BDD – Un Romanzo Cosentino di Claudio Dionesalvi

La città non ne fa da sfondo: ne è protagonista, con i suoi personaggi, i suoi luoghi vivi e palpitanti – al punto che si potrebbe definire BDD un romanzo-film su Cosenza. Ma è tante altre cose al tempo stesso – una narrazione a presa diretta come piace ai giovani di ogni epoca, pensiamo a ‘Solo limoni’ di Marco Philopat e de ‘Gli invisibili’ di Nanni Balestrini, dove il racconto mozzafiato di Sergio Bianchi si dipana, vulcanico e coinvolgente. Claudio Dionesalvi sembra voler coltivare questo dono naturale, raffinandolo in un esperimento letterario ibrido in cui narra le prodezze della curva, le dinamiche di una tribù di amici a cui partecipano anche figure femminili importanti – con la fascinazione per la violenza ma anche il senso del limite, quando ‘passa la voglia di giocare alla guerra’ in un clima sociale dove l’uso della forza emerge in tutte le sue forme: i fratelli che discutono facendo a pugni, le botte al figlio della maga per celebrare il carnevale, le risse sui treni, gli scontri allo stadio, lo stupro di un poliziotto nei confronti di una giornalista precaria che incautamente cercava di ottenere informazioni su fatti di corruzione. Una violenza dai cento volti, usata spesso inconsapevolmente, per gioco, per noia. Una violenza che è voce di una terra violentata –di una rabbia non risolvibile se non alla radice – con una ricetta che sembra essersi persa nei secoli. In BDD c’è anche la politica, quella corrotta dei partiti a cui si guarda con spirito di rivincita, e quella subalterna di vive ai margini, con uno sguardo ai gloriosi anni 70, ed ai miseri effetti del riflusso post-movimento 77, il periodo successivo la sua sconfitta – senza entrare nel merito ma descrivendo dolorosamente la depressione sociale, alla rabbia muta che è seguita a quegli anni. Lo stadio diventa così valvola di sfogo – come dicono sociologi d’accatto – ma anche luogo di socialità antagonista e di sopravvivenza alla desertificazione, di alternativa alla penosa scena serale del pendolarismo da un pub all’altro, al ‘triste pollaio che chiamano campus’. Di genere misto, BDD non è un romanzo sulla curva – può essere letto da chiunque, è una storia di vite precarie, di come fare giornalismo in tempi difficili e sui legami di lealtà che ci sono fra i giovani. Non è un romanzo sportivo – l’agonismo della domenica è un pretesto – nell’ultimo evento calcistico il protagonista ammette, fallita la mission ‘riesco addirittura a guardare la partita, forse non mi era mai capitato prima’ svelandoci che allo stadio ci si va per altre ragioni, non per seguire un pallone che viaggia tra piedi diversi. Un’avventura che può terminare solo con un movimento centrifugo, la dispersione,la fuga – elemento importante, presente fin dall’inizio del romanzo – perché non si può diventare stranieri nella propria lingua (nella propria città nel proprio paese). Andarsene non è un atto di viltà, una ammissione di sconfitta, ma ha a che vedere con la libertà. Come diceva Deleuze – e come ci ha dimostrato – le linee di fuga sono tangenti rispetto ai cerchi di significanza consueti e dispotici: alludono all’apertura di percorsi nuovi, impredicibili, praticabili. Fuga necessaria quindi, evasione che sogna la sovversione, fuga dai flussi discorsivi dominanti, fuga dal dualismo occidentale ( gabbia aperta da cui non riusciamo ad uscire) – azione di smontaggio e rimontaggio identitario individuale/collettivo attraverso i dispositivi della memoria, piccolo seme che può germogliare nella coscienza di chi non ha vissuto i fatti narrati, non ha respirato una atmosfera abilmente evocata da Claudio Dionesalvi. Fuga come humus primordiale che racchiude in sé tutte le possibilità in una turbolenza che cancella i confini spazio-temporali, magari in cerca di una protesi – improbabile funzionamento del soggetto che ritorna dal passato, perché ogni fuga ha sempre una seconda chance – e non esiste il momento giusto.
Laura Corradi
Intervento nella presentazione all’Unical

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