Compagni di classe nella scuola sociale degli stadi

La mattina del derby di venticinque anni fa Claudio venne a svegliarmi con un pezzo dei Ramones e una sciarpa rossoblù. Sceglierne una dal cassetto o indossare quella di sempre. Sono gesti, diventano un rito che unisce, protegge le spalle e ti fa tenere la testa sul collo. Internet? Sono a Cosenza alla fine degli anni 80, che uno dice chissà che posto è Cosenza e me lo stavo chiedendo anch’io mentre guardavo assieme agli amici i loro adesivi e le loro fanzine che mischiavano copertine dei Clash a cortocircuiti con il fulmine nel cerchio. In piazza a fare cordoni contro l’arroganza del potere, entrare nei palazzi, scontrarsi con la città parallela con una bomboletta per firmare le azioni su muri grigi e monotoni. E quasi mai i messaggi parlavano di calcio.
Eravamo compagni di classe nella scuola sociale degli stadi. Laboratori che poi hanno portato il G8, le tessere di identificazione, le curve dei cani sciolti senza controllo, le masse più facili da controllare e tutti quelli vestiti di nero. Quei piccoli striscioni dai mille colori dei Nuclei Sconvolti erano invece i più belli d’Italia.
Noi pivelli della Fossa dei Grifoni incuriositi ci abbiamo messo poco a partire per conoscerli, come anni prima avevano già fatto i ‘grandi’, giù in Calabria per il raduno di tutti gli ultrà italiani. Un frate con il megafono che dice no alla violenza tra fumogeni e mense per i poveri, i freak, gli autoconvocati, i pazzi. Raduno di tutte le bande da stadio d’Italia che stavano ragionando su repressione e società in tregua non belligerante, come nel film the Warriors. E infatti poi si è visto come è stato difficile per tutti tornare a casa. Ma io ho ancora 17 anni, fammi andare con loro a Catanzaro per il derby. Al club ho scritto su un lenzuolo ‘Nucleo Genova’ e mi ci sono avvolto durante la notte in treno, infilato come una valigia sulla reticella del corridoio. Arrivato, sceso alla stazione, città in clima di guerriglia, mi ferma la digos. Un pezzo di fumo nello zaino che brilla di sensi di colpa. L’ho comprato scalando il muro del forte di S. Martino di Genova, è il regalo per la mia nuova tribù. La digos vuole solo parlare con i ragazzi: a Cosenza hanno ucciso qualcuno di importante. Sono storie di quegli anni zero. Gli stessi anni descritti da Claudio Dionesalvi nel suo BDD, libro che inizia con un delitto in una città logora, buia e corrotta e riesce ancora a trovare luci d’amicizia, passione e lealtà. Non vedo Claudio da quel giorno del derby, penso sia cambiato poco anche dentro di lui.
Luigi Valenziano
coessenza.org   giugno 2013

No Comments Yet.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *