“Canaletta” c’è riuscito. E con lui vince “La Terra di Piero” che unita, vivace e operosa resiste alle fisiologiche e rituali ventate disgreganti. Così diviene modello imitabile per tanto associazionismo locale, troppo spesso rarefatto da squallidi individualismi. Sergio doveva arrivare oltre il fenomeno “Conzativicci”, l’opera sua prima che nell’ultima annata ha richiamato fiumare umane di spettatori restituendo il piacere della risata a un popolo come quello bruzio, più incline di solito alla lamentazione e al piagnisteo. Non era facile. Eppure Sergio Crocco “Canaletta” ce l’ha fatta, ha superato se stesso e l’ansia di non potersi migliorare. E soprattutto, ha disarcionato i “tagliaturi”, pronti a stroncare un eventuale insuccesso, sempre acquattati nell’ombra dei propri fallimenti per balzare fuori all’improvviso e godere di quelli altrui.
Il dileggio del potere, l’amore per la vita e l’elogio della diversità sono al centro di “Forraffascinu”. La commedia andata in scena ieri sera in un teatro dell’Acquario stracolmo all’inverosimile, grazie anche al contributo della “piccola” e maestosa Francesca Marchese, supera la precedente performance sul piano scenico e drammaturgico. È una creatura teatrale che parla, racconta, diverte, già dai primi vagiti. Continuerà a crescere col passare delle repliche, lievitando come la pasta dei cuddrurieddri, che si gonfia alimentandosi del caldo respiro di chi la impasta. È già accaduto con “Conzativicci”. Dalla prima rappresentazione, due anni fa sempre all’Acquario, la commedia andò man mano migliorando nella chiarezza della fabula e perdendo lungo la strada alcune lungaggini che ne appesantivano l’ordito.
Anche per “Foraffascinu” sarà indispensabile effettuare dei tagli, ridurne la durata. Eppure, il segreto del suo magnetismo è custodito proprio nella mentalità dell’autore e delle tante persone che stanno lavorando con lui. Uno stile di vita più che un modello di regia! Riflette un modo ormai desueto di realizzare socialità e arte collettiva. L’approccio comunardo, la continua e spasmodica ricerca del coinvolgimento di persone e luoghi, sono il segreto di “Canaletta” e de “La Terra di Piero”. Se dipendesse da Sergio, farebbe salire tutte e tutti sul palco, addirittura prenderebbe per mano gli spettatori uno dopo l’altro, li accompagnerebbe in scena, a costo di interrompere la commedia.
Funziona il metodo “Canaletta”. Scatenano ilarità le sue famigerate freddure, i giochi di parole, la complice confidenza tra attori e pubblico, i guizzi estranianti dei magistrali Roberto “Belzeblu” Giacomantonio, Antonio “Stozzi” Filippelli, Eliseno “Satanetto” Sposato. Irresistibili le bimbe diavoline, superbe le tre sfascinanti, meravigliosa e destinata a entrare nella storia del teatro popolare la scena della ballerina di Tango, in cui Ida Luchetta si esibisce col protagonista. Eccezionale il neopreSilano Mariano “Caronte” D’Ermoggine, efficace Stefania Perrotta: “A’ sustusa”. Formidabile “Don” Davide Carpino. Molto bravi anche tutti gli altri.
Mentre il nulla ci avvolge, è auspicabile che esperimenti sociali e artistici come quello de “La Terra di Piero” proliferino. C’è da contrastare il niente, quello di “Never ending story”. Immersi in un clima sociale di rabbia, terrore, odio e indifferenza, quale migliore antidoto della risata condivisa? E se il grande Totonno Chiappetta rivive nel figlio Gigino che in “Foraffascinu” interpreta un Dante Alighieri in versione bruzia, la dedica iniziale a Piero Romeo, Gianfranco Aloe e Gigi Marulla annichilisce la morte. “Canaletta” batte il Nulla 2 a 0. Palla al centro.
Claudio Dionesalvi
20 dicembre 2015
precedenti articoli sulle opere di “Canaletta”:
https://www.inviatodanessuno.it/?p=530
https://www.inviatodanessuno.it/?p=851
https://www.inviatodanessuno.it/?p=884
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