“Rubbina” spiega i rom alla comunità cosentina

Tracciare un profilo della cultura, della lingua e della storia dei rom calabresi e intrecciarlo con la leggerezza del racconto. Nominare il pregiudizio, la paura dell’altro e, insieme, dare conto del disagio di chi è rifiutato.
Questi i motivi di “RUBBINA”, il testo in due piccoli tomi, presentato dalla Fondazione Rubbettino, ieri pomeriggio nella sala convegni del Comune di Cosenza. Una narrazione orale, quella della protagonista, Rubina Berlingieri, che racconta la sua esperienza di donna romana, nata  e cresciuta a Cosenza, nella città del mito manciniano dell’integrazione, delle case popolari nel villaggio e di un riscatto mai veramente compiuto. Una narrazione pensata, come spiega la stessa autrice rispondendo alle domande di Loredana Marsico, per una città dove «sembrava che noi rom non esistevamo». La narrazione di Rubina, tramutata in scrittura con l’aiuto di Claudio Dionesalvi, guarda in faccia il pregiudizio, il vero e proprio razzismo cosentino e insieme la difficoltà di essere e sentirsi diversi. Proprio lei, chiamata tra i suoi “a ‘talianetta”, dice di aver scelto la cultura italiana, cercando di conservare i tratti “buoni” della sua tradizione, come il ballo della tarantella.
Eppure, come è spiegato nella seconda parte del testo di ispirazione antropologico-storico-linguistica, pare piuttosto una scelta di comodo, di mimesi, che va verso la definitiva perdita di una cultura ricca e antica.
Al saggio storico di Antonio Cicala segue quello linguistico di Pierluigi Grotta. Il tentativo è di ricostruire l’idioma dei rom ormai quasi perduto e sopraffatto dagli elementi del dialetto calabrese. E insieme al romanes, con la sua fiera origine sancrita, a retrocedere sono anche i valori di un’antica cultura che abdica a favore di quella ospitante. Sembra questo il vero accidente dei rom: la rinuncia alla propria identità in cambio dell’accettazione-assorbimento. L’incontro con i cosentini è anche l’incontro con la ‘ndrangheta, ovvero la disgregazione della comunità. È Claudio Dionesalvi a ricordare, senza ipocrisia, che «non si vive un bel periodo a San Vito», e che una donna è stata uccisa poco tempo fa. Così è spiegata la presenza di pochi esponenti della comunità rom in sala. Ancora una volta, l’assenza dell’«altro». Questa stessa delusione e critica è mossa dal professore Piperno, autore della postfazione del testo, nei confronti dell’Opera nomadi, di cui Rubina ha fatto parte.  « È una organizzazione autoritaria – spiega Piperno – che in 30-40 anni non è riuscita a fare emergere un team di collaboratori interni alla comunità rom». Insieme al tentativo di «fare capire i rom ai cosentini», il testo avanza alcune proposte: il recupero della lingua romanes, perché i bambini rom non perdano un elemento di ricchezza della propria tradizione, l’integrazione della legge sulle minoranze che tenga conto delle specificità rom e il recupero degli antichi mestieri. Tra il pubblico l’assessore Matilde Ferraro e il presidente di Seconda circoscrizione Cipparrone avranno preso nota.
Nicoletta Fascetti Leon
Calabria Ora, 8 giugno 2007

No Comments Yet.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *