“Pasquale Tridico? Mi hanno detto che è una brava persona, onesta e preparata, ma prima di queste elezioni, non lo conoscevo”. Shamira ha 24 anni, lavora in un bar del centro cittadino, a Cosenza. La ragazza crede nei “valori della sinistra”, ma ritiene di capire “poco di politica”. Domenica e lunedì scorsi non è andata a votare, “perché – spiega – non serve a niente. A prescindere da chi vinca le elezioni, io sempre dietro questo bancone rimango”.
In Calabria, dopo la sconfitta del campo largo alle regionali, si gode la vittoria Roberto Occhiuto di Forza Italia, neorieletto presidente. Il centrosinistra invece medita sui propri errori. Davvero scarso il risultato ottenuto dal pentastellato Pasquale Tridico. Non ha richiamato alla partecipazione la silenziosa massa astensionista che avrebbe potuto e dovuto fare la differenza. Da sottolineare che più della metà dei calabresi non vota. Nelle precedenti elezioni del 2021 si recò alle urne il 44,36 percento, in queste il 43,14.
In tanti si domandano come mai l’ex presidente dell’Inps non abbia attratto le fasce popolari desiderose di quel radicale cambiamento che di certo non è auspicabile dagli elettori in condizioni di vantaggio sociale. Chi gode di una stabilità economica, si presume abbia votato Occhiuto che ha sfiorato il 60 percento. E in gran parte, tanti potenziali elettori di Tridico se ne sono andati: 367mila risultano i calabresi iscritti all’Anagrafe Italiani Residenti all’Estero, che restano iscritti alle liste elettorali, però non possono votare per corrispondenza, perché nelle regionali non è previsto. Infatti il numero degli aventi diritto risulta superiore ai maggiorenni residenti. E non bisogna dimenticare i circa 250mila, tra lavoratori e studenti, che mantengono la residenza, vivono fuori ma in pochissimi tornano per votare. L’Istat segnala che la regione ha il tasso di emigrazione più alto nel meridione: 8 abitanti ogni 1.000 si spostano verso il Centro-Nord. Gli altri, i moltissimi “restanti” che avrebbero potuto votare a sinistra, indignati perché esclusi dal mercato del lavoro e dai servizi essenziali, non vedendo in Tridico le potenzialità di generare uno scossone decisivo, si sono mantenuti nel limbo della rassegnazione. E hanno preferito non recarsi alle urne.
Non pochi Calabresi orientati a sinistra adesso rinfacciano la mancata candidatura del giovane sindaco di Corigliano-Rossano, Flavio Stasi, che durante la campagna elettorale comunque si è speso molto a favore di Tridico. “Quel che è mancato, è il coraggio”, mormora Stasi osservando i risultati del voto. È evidente pure che non è stato efficace uno dei principali argomenti elettorali dell’ex presidente Inps: il ripristino di un reddito di dignità “cucito” sulla Calabria. Le persone che potrebbero percepirlo sono tante, ma quasi sempre inconsapevoli, relegate fuori dalla partecipazione o addirittura colpevolizzate. Dal canto loro, è noto che i sostenitori delle destre, e soprattutto quei “grandi elettori” che da sempre maneggiano pacchetti consistenti di voti, vedono con livore la proposta di reintrodurre un reddito di cittadinanza. Al di là della retorica che brandiscono sul valore sacrale del lavoro, ne va dei loro profitti e della ricchezza accumulata anche approfittando dello sfruttamento di tante giovani braccia e menti, in una regione che in settori nevralgici come agricoltura, servizi, sanità e turismo si alimenta di una manodopera da 10 ore di quotidiano “travaglio”, 6 giorni di lavoro a settimana, per salari da 700 euro al mese.
Tutto ciò comunque non è bastato a spostare i consensi a beneficio di Tridico. Hanno inquinato la sua credibilità anche presenze imbarazzanti in alcune liste di centrosinistra, candidati che hanno portato una dote tossica di scivoloni etici, fallimenti politici e pure qualche procedimento penale rimediato per questioni non proprio ideali.
Le scelte romane sulle candidature, quelle del “si fa così e basta”, dettate dagli equilibri nazionali interni al campo largo, si sono rivelate prive di una minima cognizione della sensibilità emotiva dei Calabresi. Come se una terra così periferica non fosse in grado di generare, dal proprio interno, una candidatura capace di attirare anche il consenso di chi ormai ha rinunciato a sperare. “Adesso guardiamo avanti. Bisogna azzerare un’intera classe politica ed i suoi gruppi dirigenti”, rilancia Flavio Stasi.
Difficile prevedere se la sconfitta servirà da monito per le prossime regionali del 2030. Sempre che non si torni a votare prima.
Claudio Dionesalvi

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