Che sia fatta luce sull’incidente

L’iniziativa di un parlamentare crea una luce sinistra intorno all’incidente stradale in cui hanno perso la vita gli avvocati cosentini Giuseppe Baffa e Francesco Perrotta. Un’interrogazione al governo per sollecitare «attenzione ed interessamento» nei confronti dei familiari delle vittime della tragedia del Canale di Otranto del 28 marzo del 1997 è stata presentata dal verde Luigi Manconi. Il senatore chiede anche «che sia fatta luce al più presto e fugato ogni dubbio sulla dinamica dell’incidente automobilistico in cui è deceduto l’avvocato Giuseppe Baffa». Il legale di parte civile – difensore dei sopravvissuti al naufragio della nave speronata da un’imbarcazione della Marina militare italiana – aveva nei mesi scorsi sollecitato ai giudici del tribunale di Brindisi la citazione nel giudizio dei ministri degli Esteri e della Difesa all’epoca della tragedia, Dini e Andreatta. La richiesta di citazione era stata avanzata anche per l’allora portavoce dei Verdi, Manconi, che aveva definito illegittimo il «blocco navale di contrasto» disposto dal governo Prodi. Il particolare inquietante è nelle parole pronunciate dall’avvocato Baffa ad un giornalista poche ore prima di morire: «Le dico solo che io mi ritengo fortunato che non mi sia successo nulla sino ad ora».
In una breve intervista rilasciata al Domani, Manconi chiarisce di «non aver fatto alcun dichiarazione che adombri sospetti di macchinazioni» o complotti. «Ho chiesto – spiega – che sia fugato ogni dubbio, proprio perché non vi sia spazio a sospetti né a inquietudini». Evidentemente, la coincidenza tra le dichiarazioni di Baffa e la sua scomparsa induce a «chiedere che nella maniera più limpida si arrivi ad escludere qualunque possibile dubbio».
Sul naufragio Manconi non ha dubbi: «Sono convinto che via sia una corresponsabilità di ordine morale delle autorità italiane… di quella che si chiama la catena di comando. Nel senso che, come ho documentato, l’allora ministro della Difesa spiegò che tra gli ordini ricevuti dalle nostre imbarcazioni c’era quello di operare per scoraggiare l’approdo delle navi. “Scoraggiare” è un termine che può intendere molti atti. Certamente, le operazioni condotte dalla Marina militare italiana configuravano un blocco navale. Un blocco navale, in quella situazione, col mare agitato, con un confronto tutto dispari tra la stazza di una nave e quella dell’altra, l’eccesso di zelo in quello scoraggiare, certamente hanno contribuito a determinare il naufragio». Il parlamentare chiede per le famiglie delle vittime un «risarcimento extragiudiziale». Un’ultima battuta sulla questione dei migranti: «C’è chi vive il problema come primo punto dell’emergenza criminalità. E questo è un modo profondamente sbagliato. E c’è chi lo vive invece come uno dei fatti fondamentali del panorama planetario».
La ricetta di Manconi è fondata su due principi: «accoglienza e regolarizzazione». Parole che sarebbero piaciute al coraggioso avvocato Baffa, di origini albanesi. Un legale che stava andando a Brindisi per guardare negli occhi il comandante della nave della Marina militare italiana Sibilla, Fabrizio Laudadio, sul cui capo pendono pesanti accuse. In quel buio venerdì morirono annegati ottantasette migranti albanesi, tra cui donne e bambini.
Claudio Dionesalvi
Il Domani, 15 gennaio 2000

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