporti con la pastorale universitaria guidata dal vescovo Leonardo Leuzzi, Gaudio era diventato qualche mese fa consulente del ministro dell’Università, Gaetano Manfredi. Il suo sponsor nei dem si dice sia Luca Lotti ma solidi sono i suoi rapporti anche con il sindaco di Cosenza, l’azzurro Mario Occhiuto. Eppure il trasversalismo non è bastato a Gaudio per trattenerlo sulla poltrona di commissario alla sanità regionale. Ad appena 15 ore dalla nomina, il magnifico è evaporato. «Rinuncio per motivi familiari», ha sentenziato, precisando che sua moglie non vuole trasferirsi a Catanzaro», e suscitando così un piccolo vespaio di umorismo campanilista. Un chiaro pretesto.
In realtà, la nebulosa intorno all’ex rettore si era fatta troppo densa. L’inchiesta della procura di Catania sui presunti concorsi truccati negli atenei di mezza Italia. E poi altre due ombre: il discusso dottorato nel 2014 in favore del figlio che stando ad alcune inchieste giornalistiche avrebbe dovuto essere escluso per il presunto sbianchettamento del compito reso così riconoscibile, nonché la partecipazione come giurato al concorso «Miss Università 2015», la cui vincitrice sarebbe stata premiata con coupon da spendere nella clinica specializzata in chirurgia estetica sponsor dell’evento. Tutto ciò gli è costato l’ambìto posto.
ORA CHE GAUDIO SI È FATTO da parte, logica e buon senso vorrebbero che la scelta ricadesse sul fondatore di Emergency, Gino Strada. Che dopo aver nicchiato sul paventato tandem con l’ex rettore, ora continua a stare alla finestra. «Ribadisco che non ho ricevuto alcuna proposta formale e che comunicherò personalmente le mie decisioni attraverso i canali ufficiali se ci sarà qualcosa da comunicare. Mi sembra che la situazione sia già abbastanza difficile per i cittadini calabresi senza che diventi anche grottesca», ha postato in rete. Di sicuro contro di lui è partito il fuoco di fila della destra. «Incontro tutti in Calabria, ma non il demonio», ha tuonato l’impareggiabile Spirlì, seguito a ruota dal collega di partito Roberto Calderoli: «Palazzo Chigi sventola la bandiera rossa. Sinistra estrema». Ma anche il governo non è parso entusiasta.
«È un patrimonio nazionale, ma non va tirato per la giacchetta», ha affermato il ministro Francesco Boccia. Il sogno di Strada commissario potrebbe dunque infrangersi. E con esso la possibilità che finalmente ci sia qualcuno che metta al bando i privati che speculano sulla sanità o che renda la sanità pubblica realmente accessibile ed efficiente. E mentre la telenovela continua, la pentola della protesta continua a ribollire. Per il dodicesimo giorno di fila, in Calabria è montata la rabbia popolare. Qui, a differenza di tutte le altre regioni, non c’è una mobilitazione di «No mask», negazionisti e complottisti, bensì un movimento spontaneo e vasto che ha individuato precise responsabilità politiche, puntando su una battaglia di civiltà, quella per la sanità pubblica.
«STIAMO ASSISTENDO all’ennesimo balletto sulla pelle dei calabresi – denuncia Ferdinando Gentile, portavoce cosentino della mobilitazione -. Un sistema talmente marcio da mandare in crisi la politica nazionale. Un ministro che manca di coraggio e che sta dando uno spettacolo a tratti grottesco se non fosse che di sotto ci andiamo noi calabresi. L’emergenza qui dura ormai da decenni. Dobbiamo cacciare i privati dalla nostra sanità – conclude Gentile – e così mettere fine al commissariamento. Gino Strada è per noi l’unico in grado di guidarci e affiancarci verso questa direzione». Ieri sera nuove iniziative di lotta, stavolta sotto forma di drive-in. Nell’attesa di una manifestazione regionale di massa.
Claudio Dionesalvi, Silvio Messinetti

il manifesto, 18 novembre 2020

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