Ribellione vera e talento puro

E così hai smesso di esistere, vecchio Syd. Mi hai illuminato sin da bambino, con la voce da ubriaco, la chitarra dolce e le poesie acide, che solo tu potevi agganciare alle canzoni. Inafferrabile, lo sguardo assente e scuro, a volte penetrante, i capelli li portavi lunghi e arruffati, prima di rasarli a zero.
In un giorno qualsiasi decidesti di mandare a gambe all’aria il mito, l’anti-mito e tutte le porcate dell’industria musicale, dimostrando che i grandi del rock non devono necessariamente perire di morte violenta o misteriosa. Se vogliono, all’occorrenza possono sparire.
Dei sex symbol te ne sei fregato, dribblando sia le tentazioni morrisoniane, sia le scelte miserabili di certi tuoi vecchi compagni affamati di successo. Hai mandato a quel paese i Pink Floyd. Dissero che i trip t’avevano bruciato il cervello. Fesserie! Scrivesti proprio nel periodo della “crisi” le liriche più belle.
La verità sulla tua “evasione” dalla società dello spettacolo l’hanno scritta il giornalista Luca Ferrari e Angelo Fasano, poeta cosentino barrettiano. La tua fu una delle poche e sensate scelte politiche nella storia del rock. Semplicemente, te ne fregasti dell’underground e di tutta la paccottaglia musicofila commerciata dalle multinazionali: “Non sono mai andato ai laboratori d’arte e dalle altre parti, e non so esattamente cosa stia succedendo. C’è così tanta gente che si dà da fare in cose diverse che non esiste un’unità. Ma tutto sommato non me ne importa niente”.
E cosa te ne importava dei miliardi e delle luci psichedeliche? Ti hanno chiamato “diamante pazzo”… proprio tu che odiavi la ricchezza e ci invitavi ad abbattere la percezione comune della follia. Vibravano i tuoi versi limpidi e insensati, quasi un fluire caotico della coscienza, una scarica di intimità. Riuscivi a sorridere piangendo.
Adesso proveranno a venderti anche da morto.
Invece, faremmo bene a restare tutti zitti. Ma noialtri, a differenza di te, non abbiamo il coraggio di guarire dal cancro del linguaggio. Che come una piovra, un “octopus”, ci avvolge.
Ciao Syd, nel giorno dell’addio risuona il tuo canto: “La testa matta ha riso all’uomo sul confine / hey, oh, huff the talbot, i venti soffiavano e le foglie si agitavano / e non mi metteranno mai nel loro sacco / i mari si allungheranno e noi (lo) vedremo sempre / così in alto vai, così in basso strisci / il vento soffia in un caldo tropicale…”
Claudio Dionesalvi
Calabria Ora, 12 luglio 2006
altri materiali su Syd Barrett:
Syd Barrett, sulla scia di una cometa. Intervista a Luca Ferrari. Il Quotidiano, 21 luglio 2002
1 Comment
  • Domenico
    Luglio 7, 2016

    E ricordiamoci che il primo tributo a Barrett non fu fatto ne’ a Londra ne’ a New York ne’ a Parigi. Ma al Csa Gramna di Cosenza, grazie ad Ignazio dei Camera 237 e a Marco della Certosa (Gradinata Nord Genoa).

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