“È una pagina nera per la giustizia italiana”

Una verità amara e crudele. Massimo Esposito è stato assassinato. Non importa se l’omicidio sia avvenuto con la premeditazione di qualcuno, oppure la morte sia da ricondurre alle responsabilità di un sistema carcerario disumano e punitivo che non è stato in grado di soccorrerlo. Il giovane cosentino è stato ammazzato due volte. Sono passati più di due anni da quando perse la vita in una cella della casa circondariale di Lecce. Il secondo delitto lo ha commesso la giustizia italiana, responsabile di non aver fornito risposte ad una famiglia che chiede verità. Non è solo un’opinione diffusa nel quartiere di via Popilia, tra i tanti ragazzi che Massimo lo hanno conosciuto personalmente. Ad analoghe conclusioni è giunto il Senatore dei Verdi, Luigi Manconi, che ha esaminato il caso, nel tentativo di verificare se esista la possibilità di attivare strumenti politici capaci di sbloccare una vicenda giudiziaria indegna di un Paese civile. “Ho chiesto ulteriori informazioni alla dottoressa Viterbo e all’avvocato Sorrentino – spiega il parlamentare in una missiva inviata ai familiari del ragazzo deceduto in circostanze mai chiarite – La vicenda processuale, purtroppo, è a un punto morto. I procedimenti che riguardano la morte di Massimo Esposito sono stati tutti archiviati (l’unica denuncia ancora non definita è quella riguardante la responsabilità del consulente di parte, dottor Fagiano). Davvero una “pagina nera” per la giustizia italiana, ma non è più possibile, su quel piano, cambiare le cose. L’unico consiglio che mi sento di darle – prosegue Manconi – è quello di tentare un ricorso alla Corte Europea dei diritti umani. Ci vorrà del tempo, certo, per ottenere un pronunciamento: ma, nel caso di una condanna del nostro paese da parte della Corte Europea, sarà possibile ottenere almeno un risarcimento>. Manconi, che non è nuovo ad iniziative in sostegno delle persone non garantite, offre la disponibilità di affidare ad alcuni avvocati, suoi consulenti, “la stesura (gratuita, ovviamente) del ricorso, considerando che il ricorso stesso deve essere accompagnato da una documentazione riguardante la vicenda: nel suo caso, almeno dal decreto di archiviazione del tribunale di Lecce”. Un altro sipario cala, dunque, su una delle tante ingiustizie del presente. Non sarà mai più possibile risalire all’identità degli eventuali assassini di Massimo. I familiari convocati per il riconoscimento del cadavere, notarono su di esso strani lividi. Questo elemento, unito all’ottima salute del 23enne arrestato perché ritenuto responsabile di una rapina, aprirono l’inquietante ipotesi di un pestaggio, di cui il giovane sarebbe rimasto vittima. Tutto da cancellare. Massimino “Nanà” non aveva un cognome importante.
Claudio Dionesalvi
Il Domani, 4 aprile 2000

striscione per Nanà a Lecce

(striscione esposto dagli Ultrà Cosenza in trasferta a Lecce per chiedere verità e giustizia sulla morte di Massimo Esposito)

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