Sono nato a Cosenza il 6 aprile 1971. Mediattivista, insegnante di Lettere nella scuola media, ultrà del Cosenza Calcio, già militante del Centro Sociale Autogestito “Gramna”, impegnato nella scolarizzazione dei bambini di origini rom, tra i fondatori dell’associazione Coessenza. Collaboro con diverse testate, tra cui “Il Manifesto”, “Dinamopress”, icalabresi.it
Ho pubblicato numerosi
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cronache di una vita movimentata:
SELVAGGIA AGGRESSIONE DELLA QUESTURA DI COSENZA AI DANNI DEL COMPAGNO CLAUDIO
Al termine della partita Cosenza-Brescia, le squadracce della polizia di stato di Cosenza, agli ordini dell’ispettore Di Maggio, hanno caricato brutalmente i tifosi nello stadio, senza riguardo alcuno per anziani, donne e bambini. Una furia barbara, che questa volta si è scatenata senza neanche un pretesto.
Ma la cieca carica cercava nella folla anche qualcuno a cui “farla pagare”. In tanti hanno sentito i questurini gridare “Dionesalvi, Dionesalvi”, mentre Claudio, come tutti, stava andando via. Inseguito e braccato Claudio correva, ma inciampava e cadeva a terra. Veniva accerchiato e pestato violentemente da un’intera squadra di questurini. Referto dell’ospedale: frattura di tibia e perone. Per fortuna Claudio è stato “protetto” da alcuni tifosi (tra cui un giovane carabiniere!) che lo hanno portato fuori dallo stadio. E qui il paradosso: nel putiferio anche l’ambulanza che soccorreva e portava Claudio ferito in ospedale è stata fatta bersaglio del lancio di candelotti lacrimogeni. Ma persino nei campi di battaglia il passaggio delle autoambulanze è garantito dai combattimenti!
L’accanimento della questura di Cosenza ai danni di Claudio risulta chiaramente predeterminato. Perché tutto questo astio? Da dove nasce il loro odio? Perché un comportamento degno del passato fascista del nostro Paese, paragonabile alle polizie di un regime dittatoriale?
Claudio è un compagno di questa città, uno di quelli che non si tira mai indietro, sempre in prima linea nelle lotte, che non flirta con i poteri costituiti. Non c’è mobilitazione con i lavoratori o i disoccupati, per il diritto alla casa, o con gli immigrati, antifascista o per la vivibilità nel territorio, che non veda Claudio tra i protagonisti.
E questa sua passione del sociale, questo suo impegno militante, Claudio se lo porta ovunque, nel suo essere ultrà come nel suo mestiere di giornalista.
Non a caso Claudio è tra i tanti convocati oggi in questura, per l’ennesima volta, dove chissà quale altra persecuzione provocatoria staranno imbastendo, dove i teorici della repressione chissà cosa staranno inventando.
Ma questa città non è Santiago. Di Maggio non è uno sbirro di Pinochet, e finché questo paese resterà una “democrazia antifascista” almeno sulla carta, di fronte a fatti del genere si leverà forte l’indignazione e la protesta di massa.
Le compagne ed i compagni di Cosenza
Giugno 2000
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INVASIONE DI CURVA!
In tanti anni passati sui campi di calcio ne abbiamo viste e sentite di tutti i colori. Siamo abituati alle invasioni di campo, per lo più pacifiche, con le quali si chiude ogni campionato. Abbiamo avuto notizia che una volta, in una categoria dilettantistica, si è verificata una invasione di spalti da parte dei calciatori di una squadra. Dopo la partita Cosenza-Brescia registriamo anche l’invasione di curva. Solo che, stavolta, protagonisti dell’azione sono stati i tutori dell’ordine.
In altre circostanze, in considerazione del fatto che questo giornale si stampa a distanza di sette giorni, abbiamo preferito non ritornare su fatti già ampiamente trattati da tutti gli organi di informazione. Ma stavolta è diverso. Noi eravamo lì, abbiamo visto quello che è accaduto, e non possiamo tacere.
Stavolta, in uno stadio semivuoto, dinanzi agli occhi atterriti dei più, le forze di polizia presenti allo stadio hanno sorpassato quella sottile linea di demarcazione che trasforma l’ordine in disordine.
La loro presenza dinanzi alle porte antipanico della curva, infatti, aveva già fatto indietreggiare quelle poche decine di tifosi che ancorano aveva voglia di scendere in campo, scongiurando così la possibilità di una invasione pacifica (ma perché, visto che accade in ogni parte del mondo?) e quella di un contatto con la tifoseria del Brescia (ma, con il fossato da scavalcare sarebbe stata una gran bell’impresa!). Ci si poteva (o doveva!?) fermare lì. Invece, per interrompere il lancio di qualche bottiglietta di plastica (vuota o quasi visto il gran caldo…) qualcuno ha deciso che era meglio farla finita e dare una bella lezione, di quelle che non si dimenticano facilmente.
E così agenti grandi e grossi, con tanto di casco e manganello, si sono lanciati alla repressione di quegli intollerabili atti di violenza (!?).
A chi guardava le scene dagli altri settori dello stadio, infatti, l’azione delle forze di polizia è apparsa del tutto fuori luogo.
Sicuramente sproporzionata rispetto a quello che era accaduto fino a quel momento. Cosa avrebbero fatto i responsabili se si fossero trovati a Cesena la domenica precedente? Eppure lì i tifosi, diverse centinaia, hanno lanciato addosso alla polizia davvero di tutto perfino i tabelloni pubblicitari.
Siamo dell’idea che il tifo, così come lo abbiamo conosciuto in questi ultimi vent’anni, sia ormai finito sotto i colpi del calcio-business. Chi non se n’è ancora reso conto sono proprio i tifosi, soprattutto gli ultrà che, con passione, continuano a vivere una storia che ormai è finita. Ma domenica pomeriggio, nella curva del San Vito, non c’erano solo ultrà. C’erano anche tanti altri tifosi, rei solo di aver acquistato il biglietto a più basso costo e di essersi seduti da quella parte.
Non è possibile che i tutori dell’ordine pubblico entrino in un settore e comincino a bastonare tutti i presenti, soprattutto quelli che, non avendo nulla da temere, non si erano mossi dal proprio posto aspettando che passasse le bufera.
Ma non è possibile neanche che un gruppo di agenti, al grido di “Dionesalvi, Dionesalvi” – secondo quanto riferiscono parecchie persone – si sia catapultato contro il malcapitato giornalista, reo – secondo la Questura – di… “aver iniziato a tirare calci a due poliziotti e a due finanzieri finché non è stato inseguito da un agente…”.
Dionesalvi, ultrà ma anche giornalista, è sembrato nella circostanza un bersaglio assai bene identificato. Da quanto tempo, e perché?
Apprezziamo Claudio da anni, pur non condividendo appieno le sue idee. Se commette reati è giusto che, come chiunque altro, ne paghi le conseguenze. Ma in uno stato democratico le conseguenze non possono mai tradursi in percosse. E se è vero che Dionesalvi si è rotto da solo tibia e perone, è anche vero che è successo mentre cercava di sottrarsi a quanto poi, nonostante fosse a terra inerme, è regolarmente accaduto. Tutti, allo stadio, si sono chiesti perché, una volta a terra, quel ragazzo con la maglia aragosta, sia stato colpito selvaggiamente da una raffica di manganellate. Per chi rappresentava un pericolo un ragazzo a terra con la gamba spaccata e sanguinante come hanno mostrato fedelmente le tante fotografie scattate in quel momento?
Per non dire che, in seguito alla lezione, come al solito in questi casi, San Vito è diventato un quartiere di Beirut. Era accaduto lo stesso l’anno scorso, al termine di Cosenza-Reggina. Era accaduto ancora alla fine di un derby con il Catanzaro in Coppa Italia, per non restare che agli ultimi episodi.
Ma è arrivato il momento di dire basta! L’ordine pubblico non può essere gestito con la mentalità di Rambo, altrimenti la domenica cominceremo anche a contare i morti, oltre che feriti.
Non si tratta certo di criminalizzare la polizia di Stato che, in una regione come la Calabria si distingue per il suo impegno costante in prima linea nella lotta alla criminalità. Ciononostante, quello offerto dagli uomini in divisa domenica scorsa al San Vito non è stato un esempio di civiltà. Fare il proprio dovere è una cosa, abusarne è tutt’altra!
Qualcuno in Questura, oltre ad una difesa d’ufficio, dovrebbe esserne consapevole!
Domenica, in curva, c’erano anche tanti ragazzini tornati a casa visibilmente scossi per le scene di violenza a cui hanno assistito. Chi insegnerà loro, adesso, che un uomo in divisa non è un nemico da cui fuggire?
Federico Bria
Magico Cosenza, giugno 2000
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«LA PROCURA STA ESAGERANDO»
“Ho trovato una microspia all’interno della mia macchina. Avevo sentito dei rumori strani e avevo verificato qualche problema alle luci; l’elettrauto ha confermato i miei sospetti e mi ha consegnato tutto”. A parlare così è il giornalista Claudio Dionesalvi, che rivela l’ultimo sviluppo delle indagini sugli attentati dimostrativi avvenuti in città negli ultimi anni nel corso di una conferenza stampa alla Casa delle culture, mentre mostra la microspia a colleghi e fotografi. Si tratta di un trasmettitore collegato alla batteria della macchina e di un’antenna attraverso la quale venivano intercettati i suoi discorsi. Era stato inserito all’interno dell’impianto elettrico attraverso il quale si accende la luce nell’autovettura, una Citroen Saxo. Dionesalvi è stato ascoltato più volte dal pm Claudio Curreli come persona informata sui fatti. Tuttavia, nel corso dell’ultimo colloquio, mercoledì scorso, aveva ricevuto ampie rassicurazioni sulla sua privacy. “Mi aveva detto di stare tranquillo – ha aggiunto – e che non avrebbe più indagato su di me con intercettazioni ambientali. Chiedo di sapere se l’inserimento della microspia è stato autorizzato dal magistrato: se è stato qualcun altro ho realmente motivo di avere paura, perché mi troverei davanti a una situazione incontrollabile”. A sostegno di Dionesalvi due avvocati penalisti del foro cosentino, Maurizio Nucci e Giuseppe Mazzotta. “Questo mi sembra un modo piuttosto distorto di gestire le indagini – ha affermato Nucci -. Evidentemente la procura non ha apprezzato la spontaneità delle risposte rese negli interrogatori e ritiene di essere a un punto-chiave delle indagini. È chiaro, pertanto, che siamo molto preoccupati se il rapporto tra un pm e una persona informata sui fatti arriva a questi sviluppi. Posso, tuttavia, affermare che Claudio è disposto a farsi monitorare come si fa con i cardiopatici a rischio…”. Ha chiesto, inoltre, un’indagine per stabilire se la microspia ritrovata è tra quelle in dotazione alla polizia e ha concluso preannunciando una sua visita a Curreli. Mazzotta si è chiesto “se sia legittimo che un cittadino regolarmente ascoltato da un pm che rappresenta lo Stato, possa essere tratto in inganno come sta succedendo adesso. In ogni caso, vogliamo dare credibilità al pm: se è stato lui va bene, altrimenti si indaghi”.
Poi, un’affermazione forte.
“È possibile – si è chiesto – che le forze di polizia aprano una macchina, smontino il tettuccio, inseriscano dispositivi, chiudano e se ne vadano tranquillamente? Sappiamo che possono indagare con intercettazioni ambientali, ma i decreti autorizzativi prevedono limiti precisi. Non credo, per esempio, che la polizia possa forzare l’apertura di una macchina e mi viene un sospetto: perché, qualche volta, la polizia trova improvvisamente droga e armi in qualche posto mentre solo qualche ora prima o qualche giorno prima non c’era nulla?”.
Il penalista ha definito, infine, “beceri e incivili” questi metodi investigativi.
Francesco Grò
Il Quotidiano, 27 febbraio 2001
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RIBELLI MADE IN COSENZA
Strani sovversivi. Abbracciati da tutti, sindaco, giornali, tv e cittadinanza. L’altra sera, al cinema Italia, c’era mezza città, assieme a Luca Casarini, Paolo Cento e don Vitaliano. Con il sindaco Eva Catizone a infiammare la platea: «Ci siamo avviati al regime. Il Comune contribuirà alle spese legali dei suoi concittadini. Spero che i compagni liberi possano presto affacciarsi dal balcone del palazzo dei Bruzi». «Cosenza abbraccia i no global», ha titolato il quotidiano locale il giorno dopo.
Cospiratori che non ti aspetti. Guerrieri di carta, armati di penna e computer. Cercatori di pensieri forti sulle sponde dei fiumi Crati e Busento, dove da secoli si scava a caccia del tesoro di re Alarico. Conosciuti, bene inseriti nelle aule dell’università e nei corridoi del Comune. Ragazzi idealisti come Claudio Dionesalvi, 31 anni, giornalista e insegnante. Cresciuto negli ultrà del Cosenza e alla scuola di padre Fedele Bisceglia, calcio e mensa dei poveri. Dopo l’arresto ha ricevuto nel carcere di Trani due lettere di solidarietà. La prima dei ragazzini di seconda media della scuola “Giuseppe Troccoli” dove insegna. La seconda di tutto il personale scolastico, dal direttore didattico in giù. Il papà Mario era preside del liceo scientifico. Il fratello Franco è stato assessore alla Cultura prima di Piperno. Quando aveva otto anni andò per la prima volta allo stadio. Ed ebbe quasi un trauma. Scoprì che Giancarlo Antognoni della Fiorentina esisteva davvero e non era un cartone animato giapponese, come fino a quel momento aveva immaginato. Altra trama calcistica, due anni fa. Quando, durante una rissa allo stadio, la polizia gli spaccò la tibia a manganellate. «Voleva difendere una ragazza che si era trovata in mezzo», racconta il fratello. Al momento dell’arresto gli hanno sequestrato una bandiera rossa con tre croci nere al centro. Simbolo dell’anarchia, hanno pensato quelli della Digos. Invece, è lo stendardo della città di Amsterdam, Claudio lo prese tanti anni fa durante un viaggio in Olanda. Donchisciotti di provincia come Francesco Cirillo, arrestato con il figlio Emiliano e la compagna Lidia Azzarita, considerato l’ideologo del gruppo. Scrittore e pittore, vignettista per il “Quotidiano”. Recidivo: già condannato a un anno di reclusione nel 1980 per gli stessi reati contestati oggi, amico di Renato Curcio, dalla cittadina di Diamante dove lui vendeva libri e il fratello gioielli inonda redazioni locali e nazionali di lettere e articoli rigorosamente contro. Contro il ponte sullo stretto, contro la fabbrica Marlane di Praia a Mare colpevole di avvelenare gli operai, con un’indimenticabile conferenza stampa nel cimitero. Ma coltiva anche passioni più terrene: sul suo sito internet HotKalabria c’è una guida ai luoghi erotici della regione. Illustrata con suoi disegni esplicativi.
Gente come Michele Santagata, il Robin Hood degli immigrati, famiglia proletaria, qualche problema con la giustizia in passato per piccole rapine, animatore della cooperativa “La Casbah”. O come Gianfranco Tallarico che lavora con i malati di mente e ha aperto una palestra di boxe nel centro sociale della città, il Gramna. A prezzi stracciati. Tra i 20 arrestati per l’inchiesta sui no global della procura cosentina c’è persino un weberiano. «Proprio così», giura il sociologo Paolo Jedlowskj che lavora con lui. «Antonino Campennì è una persona eticamente molto forte. Ha vinto da pochi giorni il concorso da ricercatore. Ha pubblicato studi sui sistemi di welfare in Europa e un rapporto sulla povertà nella provincia di Cosenza. E sa ben distinguere tra gli aspetti scientifici e le sue idee politiche. Un weberiano vero». Già: ma allora perché persone così sono finite nel mirino della magistratura? In città circolano ipotesi e veleni. E barzellette. Come quella di Cirillo che un giorno scopre una centralina satellitare in macchina. La porta ai carabinieri che cadono dalle nuvole. Lui fa per riprendersela e allora sono costretti ad ammettere: «L’abbiamo messa noi, per intercettarti». C’è la certezza che la bufera finirà nel nulla. Prendiamo l’università di Rende. Con due ricercatori arrestati, computer sotto sequestro e la memoria degli anni di piombo quando il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa scatenò una massiccia perquisizione, il dipartimento di sociologia potrebbe sembrare la facoltà di Trento da cui nel ’68 partì Curcio. Ma nell’ateneo, un gioiellino di architettura tra colline di ulivi, il clima è tranquillo. E il direttore del dipartimento Pietro Fantozzi porta in palmo di mano i cospiratori: «Gente che studia con passione». Anna Curcio, giornalista di Radio Gap e dottoranda, lavora una tesi sul rapporto tra i movimenti e le istituzioni con al centro i casi di due città europee, Cosenza e Canterbury. «La città sta uscendo dalla chiusura», spiega Fantozzi. «Ha reagito agli arresti con il suo volto libero, tollerante». Eredità, anche, del vecchio sindaco Giacomo Mancini, che cominciò la strategia dell’attenzione verso i gruppi dell’ultrasinistra. Il centro sociale Gramna occupa una struttura messa a disposizione dal Comune. La radio del movimento, che si chiama Ciroma, trasmette le sedute del consiglio comunale e alle elezioni ha presentato una lista per appoggiare la Catizone. Anche l’attuale sindaco ha un passato movimentista, un’amicizia con Toni Negri e Franco Piperno. E Piperno è assessore alla Cultura. Così, per paradosso, l’inchiesta della magistratura svela un volto nuovo della città e di questo pezzo di profondo sud. Cosenza si riscopre capitale morale dei no global. Mentre il tam tam cittadino informa che gli scavi su re Alarico sono a buon punto. E che, forse, nelle prossime settimane, si troverà finalmente il tesoro.
Marco Damilano
l’Espresso, 20 novembre 2002
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«TIFEREMO PER TE»
Caro prof. Claudio, ci manchi tanto. Vorremmo che fossi qui con noi a riprenderci mentre chiacchieriamo, a correggere i nostri errori, ad aiutarci nelle difficoltà. Per noi vesti prima i panni dell’amico, e poi quelli del professore.
Un professore speciale, un ragazzo giovane, pronto ad insegnarci le cose belle e le cose brutte della vita. Sei l’unico che ci capisce, e con i tuoi modi gentili ci fai superare ogni piccola difficoltà della giornata. Sei l’unico che sa leggere nei nostri cuori.
Noi ti abbiamo conosciuto come una persona onesta, sensibile per i problemi sociali, capace di lottare per i propri principi. Le voci che corrono sono tante, ma per noi sono e resteranno false.
Ricordiamo con piacere i giorni trascorsi insieme, e vorremmo che tutto questo non fosse mai accaduto. Ogni attimo speriamo che la porta della nostra classe si apra, e che tu entri con la tua borsa verde dicendo “Buongiorno raga’”.
Sappiamo che questo accadrà presto. Attendiamo con ansia il tuo ritorno, e pensiamo a te in ogni momento.
Ti vogliamo bene
Lauropoli, 16 novembre 2002 – I tuoi alunni
Ps: Se Domenica non potrai vedere la partita del Cosenza, faremo noi il tifo al posto tuo.
Forza Cosenza.
(pubblicato da diverse testate giornalistiche)
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DIONESALVI TERRORISTA IN GALERA?
È PIÙ FACILE CREDERE A UN SOSIA
Claudio Dionesalvi arrestato? Claudio Dionesalvi sbattuto in galera? Claudio Dionesalvi un terrorista?
Quello dell’ordinanza del pm Fiordalisi deve essere un sosia. Deve essere così. Per forza. Perché Claudio Dionesalvi – l’amico sempre pronto e darti una mano, il collega col quale scambi informazioni e ti confronti, l’insegnante d’italiano adorato dai ragazzi della scuola media di Lauropoli (Cassano Jonio), il pacifista con la passione del calcio, lo sfigato selvaggiamente pestato dai celerini al San vito, che si ritrova una “cimice” fissa come una casa nella sua scassata Peugeot verde bottiglia e riesce a scherzarci su, distribuendo agli amici cimici di gomma di quelle che si trovano nelle patatine – non è un terrorista. Non è uno che passa il tempo a cospirare per turbare la funzione del governo, né un sovversivo. Se sovversivo può essere considerato un disobbediente, un no-global, uno che manifesta liberamente (e pacificamente) il proprio pensiero. Altrimenti vorrebbe dire che in tanti anni abbiamo conosciuto una persona diversa. Un sosia appunto.
Purtroppo, invece, è tutto vero: corrispondono la data e il luogo di nascita sull’ordinanza: corrispondono le immagini che impietosamente e incessantemente i Tg nazionali mandano in onda: quella macchina della polizia sotto casa sua, nella centralissima via Miceli, dove viveva, dove è stato svegliato nel cuore della notte, strappato dall’abbraccio della sua donna da uomini in passamontagna, dove tante volte si prendeva il caffè insieme, commentando le notizie del giorno, parlando della partita, scherzando con le ragazze dei coiffeur dall’altra parte della strada. Ma sebbene l’arresto sia più che reale e quello rinchiuso nel carcere di Rebibbia per associazione sovversiva sia davvero lui, non ci crediamo. Claudio non è un terrorista, né un violento, lo conosciamo troppo bene.
Alessandro Bozzo
La Provincia Cosentina 17 novembre 2002
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QUESTA VOLTA STO CON GLI AMERICANI
Certo è che i no global cosentini non hanno dimestichezza con gli aerei ed io che ho il terrore di salire su un aereo, cosa che non faccio da venti anni, non mi imbarcherei con uno di loro. Secondo me portano scalogna. L’aereo che partiva per Edimburgo, il mese scorso, non ha aspettato Campennì, delegato Cobas al controvertice, per un ritardo dell’Eurostar proveniente dalla Calabria, oggi addirittura gli USA non fanno salire Claudio e Loredana diretti nel Chiapas. Dice bene Claudio: solo una risata li seppellirà. Ma mi sono messo nei panni, una volta tanto, degli americani. Vedono questa coppia cosentina all’aereoporto. Io già immagino come erano vestiti. Eccessivamente colorati di sicuro. Lui bermuda a fiori gialli, capelli spettinati come svegliato or ora, lei pantaloncini a vita bassa e camicetta rossa, sospettosamente sorridente. Dal bagaglio a mano usciva di sicuro una sciarpa del Cosenza Calcio e sicuramente un mazzo di riviste sovversive, con “il manifesto” in bella vista. Una coppia così puzza a cento miglia e senz’altro ha qualcosa in testa. Nello spazio aereo americano, Claudio non avrebbe resistito al silenzio. E si sarebbe messo a urlare slogan filo castristi e appena atterrati, per sfizio, si sarebbe fumato un cannone ganja calabrese accuratamente nascosta nel tacco a spillo della bella Loredana. E non si sarebbe accontentato di tutto questo, avrebbe parlato con tutti gli altri occupanti l’aereo dell’inchiesta Fiordalisi di Cosenza e del suo raccapricciante processo che riprenderà il prossimo 22 settembre. Li avrebbe convinti a sottoscrivere un appello per gli antifascisti torinesi e giunto nel Chiapas sarebbero riusciti a scovare l’imprendibile sub comandante convincendolo a farsi fotografare con la sciarpa del Cosenza al collo. Questa volta gli americani hanno visto giusto, non c’è che dire, e sotto un certo punto di vista mi sento tranquillo, dai controlli esistenti nei nostri aeroporti. Forse potrei ricominciare a volare. Grazie a Claudio e Loredana.
Francesco Cirillo
grilloparlante coimputato ( purtroppo) di Claudio.
scirocco.blog.tiscali.it 29 luglio 2005
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