In campagna con il Pd. Verdini sbarca a Cosenza per Guccione

Lo sposo promesso arriva a Cosenza, in un gremito cinema del centro, a due passi dal municipio. Ha una chioma bianca, l’abito di grisaglia, la cravatta celeste, l’accento fiorentino, e aspettava da mesi il gran giorno. Prima di allora molti si vergognavano di lui. Qui, invece, nella terra dei Brutii, dove anche uno come Alarico, se non fosse morto all’improvviso, avrebbe messo radici, Denis Verdini può finalmente celebrare le nozze pubbliche con il Pd.
Lui, di solito così discreto, abile giocatore di scacchi che muove le pedine nell’ombra, arriva in sala e fa un comizio insieme a un sorridente Carlo Guccione, aspirante sindaco per i dem cosentini. Non un renziano a denominazione di origine protetta, Guccione. Ma uno della “ditta”, bersaniano oggi, dalemiano ieri, “piccista” nel secolo scorso.
Ecco che il “caso Cosenza” assurge a laboratorio nazionale, per meglio dire, a laboratorio del “partito della nazione”. Alle comunali di giugno il Pd, rotto con la sinistra, si allarga a destra. A Torino la lista Moderati per Fassino fa il pieno di ex forzisti, Cl ed ex leghisti ma senza verdiniani. A Grosseto e Napoli il candidato è unico con Verdini ma con imbarazzo. A Milano Ala, il partito dei verdiniani, darà una mano ma senza lista. Qui a Cosenza le ali verdiniane sono persino due. Motivo per cui il gran capo non poteva certo mancare. Tramontata la candidatura dell’impresario Lucio Presta, il candidato della coalizione è infatti il consigliere regionale Guccione. Guida un’alleanza composta dai democratici, dai socialisti, dalla rediviva Italia dei Valori, da una serie di liste locali e centriste e, appunto, dai verdiniani di Ala. Mancano solo gli alfaniani, forti in Calabria di due sottosegretari, Dorina Bianchi alla Cultura e soprattutto Tonino Gentile allo Sviluppo economico, la cui lista in appoggio all’altro candidato a sindaco, Enzo Paolini (Pse) è sub judice per la nota vicenda delle firme.
Il sottosegretario Luca Lotti, braccio destro del premier, è in sala al Modernissimo. Assiste compiaciuto al felice connubio. All’ingresso, Verdini trova una platea opulenta rintuzzata con plaudenti figure pasoliniane arruolate senza troppi convenevoli nei posti di lavoro (precario) del feudo dei Morrone, potente famiglia politica cosentina artefice dell’idillio con Ala. I candidati nelle liste sono presenti con famiglie al seguito, per ribadire antiche fidelizzazioni che vanno ben oltre il sostegno elettorale. Introducendo Verdini, Guccione magnifica la «grande Cosenza», guarda con ammirazione alla Reggio Calabria di Peppe Scopelliti. E rilancia un progetto di conurbazione con i vicini municipi che porterebbe più fondi nelle casse del comune unico. Inoltre benedice solennemente l’alleanza con Ala: «Condividiamo con Denis le riforme costituzionali e un’alleanza su fatti concreti». E rivendica le alleanze trasversali: «Nel 1993 Giacomo Mancini vinse le elezioni grazie all’apertura al Movimento Sociale Italiano. Aveva intuito una nuova frontiera politica».
Intanto, fa capolino tra la folla proprio il nipote del vecchio leader socialista, Giacomo Mancini jr, fresco di piroetta, tornato in gran fretta all’ovile del centrosinistra dopo la parentesi scopellitiana alla regione. Pare sia lui uno degli organizzatori della cerimonia nuziale. Infine, l’ospite atteso. Denis Verdini nel suo comizio ricostruisce le vicende politiche dell’ultimo ventennio, incentra gran parte del suo intervento sul referendum d’autunno. Esalta la «maggioranza della ragione» che si è formata in parlamento ed apre addirittura al sindaco di Parma Federico Pizzarotti sospeso dai pentastellati: «Venga con noi».
Al termine dello sposalizio, non ci sono militanti a distribuire volantini, ma avvenenti hostess. È nata una nuova vecchia creatura, frutto di un’unione davvero poco civile, perlomeno a giudicare dal curriculum dei contraenti. Il lancio di confetti è previsto per l’autunno, quando la consacrazione avverrà a Roma.

Claudio Dionesalvi- Silvio Messinetti

il manifesto, 17 maggio 2016

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