
Ci saranno storie di corpi segnati dal disastro sanitario il prossimo 10 maggio alle 15.30 a Catanzaro. In piazza saranno presenti anche parenti e amici di Serafino Congi che lo scorso 4 gennaio improvvisamente ha sentito il proprio respiro corto e pesante. Quando ha avvertito il malessere, si trovava a San Giovanni in Fiore, un comune di 15mila abitanti sui monti della Sila, in provincia di Cosenza. Quel giorno era andato a trovare i parenti. Vedendo che le sue condizioni non miglioravano, la moglie lo ha accompagnato al pronto soccorso dove gli hanno assegnato un codice giallo. «Nonostante il vomito fosse persistente, l’urgenza riconosciuta fu quella di medio livello. Il medico di turno aveva disposto l’uscita di due ambulanze destinate a pazienti di età geriatrica, tralasciando il trasporto di mio marito» spiega Caterina Perri, moglie di Serafino.
Trascorsa un’ora, dagli esami effettuati è emerso che il paziente aveva un infarto in corso. Bisognava trasferirlo all’ospedale di Cosenza, solo così si poteva salvare. Nell’ospedale di San Giovanni in Fiore, per effetto dei tagli, l’unico reparto dotato di posti letto è quello di medicina. Gli altri ne sono privi, manca il personale, le visite si svolgono in pochi giorni al mese. Il 4 gennaio, quando Serafino è stato male, di fatto le ambulanze erano bloccate. La normativa prevede infatti che senza un medico a bordo non possono trasportare persone in crisi cardiaca. E, in quel momento, l’unico medico disponibile non poteva abbandonare gli altri pazienti. Capita spesso nella regione della sanità commissariata. Finalmente, a buio calato, è arrivata un’auto medica dalla città di Cosenza distante 60 chilometri, un’ora di viaggio. Serafino è partito, ma il suo cuore, dopo aver resistito per più di 4 ore, ha cessato di battere lungo il tragitto. Aveva 48 anni.
Il giorno prima, aveva lavorato negli uffici della Regione dove era impiegato. Ha lasciato due figlie ancora bambine; aveva portato gli sci per accompagnarle sulle piste di Lorica. Sulla sua morte la procura ha aperto un’indagine e l’Azienda sanitaria un’inchiesta interna. Da queste parti ormai nessuno crede che il diritto alla sanità pubblica, cancellato per volontà politica, sia riconosciuto per intervento della magistratura o dei manager, tanto meno post mortem. In Calabria è successo altre volte, di recente, che le ambulanze non siano uscite dai garage perché prive di medici. La tragedia di Serafino ha provocato la rabbia della popolazione di San Giovanni in Fiore, che è scesa in piazza compatta e ha protestato soprattutto contro l’amministrazione comunale della sindaca Rosaria Succurro, di Forza Italia come il presidente della Regione, Roberto Occhiuto. Per diversi giorni i Sangiovannesi hanno dato vita a fiaccolate, presidiando i palazzi istituzionali, chiedendo la fine del commissariamento della sanità regionale e il ripristino dei reparti ospedalieri chiusi per effetto dei tagli. La risposta delle istituzioni è consistita in una raffica di promesse e qualche ammonizione contro gli insegnanti che hanno partecipato ai cortei di protesta.
Secondo gli autori delle segnalazioni all’Ufficio scolastico regionale, i docenti avrebbero violato il codice di comportamento della normativa Brunetta che imporrebbe la censura ai dipendenti statali colpevoli di avere danneggiato l’immagine della pubblica amministrazione. Le letterine di ammonimento non hanno sortito gli effetti sperati. Gli abitanti di San Giovanni scenderanno in piazza insieme agli altri comitati che lottano per il diritto alla salute e contro le lobby della sanità privata.
La Calabria è la terra col più alto numero di emigrazioni per motivi sanitari: paga 304,8 milioni ogni anno alle altre regioni per i residenti che si rivolgono alle strutture del resto d’Italia. Si vive di meno, il 7,3% della popolazione rinuncia alle cure, i bambini hanno un’aspettativa di vita di tre anni inferiore ai coetanei del nord. Poche settimane fa, Occhiuto, è stato nominato commissario delegato per l’Emergenza. Un’ordinanza del capo della Protezione gli ha dato pieni poteri. Occhiuto ha dichiarato che, grazie alla sua amministrazione, la Calabria ha imboccato «la strada giusta».
Lo certificherebbe il ministero della Salute: «Tutte e tre le aree – ha detto Occhiuto – che compongono il punteggio dei Livelli essenziali di assistenza (ospedaliera, prevenzione e distrettuale) sono in costante crescita». La regione starebbe dunque uscendo dall’emergenza sanitaria. I Calabresi però non se ne sono accorti. Il prossimo 10 maggio saranno in piazza tanti sindaci, i gruppi di Pd e Avs del consiglio regionale.
Claudio Dionesalvi



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