Chi sono i Kurdi

L’ “imbroglio etnico” è il titolo di alcuni appuntamenti promossi dalla Biblioteca dei ragazzi e dal Comune di Cosenza sul tema dell’antirazzismo. Ieri, durante il dibattito che si è tenuto presso la Casa delle culture, è intervenuto Dino Frisullo, il pacifista italiano arrestato nel marzo scorso in Turchia, per aver partecipato ad una manifestazione in difesa del popolo kurdo. Frisullo, 46 anni, giornalista, impegnato nell’associazione “Senza Confine”, ha ancora nella mente i due mesi passati nelle carceri turche e le terribili scene di quei giorni. «Mentre venivo arrestato – dichiara il pacifista – si scatenava una vera e propria “Intifada kurda”: cinquantamila persone in piazza, pietre contro le camionette delle forze armate turche, un bambino schiacciato da un tank, una donna uccisa a manganellate, quattrocento arresti, centinaia di feriti e numerosi “desaparecidos”». Prima di fermarsi a Cosenza, Frisullo ha preferito scendere a sud e visitare i kurdi sbarcati qualche giorno fa a Sant’Ilario, in provincia di Reggio.
Quali sono le condizioni dei profughi ospitati in Calabria?
«Prima di incontrarli, sono stato ricevuto da Doris Lo Moro, Sindaco di Lamezia. Le ho proposto un progetto di cooperazione, articolato in diversi momenti. Sono due gli aspetti essenziali. Ho invitato gli amministratori locali ad andare in Turchia per conoscere da vicino la tragedia del popolo kurdo. E poi la Calabria può stimolare l’accoglienza ai profughi, impiantando nuove strutture e chiedendo al governo centrale di aumentare la disponibilità».
Chi sono i Kurdi che sbarcano sulle nostre terre?
«Non è facile entrare in contatto con loro, perché la polizia vieta agli estranei di avvicinarsi. I profughi possono allontanarsi dai campi solo se hanno la ricevuta della richiesta d’asilo politico. Tuttavia, sono riuscito a parlare con due kurdi. Erano studenti. Il primo frequentava l’università di Izmir. È stato arrestato dai turchi. In carcere è finito nello stesso periodo in cui anch’io ero detenuto. Lo hanno torturato. Per arrivare in Italia ha speso circa cinque milioni di lire. Il secondo studente proviene da Mardin e anche lui è segnato dalla terribile esperienza del carcere turco. Entrambi mi conoscono, perché MadTv, la televisione che trasmette via satellite, ha raccontato la mia storia».
Quali sono le loro intenzioni?
«Vogliono restare in Europa. Non importa se sia l’Italia o un altro paese. Sono felici di essere sbarcati in Calabria, perché qui l’accoglienza è degna di un paese civile. All’esterno del campo di accoglienza, ho conosciuto due curdi provenienti dalla Germania. Erano scappati qualche anno fa. Hanno tentato di ottenere legalmente il ricongiungimento familiare, ma non ci sono riusciti. Alla fine hanno deciso di spingere i loro cari ad affrontare il viaggio clandestino. Quando hanno saputo dell’arrivo di altri profughi in Italia meridionale, si sono precipitati in Calabria per ricongiungersi ai parenti».
Da cosa scappano i kurdi?
«Dalla guerra e dalla miseria. Sono tutti pregiudicati per motivi politici. Anche i calabresi emigrati negli anni cinquanta fuggivano dalla povertà. È come se alle ragioni storiche dell’emigrazione si fosse aggiunta una situazione di invasione coloniale. Provate ad immaginare l’occupazione straniera di una terra. Il posto del Sindaco, per capirci, viene preso da un generale di un esercito nemico. La popolazione locale è soggetta a sfruttamento e persecuzione».
Tornerai in Kurdistan?
«Sì, perché devo ancora essere processato. E poi voglio convincere il governo italiano a bloccare la vendita di armi alla Turchia. Ogni volta che viene distrutto un villaggio curdo, i turchi lo cospargono di mine. Sono strumenti di morte provenienti dall’America e dalla Germania. Ma anche dall’Italia».
Claudio Dionesalvi
Il Domani, 2 giugno 1998

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