Lucano: «Resto convinto delle mie idee. Non ho paura»

Ha ragione il fisico Carlo Rovelli. I buchi bianchi esistono. Ce n’è uno a Riace dove in pochi metri l’umanità si addensa, resiste, sprigiona energia. Donne e bambini giocano, piccole botteghe artigiane lavorano, è il Villaggio Globale dell’utopia ostinata. Intorno a Mimmo Lucano, che ci accoglie nella Taverna, ci sono amici e compagni calabresi e non solo. Da Crotone sono arrivati Filippo Sestito dell’Arci e Giuseppe Tiano, sindacalista eterno. Ci sono Martine Mandrea e Robert De Luy, del movimento Primavera marsigliese, che discutono con noi sullo stato di salute delle lotte sociali in Europa. E c’è Maria Giovanna Rullo che a Lucano chiede di suggerirle il titolo di una fiaba per bambini, che ha appena scritto. Davanti a noi una tavola imbandita con ghiottonerie magnogreche: soppressata, caponata, vino rosso, pomodori secchi. Mimmo però non tocca cibo, la tensione gli impedisce di pranzare. Ha fretta di congedarsi; a Reggio sta arrivando l’avvocato Giuliano Pisapia, tra poche ore lo difenderà nell’udienza decisiva del processo che vede Lucano imputato del reato di umanità. E Mimmo racconta, prova a domare il nervosismo alla vigilia di una giornata che comunque vada tornerà a stravolgere il suo bioritmo.
Ha scritto Luigi Ferrajoli che «ci troviamo di fronte a un penoso esempio di violazione massiccia della deontologia giudiziaria che imporrebbe ai giudici il rispetto delle parti in causa, a cominciare dall’imputato che non è un nemico». Una logica, quella del nemico, «esibita e applicata dalla nostra destra di governo nei confronti dell’intero fenomeno dell’immigrazione». Dunque il suo è davvero un processo politico?
Non esito a ribadire che lo è. Da Riace in tutti questi anni è affiorato un messaggio pericoloso. L’umanità è pericolosa per il potere in questo tempo. Ho sempre agito dimostrando che è l’essere umano a dover scegliere. Sentire sulla propria pelle l’ingiustizia nasce spontaneo, non deriva dall’ideologia. Lo diceva Guevara. Fare il sindaco nella Locride mi ha dato la possibilità di avere un punto di osservazione privilegiato, quando si parla delle mafie. Il mugnaio Rocco Gatto non accettò il dominio della malavita. Diceva in un’intervista: «Non ho paura». Neanche io ne ho.
Il governo ha dichiarato la guerra militare ai migranti. I modelli di integrazione multietnica come Riace sembrano ormai preistoria. Le strategie della premier Meloni le sembrano razionali?
La strategia del governo, l’avversione delle destre rispetto ai diversi è una sua costante. In tutto il mondo la destra è così. Ma a Pontida non si vergognano quando dicono quelle cose terribili? Queste persone vengono qui da altri continenti perché l’occidente le ha obbligate a venire. Il messaggio di Giorgia Meloni è squallido: vuole passare come una destra non becera, non aggressiva. Ma non è la sua vera natura. Preferirei invece che la destra manifestasse il suo potenziale vero di razzismo, populismo, xenofobia. Il mandante dell’attacco a Riace è questo. La nostra esperienza stravolge la narrazione sulle migrazioni. Don Ciotti ha detto delle cose bellissime su di noi, e con lui padre Zanotelli e monsignor Bregantini. Il vangelo secondo Matteo Salvini è fatto di crocifissi ostentati, ma poi emana rancore, odio, cattiveria. È antitetico al vangelo di Cristo. È significativo che oggi il Papa vada a Marsiglia, non in visita ufficiale ma come pellegrino della città dell’accoglienza ( Lucano ha ricevuto la cittadinanza onoraria di Marsiglia, ndr).
Ci siamo già dimenticati le lacrime versate a Cutro?
Questo governo è più pericoloso delle smargiassate di Salvini. È camaleontico. Giorgia Meloni si fa il segno della croce. A volte mi chiedo come sia conciliabile quel suo gesto con le idee politiche che professa.
Ha girato l’Italia quest’estate, ribadendo la sua innocenza. Che accoglienza ha ricevuto?
La gente mi è sempre stata vicina. Ciò dimostra che la campagna denigratoria nei miei confronti non ha attecchito. Uno degli obiettivi del potere quattro anni fa era dimostrare che la Lega poteva vincere a Riace. E ci sono riusciti. Ma Riace nacque con i curdi, con la condanna al capitalismo e al neoliberismo che sono la vera causa delle migrazioni di massa. I potenti dicono sempre le stesse cose, ma non si risolve nulla. Siamo nel tempo dell’esasperazione del consumismo. Riace ha dimostrato in maniera plastica che la sinistra è un ideale cristiano e di umanità. La destra tutto il contrario. È questo il mandante della persecuzione nei nostri confronti.
Se dovessero condannarla in giudicato come immagina la vita in carcere?
Non sto bene in salute. Vedo la vita in modo diverso, il più l’ho fatto. Ce ne sono tanti esseri umani in carcere. Da capire come trascorrerei le giornate. Studierei se fossi detenuto. Ma questa attesa dura dal 2016.
Che sensazioni ha per oggi?
Io della condanna materiale non ho paura. Rappresento un ideale che appartiene a tutti voi. Perché dovrei temere? Non mi sono mai arricchito. Con i soldi ho un rapporto tutto particolare, non mi piacciono. Potevo candidarmi al parlamento europeo, ma non l’ho voluto fare. Rimango fermamente convinto delle nostre idee: la sicurezza, le armi, la guerra portano alla morte. L’uguaglianza e l’accoglienza creano vita.
Claudio Dionesalvi, Silvio Messinetti

il manifesto, 20 settembre 2023

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