Dal carcere alla clinica. Viaggio di sola andata?

Sofia (nome fittizio) è passata dal carcere di via Popilia a villa degli Oleandri. È lì che sconterà gli arresti domiciliari. La ragazza era apparsa una settimana fa sui quotidiani locali. Una signora l’accusava: «Ha tentato di strapparmi la collana dal collo». E sofia è diventata uno dei tanti file delle redazioni. Adesso si trova in una clinica. Prima della riforma “Basaglia”, si sarebbe detto: è passata dalla galera al manicomio.
Tante sono le verità dipinte sul suo passato, tutte impregnate di un colore che solo chi è cresciuto sul marciapiede può narrare. Il viola dei lividi di quando da bambina prendeva le botte, il giallo dei suoi capelli colorati, il grigio dell’indifferenza di tanti presunti giovani “di tendenza” , che impallidiscono quando si trovano di fronte a chi “la tendenza” che l’ha nel cervello. Ipocrisie e falsità dei sentieri urbani, Sofia è considerata una specie di “genio” dai medici che hanno provato a curarla. Una “povera scema” dalle mummie delle buone maniere. Per i suoi compagni è una “ciota” (matta – Ndr) incontenibile. Gli osservatori delle sottoculture giovanili vedranno in lei il simbolo dell’anti-poesia e della rivolta contro la società dello spettacolo: «Ma non è quella che si faceva il bidet ai tredici canali alle sette di sera?» Categorie, solo categorie macinate nel tritacarne del pettegolezzo di strada e nella fantasia mass-mediale.
Nei centri sociali si era capito con un mese di anticipo: «Questa da un momento all’altro si mette nei guai». Al “Gramna” s’è cercato di dissuaderla dal dormire di notte all’ultimo piano. Lì i “lavori in corso” non sono mai iniziati, le “istituzioni” non vogliono decidersi ad intervenire. Bisogna rimuovere l’amianto e sistemare i blocchi pericolanti. La pratica per avviare i lavori si è persa nelle caverne della burocrazia comunale, abitate da figure sonnacchiose e grottesche. Al “Gramna” era pericoloso farla dormire. Già una volta, per difenderla da uno dei suoi tanti avversari notturni, qualcuno era tornato a casa con un occhio nero. E poi lei ha il vizio di incendiare le pareti. Neanche il circuito cittadino degli artisti era riuscito ad assorbirla. Tutti amano le avanguardie teatrali del ‘900, pochi sono disposti ad accogliere Sofia sulla propria scena.
Adesso saranno due suoi amici ad aiutarla. Due (ex) giovani cresciuti nella piazza Loreto degli anni ottanta: oggi sono diventati un avvocato e uno psicologo. Non amano i bagliori dello spettacolo. E forse neanche loro sanno quale sia una via d’uscita per Sofia. Qual è il male minore tra il carcere, una clinica psichiatrica e una libertà autodistruttiva? Una libertà fatta di guerre quotidiane, con se stessa e con il mondo. E quanti “Sofia” si aggirano nelle nostre stanze?
Adesso lei è sola in mezzo a tanti sofferenti, così come lo sarà quando uscirà dalla clinica. A nulla serviranno volontariato e dame di carità. Né, tanto meno, l’aiuteranno le penne e i computer che l’hanno descritta.
Claudio Dionesalvi
Il Domani, 5 luglio 1998
(disegno di Simone Borselli)

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