Un giorno di ordinaria protesta

Ore 9.30, viale Trieste, vanno in scena i disoccupati di Acri. È un quadretto già visto: un centinaio di persone presidiano l’ufficio provinciale del lavoro, la polizia sbarra l’ingresso dell’edificio e intorno si aggira il sindacalista di turno, con la sua presunzione di voler tradurre bisogni intraducibili. Questa volta, da Catanzaro, è piovuta Rosetta Raso, della Cisl.
Mi scusi signora Raso, una settimana fa, in Prefettura, i sindacati hanno ufficializzato un’intesa sui criteri per l’avviamento al lavoro delle persone impiegate nel progetto di riqualificazione urbana del comune di Acri. Sembravano tutti d’accordo, ma ora i disoccupati acresi sono di nuovo qui a protestare. Non è che, per caso, è in atto uno scollamento tra le organizzazioni confederali…
«Senti, se vuoi fare giornalismo scandalistico…», fortunatamente, l’infelice conversazione viene interrotta da un agente della digos: «Per favore, potete allontanarvi? Siamo qui da stamattina e abbiamo fame anche noi, vorremmo andare a pranzare». Sul taccuino del cronista rimangono appunti identici a quelli registrati qualche mese fa. Lo scontro dialettico tra i disoccupati ed il sindaco Rocco, l’occupazione del palazzo municipale, la vertenza, l’intervento del Prefetto, la polemica sui criteri per l’avviamento di un progetto da tre miliardi, che si dissolverà nel giro di soli sei mesi. Adesso è in gioco la preparazione del bando di concorso per il progetto, ottenuto dopo mesi di lotta. E questa operazione spetta ai tecnici rintanati all’ultimo piano di viale Trieste. È difficile addentrarsi nel linguaggio della vertenza. Di certo, lo scontro avverrà sulle modalità della famigerata “chiamata in sala”, strumento indispensabile per garantire la massima pubblicità al bando. L’accordo, sottoscritto e confermato una settimana fa, prevedeva una chiamata dislocata in più punti e diverse giornate. Invece, gli artefici della protesta chiedono che venga effettuata in un’unica giornata a Cosenza. Inoltre, i disoccupati vogliono l’abolizione di una circolare che assegna l’etichetta “reddito esente” alle persone con un’entrata annua inferiore ai sette milioni. «Sono cavilli per gli addetti ai lavori», spiega la sindacalista. «Avevamo proposto – dice un giovane manifestante – criteri aggiuntivi che permettessero l’assunzione dei soggetti realmente bisognosi. La Regione li ha approvati. Vogliamo l’applicazione di quei criteri. Non facciamo una protesta per andare noi a lavorare, ma per la legalità e la trasparenza. E questi principi posso essere garantiti solo da una commissione paritetica che stabilisca le linee giuda». Dopo aver rimosso il blocco dall’ufficio provinciale, i disoccupati si sono trasferiti ad Acri, dove è avvenuto un incontro con il Sindaco. In serata, si è appreso che il primo cittadino avrebbe offerto la sua disponibilità ad andare incontro alle richieste dei manifestanti. Tutto dipende ora dalle modalità di preparazione del bando. Nelle dinamiche del mondo del lavoro, così come nel calcio, la normativa è talmente complessa da lasciare ampi margini di discrezionalità agli arbitri e a chi applica le leggi. Ne sanno qualcosa a Napoli, dove il movimento dei disoccupati ha posto, più volte e con estrema determinazione, la questione delle liste di collocamento autoprodotte. Ai piedi del Vesuvio, come nella suggestiva Acri, migliaia di precari, lavoratori in nero e disoccupati non hanno ancora trovato una prospettiva di esistenza dignitosa. Le soluzioni-tampone servono solo ad immergere temporaneamente le persone in un mercato lavorativo dal quale vengono poi espulse in nome della flessibilità. E la disperazione, negli occhi di quelle donne che insieme agli uomini ieri mattina hanno presidiato l’ufficio del lavoro, rimane l’unica tangibile realtà.
Claudio Dionesalvi
Il Domani, 5 febbraio 1999

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