Trivelle in secca

Quant’è bella la Secca di Amendolara, ti vien da dire sporgendoti dalla barca che dal porto di Schiavonea ci porta fin qui ad ammirare una delle perle del golfo di Taranto. “In realtà nelle cartografie è conosciuto come banco di Amendolara”, ci tengono a precisare gli abitanti che di questi fondali menano vanto. Se uno poi va a ritroso nel tempo scopre che sin dal 1600 le carte nautiche riportano in questo lembo di mar Jonio una vera e propria isola denominata Insule Febrae o Monte Sardo. Alcuni storici attribuiscono alla secca l’identità dell’isola di Ogigia, dimora della ninfa Calipso, dove Ulisse, in viaggio verso Itaca, approdò dopo un naufragio. Innamoratasi di lui, la ninfa “(…) il ritenea nel cavo sen di silenziose grotte”, recitano i versi di Omero. Altri narrano che nel 377 a.c. la flotta di Dionisio il Vecchio qui affondò. Ma questo patrimonio di mitologica biodiversità marina, individuato anche come Sito di importanza comunitaria (Sic), in applicazione della direttiva habitat 92/43/CEE, ha un alto grado di vulnerabilità a causa della pesca a strascico operata anche sotto costa, per l’inquinamento derivante da scarichi fognari, per l’ancoraggio non su boe fisse. Basta allontanarsi di qualche chilometro, costeggiare il litorale, sporgersi nell’entroterra, per imbattersi nelle vistose e purulente ferite chimiche inferte al territorio dalla presenza di centrali Enel e dalle scorie provenienti dai siti industriali crotonesi. E oggi un altro spettro, ben più pericoloso, aleggia sulle acque di Calabria: le trivelle delle multinazionali del petrolio.
Buchi nell’acqua
     Il governo Renzi con il decreto noto come “Sblocca Italia- Italia Fossile” ha di fatto sancito la liberalizzazione delle estrazioni petrolifere, la deregulation delle trivellazioni, la privatizzazione di mari e fondali. Ogni infrastruttura legata agli idrocarburi (gassificatori, gasdotti, stoccaggi di gas nel sottosuolo, sfruttamento di giacimenti) è considerata strategica e in quanto tale insindacabile. Qualsiasi norma di tutela paesaggistica potrà essere dunque bypassata in nome del superiore interesse delle corporation del petrolio, con procedure di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità. È la cancellazione “di ogni regola e controllo” di cui ha scritto su queste pagine l’urbanista Paolo Berdini. Il titolo concessorio sarà unico e non duplice come era stato sinora (permesso di ricerca e concessione di coltivazione). Le multinazionali si sfregano le mani: una volta individuato un giacimento potranno reclamare un diritto acquisito. D’altronde, tutta la procedura di Valutazione impatto ambientale (Via) è stata accentrata nelle mani del governo a discapito della partecipazione sociale. Le acque del golfo di Taranto sono quelle nel mirino delle compagnie petrolifere. Ad oggi le istanze di permesso di ricerca estrattiva sono ben 16 insieme a una richiesta di prospezione e a una istanza di concessione. E coprono un immenso specchio di mare che va dal Salento alle acque di Crotone, aprendo la strada alla devastazione di tratti costieri ad alta vocazione turistica come la prestigiosa Sibari o la “Rimini dell’alto jonio calabrese”: l’immensa e attrezzata spiaggia di Villapiana. Delle istanze pervenute, solo un paio sono state respinte dal ministero dell’Ambiente. Per il resto si tratta di procedimenti in itinere, in attesa di Via o in fase di approvazione. Le multinazionali si chiamano: Eni, Northern Petroleum, Shell Enel Longanesi, Appenine Energy, Global Med Llc, Schlumberger, Ionica gas.
Onde su onde
   Global Med Llc è il colosso petrolifero che ha avanzato e ottenuto (con decreto di conferimento ministeriale del 9 giugno 2014) un permesso di ricerca nelle acque antistanti Amendolara. Entro tre anni partirà la vera e propria perforazione per la realizzazione del pozzo esplorativo. Questo mette in allarme la popolazione in quanto “le trivelle agiranno proprio sulla secca” e andrebbero inoltre a sollecitare un’area costiera soggetta a liquefazione e ad erosione “come evidenziato dalla relazione geologica del Piano strutturale associato (Psa) della Sibaritide e dal Piano di coordinamento provinciale di Cosenza dalle cui carte risulta molto elevato il rischio inondazione”, sostengono gli attivisti di Unione mediterranea. La secca è dunque a forte rischio e chi se ne importa  se sia tra le aree più apprezzate dai subacquei di mezza Europa, una prateria di posidonia oceanica in buono stato di conservazione e ricca di biodiversità, una grossa fonte di cibo per i pesci, cibo che in mezzo al mare esiste solo a grandi profondità mentre la secca ne è particolarmente ricca. “Qui si rischia un’altra tragedia come quella del Golfo del Messico”, si infervora Felice Santarcangelo animatore dei comitati NoTriv. In effetti, il rischio concreto è lo sversamento in mare di petrolio capace di causare un disastro ecologico di dimensioni incalcolabili. Ma i primi gravi danni all’ecosistema derivano dalle indagini preliminari del sottosuolo. A provocarli è la cosiddetta air-gun, micidiale tecnica ispettiva basata sul bombardamento del fondale marino con potenti spari di aria compressa, che producono onde riflesse dalle quali si ricavano dati per risalire al contenuto del sottosuolo. Tale tecnica danneggia la fauna marina e, impattando con i rifiuti depositati sul fondale, ne determina lo spargimento in un raggio di diversi chilometri.
La mobilitazione
“Se perforeranno i fondali isserò a lutto la bandiera blu che ogni anno Goletta verde di Legambiente ci consegna”, sbotta Antonio Ciminelli, sindaco di Amendolara (e pronipote della brigantessa Serafina Ciminelli che lungo le vallate del Lao e del Mercure spadroneggiava con la Banda Antonio Franco a metà del 1800). Tutto questo in un mare chiuso come lo Jonio dove il danno biologico sarebbe infinitamente superiore ad altri mari. Il governo sostiene che perforando i fondali, e attingendo dai giacimenti, si risparmierebbero 62 miliardi. “Un’inezia rispetto ai danni prodotti all’ecosistema”, rispondono ambientalisti e comitati civici. Due partecipatissimi convegni si sono tenuti nell’ultimo mese a Trebisacce e ad Amendolara in provincia di Cosenza. Nel primo dei due incontri, promosso dalla Rete Associazioni Sibaritide e Pollino in Autotutela, nutrita è stata la delegazione di attivisti lucani NoTriv. Il geologo Vincenzo Laschera ha esposto i risultati delle sue ricerche, denunciando, tra l’altro, la recente impennata nel tasso di tumori registrati in Basilicata, regione sottoposta da anni a trivellazioni petrolifere. A margine del convegno, R.A.S.P.A. ha ribadito “la necessità dell’applicazione del principio di precauzione, che è ad oggi un’arma ancora non impugnata dai sindaci, in quanto tutori della salute pubblica che può essere compromessa dai danni ambientali derivanti dalle trivellazioni”. La rete invoca “una difesa più generale del territorio da ogni tentativo di speculazione e stupro rispondenti alla logica del profitto e a discapito del benessere delle popolazioni: non si capisce ad esempio – spiega il portavoce Tullio De Paola – come si possa essere contro le trivellazioni nell’Alto Ionio e, allo stesso tempo, a favore dei lavori per il terzo megalotto della s.s.106”. R.A.S.P.A. chiede, inoltre, a tutti i sindaci che non l’abbiano già fatto “di sollecitare formalmente il presidente Mario Oliverio e il consiglio della Regione Calabria di esprimere un parere recisamente negativo sulle trivellazioni, e di farlo entro il 31 marzo, data in cui molti dei poteri decisionali della Regione saranno avocati a sé dal governo centrale”.
All’inizio di marzo, su iniziativa dell’amministrazione comunale, di Unione Mediterranea e dell’associazione Diamoci una Mano, in una conferenza tenutasi ad Amendolara sono intervenuti numerosi e autorevoli esperti per sottolineare “la scelta neocolonialista del governo e delle multinazionali”. I sindaci presenti hanno colto l’occasione per ribadire che la propria ferma opposizione al progetto NoTriv deve essere convogliata in una mobilitazione di protesta che coinvolga tutte le popolazioni calabresi, lucane e pugliesi.
Un primo test in piazza per capire quanto sia diffusa l’indignazione, è previsto per Sabato 28 marzo, a Corigliano Calabro: associazioni, comitati e sindaci in prima fila, daranno vita a un corteo unitario per dire NO alla trivellazione dello Jonio. È una manifestazione che si preannuncia massiccia, anche in virtù del proliferare di iniziative sensibilizzanti che si stanno svolgendo lungo tutta la fascia costiera. La palla passa dunque al governatore calabrese Mario “Palla Palla” Oliverio. Che entro la fine del mese dovrà dire a chiare lettere da che parte sta. Soprattutto, è chiamato ad assumere una posizione di ferma opposizione politica alle devastanti scelte neoliberiste del governo Renzi.
Claudio Dionesalvi, Silvio Messinetti – Amendolara (CS)
il manifesto, 19 marzo 2015

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