Tirocinanti, come impegnare i disoccupati, senza retribuirli

Imparano a non far nulla, confinati in uffici sperduti, oppure quando trovano una vera mansione, sono sfruttati da enti pubblici e soggetti privati. Retribuiti con notevoli ritardi e senza la minima prospettiva di stabilizzazione, più che tirocinanti si sentono “tiroci… niente”.
Non bastava Garanzia Giovani, il programma europeo che avrebbe dovuto favorire l’avvicinamento dei giovani al lavoro, il cui flop è stato certificato anche dalla Corte dei Conti che rimprovera l’adozione di una strategia sbagliata, tutta basata sui tirocini e non sulla creazione di posti stabili. Con due avvisi pubblicati sul Burc del 13 febbraio e del 2 maggio 2017, la regione Calabria ha destinato oltre 25 milioni di euro alle cosiddette politiche attive del lavoro per assorbire gli ex percettori di mobilità in deroga. Sono 335 le lavoratrici e i lavoratori che hanno ottenuto il diritto di svolgere i tirocini formativi per 20 ore alla settimana. A questi si aggiungono i 627 impegnati presso il MIBACT e i 1000 utilizzati da uffici delle corti di appello, procure e tribunali amministrativi e contabili calabresi. “Sostituiscono lavoratori andati in pensione nel corso degli ultimi anni e non più rimpiazzati per via del blocco del turn over”, spiega Delio Di Blasi, esponente della sinistra sindacale cosentina. In base a quanto prevede il bando regionale, il compito dei tirocinanti è “migliorare i servizi resi ai cittadini ed il funzionamento della Pubblica amministrazione”. In effetti, molti di loro sono impiegati in lavori di manutenzione del verde e delle scuole, nella viabilità, per l’infanzia e l’assistenza domiciliare a persone disabili ed anziani.
“Per i servizi erogati alla collettività – prosegue Di Blasi – questi 6700 lavoratori, che si aggiungono al bacino di oltre 5000 Lsu-Lpu  non ancora stabilizzati dopo vent’anni, dovrebbero percepire 800 euro al mese per sei mesi ma, per un rimpallo di responsabilità fra il ministro Poletti e il governatore Oliverio, fino ad oggi non hanno visto un centesimo”.
Di recente, a Di Blasi e ad altri sei attivisti, con decreto penale di condanna, è stata imposta una sanzione da 800 euro “perché durante la riunione regionale del Partito Democratico, manifestando in luogo pubblico, prendevano la parola con l’onorevole Enza Bruno Bossio”. Nel luglio 2016 a Lamezia Terme, insieme ad alcuni disoccupati in mobilità che volevano denunciare la propria situazione, aveva osato cercare un civile confronto aperto con i vertici del partito.
Nel solo comune di Cosenza, i 50 lavoratori utilizzati a pieno regime, in sostituzione dei dipendenti mandati in pensione anticipatamente per via del dissesto finanziario, costano alle casse pubbliche 240mila euro tutto compreso, a fronte di oltre un milione di euro che servirebbero se gli stessi fossero assunti regolarmente con un contratto di lavoro a tempo indeterminato. Intanto numerosi sono gli esposti prodotti dai richiedenti bocciati. E tra gli ex in mobilità, alcune centinaia hanno presentato ricorso contro la cessazione dell’erogazione dell’assegno. Per conto dei ricorrenti, l’avvocato Francesco Gigliotti ha avanzato una richiesta di decreto ingiuntivo. A differenza delle regioni Campania e Sardegna dove è stata adottata una soluzione politica, nei confronti dei “mobilizzati” in Calabria il governo locale ha preferito la linea dura. Ma solo con loro. Ed è per questo che negli ultimi giorni sui social è ripartito il tam tam. Si preparano di nuovo alla mobilitazione.
Claudio Dionesalvi

 

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