Carlo Cuccomarino, l’autonomia del positivo

Quattro generazioni di ribelli a Cosenza salutano commosse il compagno Carlo Cuccomarino, deceduto proprio nel dì della Liberazione, che 68 anni fa gli diede la luce. L’intera sua esistenza è stata segnata da coerente rifiuto del capitalismo e di tutte le forme di dominio. Dall’alto di una titanica preparazione politica e culturale riservava sofisticati sberleffi al neoliberismo, lo analizzava in tutte le sue articolazioni e ricercava una via meridiana per contrastarlo. Lo sguardo esplorativo e la voce seriosa erano accompagnati da fragorose risate e dal suo accento dell’area del Savuto, recante antichi fonemi latini. Non proferiva discorso che non si aprisse e chiudesse con uno sciame di domande. Operaista, negriano, attento studioso di Marx e dei classici, appassionato lettore di Max Weber, dotato di una straordinaria capacità di cogliere in anticipo le mutazioni sociali, raffinato musicofilo, tra i fondatori di Radio Ciroma e in anni recenti cervello propulsivo della rivista di biopolitica, inchiesta e soggettivazioni “sud comune”. Se dopo gli anni settanta avesse voluto vendere ai coyote dell’industria della conoscenza soltanto una minima porzione del suo intelletto, di certo sarebbe arrivato ai piani più alti del mondo accademico e universitario. Invece Carlo ha scelto la ricerca come esercizio del bene comune e prassi di autonomia culturale. “C’è anche un’altra politica, fatta di una moltitudine di singolarità, quella dei «governati», alternativa alla politica dei governanti e che si sviluppa lungo le traiettorie dell’autonomia e della decisione comune”, scriveva in un suo editoriale pochi anni fa. Riposa a Marzi, terra genitrice e complice di briganti che come lui diedero filo da torcere ai soldati di ogni re. Loro con le armi, Carlo con la penna e la parola.
Claudio Dionesalvi

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