Sul decreto antinaziskin

Il decreto Mancino, che punisce i reati a matrice xenofoba e la propaganda razzista, ha prodotto i suoi primi effetti. Con un’operazione di polizia denominata “Runa” sono scattati, il 4 maggio scorso, arresti, controlli e perquisizioni. Alcune decine di militanti dei gruppi neonazisti italiani, sono state colpite da misure cautelari: obbligo di residenza e divieto di espatrio. Inoltre sono stati chiusi alcuni covi a Roma e  Frascati.
A sinistra (primo fra tutti il PDS) molti hanno inneggiato al “piccolo governo antirazzista” e ai provvedimenti antinazi. Eppure sarebbe bastato dare un’occhiata alle prime mosse del nuovo governo per capire il reale significato di un simile provvedimento. Quasi contemporaneamente i ministri degli Esteri e delle Pubbliche Funzioni hanno presentato emendamenti contro i capitoli del decreto legge sul lavoro, riguardanti l’immigrazione extracomunitaria. È fin troppo chiaro che la loro azione è stata rivolta a contrastare la regolarizzazione della situazione in cui versano 150 mila immigrati che oggi lavorano “al nero” e vivono  assiepati in baracche per poterli rispedire più facilmente fuori dall’Italia. Da un lato nientemeno che un decreto per “porre freno” alle bravate di poche centinaia di testa rapate, puntualmente protette dalle organizzazioni istituzionali della destra, dall’altro un programma ben definito di chiusura delle frontiere e un attacco politico all’immigrazione, che trova il suo suggello nel decreto “Conso”. Sarebbe bastato perseguire i neonazisti sulla base degli atroci reati commessi, e non (come è successo) concedere loro addirittura il riconoscimento storico e politico di una legge su misura. Infine, gruppi come “Meridiano zero” che ha annunciato il suo autoscioglimento per prevenire le mosse dello Stato, avranno la possibilità e la tentazione di entrare in clandestinità e agire indisturbati: gli episodi avvenuti a Roma, dalla metà di maggio in poi testimoniano il realismo di questa ipotesi. Una sana opera di prevenzione culturale basata su una conoscenza diffusa della storia del nostro secolo, unita all’azione dal basso contro il risorgere di pratiche obsolete, delegittimerebbe le ambigue azioni di questo governo.
Claudio Dionesalvi
Tribuna Sud Italia, luglio 1993

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