L’esordio nel canto di un gigante buono

Si chiama Maurizio Esposito ed è un giovanottone sorridente che abita nel cuore della città. Un volumetto, pubblicato per i tipi della Sessa Edizioni, propone i testi delle sue musiche. Austero il titolo: “Le mie canzoni”.
Le strofe di Maurizio Esposito riportano alla mente una stagione di impegno e passione, un’epoca così lontana e così vicina, attraversata dai sogni ribelli di una generazione che si “impasticcava” con le bottiglie incendiarie e ballava ogni sera al ritmo dei lacrimogeni.
Ma Esposito non canta soltanto la rivoluzione. Il presente, la stagione della disillusione, le passeggiate su e giù per l’esile confine che ci separa dal terzo millennio, ripropongono una poesia umile ed impressionista, attraverso l’enucleazione di versi trasognati, a tratti crudi, improvvisamente teneri.
Nella tenera oralità delle “Mie canzoni” è possibile scorgere un’atmosfera intima filtrata da una finestra letteraria, imprigionata nella volontà estatica di raccontare al mondo le proprie sensazioni urlando e mormorando l’immagine di una bambina, l’orrore per la guerra in Jugoslavia, la smania di affogare in una bottiglia di vino.
Valori e geometrie mentali praticamente inesistenti in un’attualità tecnologica che lascia pochi spazi alla poesia. È una lirica che punta al recupero di temi cari ai nostri “maledetti”: gli scapigliati. Una sostanza semantica avvinghiata alla ricerca della valorizzazione della semplicità, proiettata verso la capacità di emozionarsi per esperienze effimere. La ricerca diventa inevitabilmente parabola mentale di un percorso interiore: “Vorrei sapere del mio passato dov’è andato a finire / vorrei sapere del mio futuro dove andrò a morire”.
Quasi una sfida verso la società usa & getta, il supermercato dei pacchetti esistenziali preconfezionati.
Maurizio Esposito impugna  la chitarra per cantare i temi di sempre e lo fa con l’ingenuità di un fanciullino. Lo ha capito anche il grande cantautore Claudio Lolli che nella prefazione scrive: «La verità di Maurizio è una verità tutt’altro che barbara, anzi: complessa, una verità fatta di sofferenze personali e di sofferenze del mondo, di scatti di rabbia e di impulsi di lotta, di palingenesi sognate, sotterrate e sempre comunque rincorse. Ci tiene a parlare, Maurizio, ci tiene a parlare di sé e del mondo che lo spaventa e lo affascina…».
Claudio Dionesalvi
Il Domani, 30 giugno 1999

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