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Ottobre 28, 2016
La scuola che insegna ad essere non è la scuola, ma è il mondo, la vita tutta, le relazioni più diverse. Nella tua esposizione ci sono cose positive e negative insieme, c’è molta confusione, non ti è chiaro qualche concetto. Mi permetti? Non può esistere una scuola buona a una cattiva, non c’è un’altra scuola, c’è soltanto la scuola, fintanto che questa è in mano all’istituzione e quindi sotto il controllo di un vertice qualsiasi (chiamalo Stato o chiamalo manager privato, è uguale). La scuola, sai, ha degli obiettivi nascosti che essa porta a compimento sempre, nel migliore dei modi, nonostante tutte le buone intenzioni dei singoli che vi lavorano. Questi obiettivi nascosti, di cui ci ha parlato molto bene Ivan Illich (ne consiglio la lettura), non possono che ringraziare i soldi che tu hai deciso di destinare agli strumenti della scuola, per i più indigenti, dici. Ecco: questa generosità nei confronti della scuola stessa è proprio quello che vuole il Capitale. La scuola in quanto scuola è sempre uno strumento del sistema, come si fa a non capirlo? E come tale lavora secondo una logica strutturale che è di per sé autoritaria, a prescindere dall’umanità dei singoli. Non è affatto vero che la scuola la fanno i singoli, la sua struttura stessa è di per sé disumana. Dare un voto è già un atto superautoritario e discriminante. Non puoi esimerti dall’essere come il sistema ti vuole e ti impone con la sua burocrazia (a meno che tu non ti faccia punire o licenziare), dovrai mettere dei voti, dovrai per contratto far competere gli studenti, dovrai insegnare le cose che ti sono state calate dall’alto e che sono state scritte dai pedagogisti del sistema, dovrai rendicontare degli obiettivi che qualcuno ti dice di dover raggiungere, dovrai inserire i bambini in fasce di merito e demerito, dovrai piegarti all’invalsi, dovrai adottare sistemi punitivi anche se camuffati da lusinga e premio, insomma, tu dovrai comunque utilizzare gli strumenti autoritari della scuola, lo farai sempre tuo malgrado, ma lo farai. Al sistema ciò che importa è che tutti vadano a scuola, perché non è mai il docente che forma, ma è la scuola stessa, e lo fa subdolamente. Puoi essere umano e democratico quanto vuoi, ma non sei tu che fai la scuola, è la scuola che fa te, purtroppo. Ti invito davvero a leggere ”Descolarizzare la società” di Ivan Illich, si trova in internet in pdf, e a riflettere sul fatto che nessuna macchina inventata dal sistema può andare contro il sistema stesso. Un ultimo consiglio, se lo accetti: prova a donare quei soldi a chi sta peggio di te, al di fuori della scuola, oppure dividi i soldi con gli altri tuoi colleghi, eludendo così l’intento discriminatorio del governo. Ciao.
Ottobre 28, 2016
ciao Elisa,
ho letto il tuo commento al mio pezzo.
Credo però che tu abbia una visione ideologica della questione, una rappresentazione che dal mio punto di osservazione, dalla mia postazione lavorativa, mi sembra un po’ astratta. L’ideologia di questi tempi è qualcosa di prezioso, non voglio unirmi al coro di chi vorrebbe rimuoverla a tutti i costi, però si scontra col problema del CHE FARE? E rischia di consegnarci all’immobilismo o ad una negazione perpetua di qualsiasi interazione col presente, una sorta di Aventino delle coscienze e della prassi.
Insegno da 16 anni in un posto meraviglioso, ma socialmente definibile come la “Scampia” di Calabria. “La verità effettuale della cosa” – ha detto un signore qualche secolo fa – è ben distante dalla rappresentazione che spesso ne diamo.
Un amico libertario mi ha parlato di Illich. Lo leggerò, seguirò il tuo consiglio. E in parte condivido quanto tu (attraverso lui) dici sul carattere totalitario del sistema scolastico.
So bene che in quanto insegnante, la mia funzione, nonostante tutti i tentativi che io faccia per scrollarmela di dosso, è pur sempre una funzione “poliziesca”, omologante.
Ma l’unico vero strumento che ho per contrastare questa funzione, è liberare autonomia, umanizzare le relazioni didattiche che vivo ogni giorno all’interno della scuola, disattivare i dispositivi totalizzanti. All’esterno, provo insieme ad altri a costruire delle alternative concrete, come ho imparato a fare nei territori zapatisti.
Ti ringrazio per la sensibilità e le critiche.
Ti abbraccio
claudio
NB la redistribuzione del bonus con i miei colleghi… ne parlerò con loro. Ma nella tua visione non sono pure loro, come me, agenti del “nemico”?
Infine, mai subito la burocrazia, sempre combattuta. A volte anche minacciato dagli organi superiori, mai però dai presidi che ho incontrato (ho avuto la fortuna di trovare persone intelligenti). Sempre boicottato le prove Invalsi! Mai adottato sistemi punitivi. Mai insegnato contenuti calati dall’alto. I voti… sì, purtroppo quelli mi tocca darli, ma provo sempre a convincere alunni/e e colleghi/e che sarebbe meglio utilizzare le pagelle per sopperire alla mancanza di carta per i servizi igienici della scuola. Rimango convinto dell’importanza che i ragazzi e le ragazze vadano a scuola. Nei territori in cui vivo, l’abbandono scolastico è il miglior alleato della classe politica attuale e degli organi di polizia.
Ottobre 28, 2016
Onore a te e a quelli che pensano e si comportano come te..
L’unica considerazione che mi viene da fare – premesso che conosco bene il mondo “istruzione” – è che abbiamo a che fare con uno stato Mafioso…perchè ottenere consenso con il ricatto è MAFIA….
Ottobre 28, 2016
Mi spiace, ma noto ancora che nei tuoi discorsi ci sono elementi mischiati insieme che non fanno altro che confondere le acque e allontanare la questione. La società va descolarizzata, e questa non è ideologia, sono i fatti e la storia che ce lo dicono, sono le analisi svolte da grandi pedagogisti che ce lo dicono, è la logica delle cose che lo dice. Una volta un pedagogista sudamericano ebbe a dire che nonostante gli insegnanti di sua figlia fossero aperti e liberi, nonostante l’aula fosse un giardino, nonostante i programmi fossero concordati ecc ecc, la scuola rimaneva il problema e non la soluzione. E se generazioni di filosofi e pedagogisti, oltre ai fatti come dicevo, continuano a sostenere che la scuola è deleteria e disumanizzante (mai letto Marcello Bernardi?) e che l’essere umano apprende veramente e con gioia soltanto quando è libero, e che si imparano molte più cose stando fuori dalla scuola, senza coercizioni e senza controlli, allora tutto il tuo discorso è proprio da rivedere, perché quello che stai facendo non è altro che continuare a giustificare ciò che ormai storicamente è ingiustificabile. Dimenticavo, soltanto la vera libertà insegna ad essere, e libertà significa anche poter scegliere senza avere il timore di punizioni o senza ricevere il ricatto del premio, e a me risulta che la scuola sia stata imposta obbligatoriamente, per giunta a tutti, nessuno può scegliere liberamente se andarci o meno, e soltanto questo obbligo contraddice e snatura il concetto di ‘essere’. Chi va a scuola non è, e non importa in che modo è fatta la scuola. So che con le mie parole non ti smuoverò di un millimetro, perché probabilmente qui chi ha davvero la coscienza ideologizzata sei tu, non io, io addirittura ragionavo come te, poi però, leggendo e ragionando svincolato da qualsiasi ideologia che non fosse la voglia di sapere, ho avuto la forza morale di rivedere il mio punto di vista. E penso di aver fatto bene, se non altro sono in buona compagnia, tra Illich e Ferrer e Bernardi e Goodman e Freire e Faure… amici di viaggio, niente più di questo. Ciao.
Ottobre 29, 2016
M’inchino dinanzi ai tuoi compagni di viaggio. Potrei indicarti i miei, ma sarei noioso. Né difendo la scuola né attribuisco al mio gesto un valore chissà quanto politico. Più che altro, la mia è una semplice e indignata obiezione. Sì, nulla di rivoluzionario, purtroppo. In quanto tale, rimane lì, stuzzica la discussione, tutt’al più richiama la sensibilità di intelligenze come la tua. Consapevole di tutte le mie contraddizioni, come molti altri milioni di esseri umani che individuano le forme dell’oppressione, mi interrogo sul cammino per destrutturarle. E il cammino lo fanno le persone.
PS
(Freire forse lo tiri un po’ troppo per la barba…)
Non so come contattarti. L’indirizzo mail è fasullo. Sarei onorato di offrirti un caffè e conoscerti di persona. Magari coi soldi di Renzi.
Ottobre 29, 2016
Ciao, il mio indirizzo non è fasullo, ma se è per questo non è neanche vero. E quindi probabilmente c’è una terza via che fose vuoi farti sfuggire. Spiego. Il tuo blog richiede una chiave di accesso per poter scrivere che è un indirizzo email. E dico un indirizzo, non l’indirizzo. Notiamo la differenza. Ergo mi prendo il diritto di inserire un indirizzo qualsiasi, inventato (io preferisco dire inventato), se ciò mi consente lo stesso di scrivere qui, questo non pregiudica certo l’autenticità del mio pensiero. Attenzione, perché dire fasullo in una battuta riguardo all’indirizzo mail potrebbe restituire al lettore distratto un’idea sbagliata dei miei pensieri e di me stesso. Queste sono parole vere, autentiche, per intenderci. Bisogna fare attenzione a queste cose quando si comunica in modo pubblico, a meno che non lo si voglia fare di proposito. Detto ciò io penso che difendere la scuola in quanto strumento del sistema (oleando i suoi meccanismi addirittura con i soldi del bonus) sia molto più grave quando, come fai intendere tu, conosci certi pedagogisti e il loro pensiero; in qualche modo ci si rende più colpevoli, perché si conosce, ma si fa finta di nulla perseguendo gli stessi obiettivi: dare linfa all’arma infallibile del sistema. Ripeto che non c’entra essere insegnanti dalla mentalità aperta, finché si è dentro un meccanismo autoritario si finisce per farlo funzionare lo stesso, altrimenti si soccombe, ci si arrende, ci si adatta facendo finta che la cella, tanto più la si colora, quanto maggiore sembrerà di vivere in libertà. Apparenza. Come dire: sai quanta gente intelligente e aperta lavora nelle fabbriche di armi? Non per questo diventano fabbriche di giocattoli. Mi stupisce sapere che quei soldi li vogliano dare a te, quando è risaputo che a prenderli sono i meritevoli, cioè coloro che maggiormente obbediscono ai diktat dei dirigenti, dei provveditorati, dei ministeri, cioè quelli che maggiormente e infallibilmente garantiscono il funzionamento di una fabbrica atroce di massificazione e classificazione obbligatoria. Il bonus premiale, lo dice la parola stessa, premia chi rema a favore del sistema, non contro di lui. Per chi è contro il sistema, ma davvero contro, voglio dire non facendo i riformisti e falsi rivoluzionari, ci sono purtroppo altri destini ben più tragici, come storia e cronaca insegnano, non certo premi. Questo perché i veri rivoluzionari sono sempre stati soli, colpa nostra che non li seguiamo e, anzi, li denunciamo come eretici. Si dovrà poi anche pensare al fatto che laddove c’è un premiato, ci sono anche degli esclusi, dei puniti, dei non meritevoli. Ed eccoci alla classica divisione ‘buoni-cattivi’ che la scuola insegna persino con orgoglio militaresco ai bambini. Poi ci si riempie di retorica come ‘siamo tutti fratelli e sorelle’. Mera ipocrisia. Sono i fatti che insegnano, non le parole, e a scuola i fatti sono tutti di marca autoritaria, forzatamente, nonostante le buone intenzioni dei singoli che spesso, purtroppo, finiscono per essere oleatori della macchina, loro malgrado, ottnendo quindi l’effetto contrario (o quello voluto, dipende) nel carattere della società. Descolarizziamola questa società, coraggio, cerchiamo di dare un senso vero alle analisi di Illich, e non lasciamo da soli quelli che sembrano avere idee assurde e impossibili. Ricordiamoci di Galilei e Giordano Bruno, e non solo di loro. Non facciamo che diamo loro ragione dopo 400 anni e dopo averli ammazzati. Ciao.
Ottobre 29, 2016
Io non sono “un’insegnante dalla mentalità aperta”. Io presumo di essere un sovversivo.
Ho conosciuto “gente aperta” nelle fabbriche di armi, come tu li (e le) definisci. Tanto per fare un esempio, erano gli operai che diedero vita all’autunno caldo, nel ‘69. Non vorrei apparire blasfemo, paragonandomi a loro. Certamente credo che non fossero corresponsabili dello sfruttamento che la Fiat attuava, nonostante fossero suoi dipendenti. Per il semplice fatto che lottavano per inceppare quella catena di montaggio! Anche nella scuola pubblica odierna, al di là delle meravigliose teorie dei pedagogisti “eretici” del ‘900, ci sono tanti soggetti che contribuiscono ad inceppare l’ingranaggio.
Rimane il problema di capire come faccio a contattarti privatamente, se quello non è il tuo reale indirizzo di posta elettronica.
PS
Ma mo me lo dai un tuo recapito elettronico raggiungibile? Per favore, se ti va, scrivi a tobbia@tin.it