U.S.A. & uso del quarto potere!

Quello che giunge dagli Stati Uniti è proprio un vento tempestoso; un Paese che impone su tutto il globo un ordine, deve chiudersi a guscio per mascherare le proprie contraddizioni. È vero che le tensioni tipiche del modello statunitense sono facilmente “leggibili” anche nel mini-universo italiano, ma le dimensioni di fenomeni come l’improvvisa esplosione di violenza dei neri, sono riscontrabili solo in terra americana.
Sorge il dubbio che il tanto esaltato modello assoluto, al quale il pianeta dovrebbe conformarsi, sia in realtà una palude in cui non a tutti è riservato il privilegio di restare a galla. E sul fondale (sotto un metro di fango) imperversano putridi mostri. Non sono forse mostri, che aleggiano nella storia umana, pratiche come lo stupro, la violenza sui minori, l’omicidio, la pena di morte e la xenofobia?
Questi fenomeni hanno negli U.S.A. una delle maggiori regioni di crisi. Le statistiche parlano di uno stupro ogni sei minuti e ben 100.000 omicidi all’anno; sono cifre che potrebbero sbalordire il lettore, ma rappresentano in realtà l’ovvia conseguenza sociale di un lugubre difetto di costituzione della società stessa: l’istituzionalizzazione dell’assassinio. Come definire altrimenti la pena capitale?
Negli ultimi mesi la magistratura americana ha fatto largo uso dei mass-media per innescare il presunto processo di deterrenza legato all’esecuzione del condannato; le immagini di detenuti in procinto di essere giustiziati, che sono “trapelate” sugli schermi delle famiglie statunitensi (qualcosa è arrivata anche da noi), avrebbero dovuto scoraggiare i “pistoleros” sguinzagliati sul territorio americano dall’usare i loro revolver contro il prossimo. Invece la gente continua a sparare come se giocasse al tiro a segno, eludendo quella stessa giustizia che ha assolto quattro poliziotti dall’accusa provata di aver spezzato le gambe ad un povero cittadino nero, colpevole solo di aver commesso un eccesso di velocità. Non hanno importanza i nomi degli agenti né quello del malcapitato. Di episodi simili la cronaca oltreoceano (e anche la nostra) è stracolma; va invece sottolineato ancora una volta come abbia agito all’origine della protesta dei neri un input ben preciso, che va ricercato nelle immagini reali, fortunatamente riprese da un cineamatore, dell’aggressione poliziesca ai danni della vittima di turno.
L’immenso potenziale ribelle contenuto nelle coscienze di un popolo sfruttato per secoli e relegato nei ghetti submetropolitani poteva esplodere in qualsiasi momento, occorreva una spina che coinvolgesse i protagonisti della rivolta (i neri), il referente-controparte (gli americani più o meno agiati), il contesto circostante (il mondo intero). E la molla è venuta dai mezzi di informazione di massa, determinanti nell’esasperare le situazioni di tensione. E, per una volta almeno, pronti a dire la verità.
40 morti, centinaia di feriti, 4000 arresti e un numero incalcolabile di edifici dati alle fiamme, non sono dunque la conseguenza diretta di due gambe paralizzate o di quattro manganellatori inferociti in azione, bensì l’effetto di una causa apparentemente banale: una cinepresa collocata al posto giusto nel momento giusto. Nonostante tutto gli stessi mass media sono riusciti a sminuire l’entità di una reale insurrezione. Perché se è vero che i tumulti di Los Angeles hanno riempito le prime pagine del panorama informativo mondiale, è anche indiscutibile che non saranno mai elevati a svolta periodizzante come è accaduto per la strage di Tienanmen o per il tentato golpe in URSS. La situazione nei ghetti neri resterà immutata e l’intero pianeta continuerà a considerare gli U.S.A. un modello di stabilità e sicurezza sociale, dove la gente è libera di comprare ciò che vuole e la democrazia, quella di tocquevilliana memoria, rappresenta un veicolo per raggiungere il benessere di massa. Ma allora, perché mandare a morte di condannati come maiali al mattatoio? E perché perseguitare un popolo, quello pellerossa, che rivendica ancora una cultura? E perché soffocare nel sangue le richieste di libertà, giustizia ed eguaglianza sociale dei neri? La risposta potrebbe arrivare dalla storia. Questo sistema, come diceva circa centocinquanta anni fa un signore barbuto, ha i secoli contati!
Claudio Dionesalvi
Tribuna Sud Italia, n° 11   1992

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