Un “Romanzo degli Anni Zero” per capire il potere

(estate 2013, presentazione di BDD a Bussoleno. Con Gioacchino Criaco e Serge Quadruppani)
Capire il Mezzogiorno vuol dire capire l’Italia. Ed è davvero una triste costatazione sapere che, durante tutta la campagna elettorale, la questione meridionale sia stato uno dei temi dei quali si è parlato meno. Una grande dimenticanza della classe politica, soprattutto di sinistra, alla quale, come si è visto col voto, si è dovuto subito pagare dazio. Perché ci sono tanti fili sottili che legano il Mezzogiorno al resto del Paese e ancor più al Nord. E non c’è bisogno di scomodare Gramsci per vederlo, basterebbe leggere una bellissima lirica di Brecht: “Vi sono due lingue in alto e in basso/e due misure per misurare,/e chi ha viso umano/più non si riconosce./Ma chi è in basso, in basso è costretto/perché chi è in alto, in alto rimanga”.
Quando la politica non arriva a comprendere l’impatto sociale dei fenomeni in corso, allora è meglio affidarsi ad altri strumenti, come la letteratura che, se davvero è tale, parla sempre della realtà. Per esempio, un libro che ci aiuta a cogliere uno spaccato politico, sociale ed economico del Mezzogiorno, è il recente romanzo di Claudio Dionesalvi, intellettuale calabrese, da sempre impegnato nel sociale. Si chiama “B.D.D. Romanzo degli anni zero” (Coessenza, 2013, pp. 243) ed è un avvincente noir che vede protagonista una comitiva di vecchi ultras del Cosenza Calcio che si ritrovano ad indagare su un delitto anomalo, senza sangue, senza nessun lenzuolo a coprire il cadavere, ma le cui conseguenze si rivelano più pesanti di ogni strage. Un delitto sociale e antropologico cha ha lo scopo di perpetua il potere di chi lo ha commesso.
Il romanzo, che attraverso piacevoli rimandi temporali viaggia tra presente, passato e futuro, ha come ambientazione proprio la città di Cosenza, metafora delle tante provincie del meridione che seguono un orologio storico diverso da quello delle grandi città. Per questo motivo esse sono spesso difficili da comprendere, visto che appaiono in controtendenza rispetto al corso generale degli eventi. È quanto accadeva nella città bruzia negli anni Ottanta. In quel decennio dominato dal riflusso, dal ritiro nel privato, dall’esaurimento dell’impegno collettivo, nasceva in quella realtà una nuova forma di partecipazione e di protesta al cui centro c’era la squadra di calcio cittadina e i suoi tifosi che dietro gli striscioni della Curva Sud davano vita a nuovi fermenti nella città. L’obiettivo era quello di portare la curva fuori dagli stadi, creare coesione sociale utilizzando il tifo, dare identità e valori per eliminare le tremende forme di esclusione sociale tipiche del Mezzogiorno. I grandi politologi e sociologi americani che avevano osservato con attenzione il carattere civico del Sud d’Italia, da Banfield a Putnam, avevano colto nella scarsa presenza di capitale sociale uno dei vizi antichi di questo mondo che si traduceva nel “familismo amorale”. L’esperienza dei tifosi del Cosenza provò a sfatare questa lettura. Lo fece con la rabbia del punk, ma senza derive nichilistiche. Il suo obiettivo era costruire spazi politici e sociali, luoghi di critica e confronto, azioni di solidarietà e protesta. E per una fase ciò riuscì perché da quell’esperienza nacquero centri sociali, radio libere, luoghi di accoglienza per migranti ed emarginati, libri, riviste, idee. Il tifo era un valore aggregante che teneva unito l’avanzare di un movimento che aveva contagiato tutta la città. Fu una fase effervescente ma troppo breve. I protagonisti del romanzo, con alle spalle il fardello della delusione, ma fortemente uniti dai valori di un tempo, cercano di capire il perché della fine di quell’esperienza. La narrazione si dipana su trame che all’inizio si ingarbugliano in maniera fitta, tra inchieste della procura sepolte nella polvere, informazioni riservate di agenti corrotti, piste mafiose, pedinamenti. Il tutto da vita a una terribile ragnatela tessuta da organizzazioni criminali, magistrati e politici collusi, presunte logge massoniche, agenti deviati. Si entra col fiato sospeso in tunnel buio con la speranza di ritrovare al più presto la luce. L’impatto con l’uscita, però, è beffardo: ci si ritrova nella stessa parte dalla quale si era entrati. La verità era lì fin dall’inizio, come si sapeva ma si è sempre fatto finta di non sapere. Il potere, quando è veramente tale, non è mai occulto: è trasparente. Si conoscono nomi e cognomi, interessi e ragioni. La realtà è lì, basta volerla capire. E’ ciò che spesso la politica, per incapacità, ma anche per viltà o, peggio, per interesse, evita di fare.
Ed è proprio per questo che la lettura di Bdd è un buon esercizio per chi vuole conoscere il potere e sapere che la posta in gioco nelle provincie del Sud è più grande delle piccole realtà che lo compongono. Ma Bdd è anche un voce che urla nell’orecchio dei “colpevoli” quella stessa frase disperata del Pasolini degli Scritti corsari: Io so i nomi dei responsabili. Una voce che grida giustizia.
Francesco Marchianò
www.huffingtonpost.it  15 aprile 2013

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