Due segnalazioni e le tolgono i bimbi

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Erano bastate un paio di segnalazioni anonime per farle perdere i suoi due figli. Il Tribunale per i minorenni di Catanzaro, sulla base di una discutibile relazione dei Servizi sociali e un’informativa della Questura, aveva disposto nel novembre scorso, l’affidamento dei bambini ad un’altra famiglia.
E i giudici non volevano sentire ragioni. Perché la legge è legge. Inutili le recriminazioni di Emanuela, 38 anni, infermiera, separata dal marito. Lavora da tanti anni, sarebbe disposta a cavarsi gli occhi pur di assicurare la salute ai figli Giovanni e Michele. Non sguazza nella ricchezza, ma porta avanti un’esistenza dignitosa. Eppure, il Tribunale aveva deciso: i bambini non li può tenere. Poco importava che il più piccolo fosse disabile, affetto da una grave malattia e la distanza dalla madre avrebbe potuto portarlo alla morte.
«Michele, di anni 6 – recitava l’ordinanza – deve essere affidato all’Ente locale».
Appena ricevuta la comunicazione di esecutività del provvedimento, Emanuela è sprofondata in una crisi terribile. Ha minacciato anche il suicidio. Se la polizia avesse portato via gli unici motivi per i quali ritiene opportuno stare sulla Terra, lei l’avrebbe fatta finita. Ma quel foglio di carta legale parlava chiaro: «I minori hanno genitori gravemente inadeguati. La madre già tossicodipendente…».
Tradotto in un linguaggio mentale, ciò significa che chi ha assunto – anche in passato remoto – sostanze stupefacenti, deve temere da un momento all’altro l’intervento della giustizia civile o penale. Non è più sufficiente aver chiuso ogni legame con la tossicodipendenza. Per i giudici quel marchio rimane.
Ma il motivo che ha fatto indignare Emanuela, spingendola a rivolgersi ad un legale, è un passaggio surreale contenuto nel provvedimento: «Dalla nota in data 3 agosto ’99 della Questura di Cosenza si evince che non è stato possibile rintracciare i genitori dei minori, che pertanto non è stato possibile sentire…».
In sostanza: «Siccome siamo venuti a casa tua e non ti abbiamo trovato, hai perso l’unica possibilità di dimostrare che non conduci una vita sregolata».
Tutte questioni di illegittimità sollevate e sottolineate dall’avvocato Enrico Tucci, difensore di Emanuela, che ha presentato un ricorso alla Corte d’Appello di Catanzaro. Di fronte alla validità delle motivazioni esposte nel reclamo, la corte comporta dal giudice Amatruda, dai consiglieri Arcuri e Mosca, dai componenti privati Benincasa e Levato – e con l’intervento del procuratore generale – ha dato ragione al legale di parte, disponendo la sospensione dell’immediata esecutività conferita al decreto. Un’ulteriore trattazione stata fissata per il prossimo 19 giugno. Solo allora Emanuela saprà se il suo drammatico passato è veramente finito.
Claudio Dionesalvi
Il Domani, 16 gennaio 2000

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