La Corte dei conti smaschera le crepe del ponte sullo stretto, in parte sinora coperte dalla propaganda del ministro Salvini. La bocciatura propaga un’ondata di razionalità politica. Se l’ultimo maremoto tra Calabria e Sicilia risale al 1908, stavolta sulle chimere delle destre si abbatte lo tsunami della ragione. “Nella legge di bilancio del governo Meloni, c’è il taglio di 50 milioni di euro per la strada statale 106”. A denunciare lo scippo, tra i tanti, è il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà. Dall’esecutivo replicano che si tratta di una “rimodulazione” e che i fondi “rimangono disponibili, ma verranno spesi per interventi cantierabili”. Non è dato sapere però quali. In Calabria la questione dei collegamenti stradali e ferroviari è seconda per gravità solo al diritto alla salute, negato. Strade ed ospedali chiusi o assenti, ci si interroga sulla concretezza di certi roboanti annunci governativi.
Per esempio, cosa c’entra il raddoppio della galleria Santomarco tra Paola e Cosenza col progetto dell’alta velocità in Calabria? Se lo chiedono in tanti. Il ministro Salvini però ha deciso che è così e basta: il nuovo “buco”, a suo dire, sarebbe l’inizio di una nuova epoca di progresso per la Calabria, l’anello di congiunzione col resto del Paese, la rampa di lancio del ponte sullo stretto. E guai a chi lo contraddice. Piovono anatemi su chi fa notare che al momento il progetto di alta velocità Salerno-Reggio Calabria si ferma in Basilicata, e che la regione, sul piano dei trasporti, è sconnessa al proprio interno e tagliata fuori dal resto d’Italia. Eppure, nelle stanze del Ministero dei trasporti ribadiscono che i soldi ci sono, e la nuova linea si farà. Dal canto suo, RFI comunica che è in corso “l’iter progettuale degli altri lotti a completamento dell’itinerario Salerno – Reggio Calabria”. Peccato che ancora non si capisca da dove passerà.
E il binario dove lo metto?
La Calabria ha un’orografia pressoché indomabile. Lo sanno bene tecnici ed ingegneri che hanno progettato e realizzato l’autostrada ex A3, promossa ad A2 per volontà renziana, ma tuttora pericolosa ed interrotta in ampi tratti a sud di Cosenza. L’annuncio recente di un investimento da tre miliardi di euro su cinque lotti del tratto compreso tra Cosenza ed Altilia, lungo 27 chilometri, alimenta lo sconforto di automobilisti e pendolari, costretti da decenni ad affrontare deviazioni e riduzioni di carreggiata proprio in ragione degli estenuanti progetti di “ammodernamento”.
Sul versante dei collegamenti ferroviari, per far passare il treno veloce, inizialmente si era pensato di perforare la catena montuosa costiera tra Praia e Paola, e sbucare all’altezza di Tarsia, potenziale snodo per collegare il tracciato alla fascia jonica. In questo caso, però, la linea nevralgica avrebbe trovato collocazione lungo l’asse centrale della regione, e così sarebbe stato tagliato fuori il Tirreno. Il traforo comunque non sarebbe stato possibile: la montagna è piena d’acqua. Allora si starebbe tornando a ragionare sull’adeguamento ad alta velocità dei binari preesistenti, quelli che scorrono lungo il Tirreno. Ma da un lato c’è di mezzo il mare e dall’altro i centri abitati. Negli ultimi decenni, la cementificazione diffusa lungo le spiagge e la tombatura dei torrenti hanno rafforzato il fenomeno dell’erosione costiera, già in atto per effetto dei cambiamenti climatici. E così ogni anno le mareggiate irrompono nelle case e se le prendono, restituendole inagibili. Infatti, Rete Ferroviaria Italiana è in procinto di realizzare massicci “Interventi in difesa del rilevato ferroviario da fenomeni di erosione costiera nei comuni di Guardia Piemontese e Fuscaldo”, poco a nord di Paola, in provincia di Cosenza. Dovrebbero partire a dicembre i lavori per 9 milioni di euro. Sulla carta, potrebbero resuscitare la mitica spiaggia di “Guardia 1982”, quella cantata da Brunori SAS, oggi ridotta a un mozzicone di sabbia. Rimane da capire come proteggere gli altri tratti calabresi minacciati dalle maree, tanti in provincia di Cosenza. Se da un lato bisogna contrastare onde impetuose, dall’altro c’è da fare i conti con la statale 18 che serve tutto il versante tirrenico. Il binario preesistente scorre a ridosso di questa arteria, non meno letale della consorella parallela SS 106 dello Jonio. La 18 impila centri urbani, grovigli abusivi di case, sorti in maniera isterica intorno alle sue curve ed ai suoi minacciosi rettilinei. Se si vuole far passare da qui l’alta velocità, bisognerà effettuare migliaia di espropri e raddoppiare gallerie.
A quale Santo…marco votarsi?
Problemi analoghi sussistono per il traforo Paola-Cosenza dove già esiste un tunnel. I lavori per raddoppiarlo, come annunciato da Salvini, in effetti sarebbero in procinto di partire. Il progetto, però, è stato concepito “ai fini – si legge nel documento di Ferrovie dello Stato Italiane – del potenziamento dell’itinerario merci per il Porto di Gioia Tauro”. Dunque servirebbe al trasporto commerciale sull’asse che porta a Taranto. In effetti FSI precisa pure che “gli interventi garantiranno una maggiore accessibilità al sistema ferroviario e la possibilità di sviluppare nuovi traffici viaggiatori lungo l’asse nord-sud della penisola, a beneficio anche dei collegamenti da e per la Sicilia”. Manca però il “come”, cioè non si capisce su quale linea di alta velocità si innesterebbe la galleria raddoppiata, perché al momento non si hanno notizie certe in merito al reperimento dei fondi per finanziare l’opera, e soprattutto non si conosce il tracciato a nord di Paola. “A mio parere, ci sono tanti aspetti da chiarire, – spiega Luigi Pontoriero, una vita da ferroviere, membro del coordinamento confederale USB, licenziato da RFI proprio a seguito di sue denunce sulle condizioni di sicurezza all’interno della galleria Santomarco – a cominciare dalle reali motivazioni del piano di adeguamento dell’intera rete ferroviaria italiana per scopi militari, nell’ambito dell’accordo tra Leonardo e RFI. Speriamo che non avvenga mai, ma se dovesse scoppiare una guerra, i binari serviranno al trasporto di carri armati”. Pontoriero elenca vantaggi del progetto di raddoppio della galleria: “Maggiore sicurezza ferroviaria, potenziale utilizzo in forma di metropolitana Cosenza-Paola, occupazione per circa 900 lavoratori impiegati per 8 anni”, ma anche rischi “per la salute, perché secondo alcuni studi nella montagna ci sarebbe amianto” e forti disagi alla città che sarà un cantiere: “basti pensare che sono previsti ogni giorno per la movimentazione terra e materiali 80 camion che circoleranno a Paola, con prevedibili danni al turismo”.
Punto di snodo della linea merci Gioia Tauro – Taranto sarebbe la potenziata stazione di Montalto Uffugo, ad est della linea costiera paolana, come previsto dal progetto. Dunque, a meno che il governo non abbia deciso di imporre un nuovo tracciato, i nuovi binari dell’alta velocità transiterebbero al centro del territorio calabrese? Di sicuro, a prescindere dalla sua realizzabilità, il nuovo progetto scontenterebbe comunque qualcuno. Se infatti la linea passasse dal Tirreno, tornerebbero ad insorgere i comuni della costa jonica, attraversati dalla strada statale più precaria e pericolosa d’Europa, serviti da una linea ferroviaria tecnologicamente ferma alla prima metà del ‘900. Viceversa, se il nuovo tracciato scorresse lungo il versante orientale, le merci ed i passeggeri non passerebbero più dai centri urbani della costa tirrenica, con grave danno alle economie locali. Sono pensieri che alimenteranno il flusso di calabresi partecipanti alla manifestazione No Ponte che si svolgerà a Messina il prossimo 29 novembre. Oggi più che mai, in Calabria le priorità sono ben altre.
Claudio Dionesalvi






Leave a Reply