Ultrà, Daspo per l’Assata Shakur

Ci voleva una fantasia malata per arrestare Alessio Abram, attivista molto conosciuto nel panorama delle lotte sociali, presidente della polisportiva Assata Shakur, militante del circuito Futbol Rebelde che col Chiapas dei territori liberati zapatisti ha costruito importanti ponti umani e sociali. Abram è da sempre ultrà dell’Ancona, impegnato in campagne contro il razzismo. La locale squadra anticrimine ha utilizzato un cavillo della legislazione speciale contro ultras e movimenti sociali. Il DASPO preventivo comminatogli pochi mesi fa per impedirgli di seguire l’Ancona, è stato applicato anche alle partite della società dilettantistica di cui è cofondatore. Dunque Alessio non è stato imprigionato per aver partecipato a disordini di stadio o tumulti di piazza. In buona sostanza, il reato commesso si chiama solidarietà fattiva. L’operazione poliziesca, da cinema surreale, è scattata sabato scorso a Marina di Monte Marciano. Con l’impietoso risultato finale di 5-0, si era appena disputata una regolare partita del campionato di terza categoria marchigiana tra la squadra locale, il Real Case Bruciate, e l’Assata Shakur, rappresentativa formata in Ancona e dintorni sulla spinta dell’esperienza del Mundialito Antirazzista che ogni anno si tiene nella città dorica. La scorsa estate giunto alla decima edizione, il torneo registra la partecipazione di 15 comunità migranti e dieci squadre locali. Per oltre due mesi, in tutti i weekend, migliaia di persone appartenenti a diverse etnie si incontrano in un parco comunale. Giocano a calcio, mangiano insieme, ballano, discutono in pubblici dibattiti. Tutto si svolge all’insegna di un sincero fair play. Il grande successo dell’iniziativa ha indotto i promotori a formare una squadra e iscriverla al campionato di terza categoria. L’Assata Shakur, che oltre a calciatori italiani vanta ben 11 migranti tesserati, è un esperimento di riappropriazione del calcio dal basso, simile alla veneta San Precario ed a tante altre realtà analoghe sorte in Italia negli ultimi anni.
Sabato la polizia si è presentata a fine partita, notificando ad Alessio un invito a comparire. Giunto in questura sono scattate le manette, rimaste poi avvinghiategli ai polsi fino al lunedì successivo, quando lo hanno tradotto in tribunale e processato per direttissima. Difeso dall’avvocato Francesco Nucera, Abram è stato condannato a cinque mesi di reclusione perché il giudice non ha potuto disconoscere la violazione della normativa sul divieto di assistere a “tutte” le competizioni sportive, ma proprio a tutte!
Durante il dibattimento, nella sua requisitoria, il PM ha insistito sul fatto che la polisportiva è intitolata ad Assata Shakur, attivista afro-americana, a suo dire pericolosa “terrorista”. Nelle stesse ore la questura avrebbe esercitato forti pressioni sulla FIGC per imporre alla polisportiva un cambio di denominazione. La risposta della Federazione non si è fatta attendere. Nel Comunicato ufficiale n° 31 del 02/11/2011 si legge: “In ottemperanza a quanto disposto dal C.R. Marche, fino a nuovo avviso, tutte le gare in calendario della Societa’ A.P.D. ASSATA SHAKUR Ancona 2001, sono sospese e rinviate a data da definire”.
Sul web e in Ancona, immediata è giunta ad Alessio ed al movimento dorico la solidarietà delle associazioni impegnate nel sociale, e quella di tanti cittadini che lo conoscono e stimano. È un episodio che la dice lunga sia sull’accanimento nei suoi confronti sia sulle pesanti restrizioni alla libertà di attivisti, militanti e ultras. La legislazione d’emergenza, i super poteri di polizia, c’erano già. Con la nuova ondata di “moral panic” che sta attraversando il Paese, hanno ripreso vigore.
Claudio Dionesalvi
il manifesto, 6 novembre 2011

No Comments Yet.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *