Tempo di processi

Dicono che il processo penale abbia una funzione pedagogica e che educhi il cittadino incensurato. Avendo la possibilità di osservare da vicino il destino delle persone che hanno commesso reati, gli spettatori dovrebbero stare alla larga dalle tentazioni criminose.
Non è questa la sensazione che si prova quando si assiste ad un’udienza qualsiasi del processo “Garden”, che in questi mesi viene celebrato nell’ex bocciodromo. Quando entri nella struttura trasformata in un bunker, stenti a credere a quel che vedi.
La scenografia rievoca gli interni di “Rollerball”, capolavoro cinematografico di qualche anno fa, un film ambientato in un probabile futuro in cui governano “le corporazioni” e robusti atleti gareggiano in uno sport violentissimo per soddisfare la sete di sangue della folla. Tutto, nel film, ritorna utile ai padroni di sempre, che lucrano sulla pelle dei moderni gladiatori e tengono a bada gli appetiti violenti delle masse.
Si ha l’impressione che in quel bocciodromo si stia consumando qualcosa di analogo a quello che accade in “Rollerball”. Centinaia di telecamere osservano imputati e spettatori del processo, altrettanti agenti delle infinite ‘polizie’ che esistono in questo paese, sorvegliano la zona.
Sugli spalti di quello che un tempo era un banale campo di bocce sono collocate ben quattro gabbie: nella prima vengono smistati i giornalisti di serie “B”, perché  a quelli di serie “A” è consentito invece l’accesso alla platea, dove siedono gli avvocati. Nella seconda gabbia sono assiepati gli imputati a piede libero, nella terza i curiosi e i parenti di quella che secondo l’accusa dovrebbe essere la ‘mala’ cosentina, costipata nella quarta gabbia. Su tutto domina una cabina di vetro, in cui opera la regia.
Quando tra un anno, o al massimo due, da quel bunker e da tutti gli altri disseminati per la penisola usciranno delle sentenze, avrà trionfato UNA giustizia, ma non LA GIUSTIZIA.
Con troppa facilità si prendono a pugni e si linciano i vari Giovanni Brusca e contemporaneamente si garantisce la presunzione d’innocenza ai Giulio Andreotti e ai Pippo Baudo. E sinceramente un cazzottone (in senso sportivo) bisognerebbe tirarlo anche a loro. Non perché siano antipatici, ma perché viene difficile immaginare che con tutto quello che hanno avuto tra le mani, non se le siano sporcate.
-Ma Brusca ha calato nell’acido un bambino.., direte voi.
-Nessun tribunale lo ha processato!
Come nessun tribunale ha processato gli avvocati, i commercialisti e gli ingegneri che anche nella nostra città si sono arricchiti con i soldi dei presunti malavitosi.
Proprio come in “Rollerball”: a comandare sono le corporazioni, mentre quelle che vediamo dietro le sbarre sono solo le vittime sacrificali.
Claudio Dionesalvi
Il Taglierino, 1 giugno 1996

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