Il nuovo giornalismo senza paura, sulla scia di Alessandro Bozzo

A marzo piove spesso su Donnici, briosa località della presila cosentina. È una pioggerella fredda, di quelle amate da Alessandro Bozzo, giornalista calabrese dagli occhi sottili, le movenze e il viso delicati alla John Lennon. Alessandro coltiva miti e utopia delle culture nord europee, spalanca le palpebre e flette il proprio capo all’indietro ogni volta che qualcosa lo meraviglia. È fine e riservato, la sua scrittura ne riflette l’indole: tenue, garbata, sobria. Eppure riesce ad essere molto incisivo quando s’indigna. Ha un insidioso hobby: punzecchiare i potenti, graffiandoli con ruvide pennellate d’inchiostro. Quelli lo ricambiano a suon di minacce e lettere anonime. Capace di enormi slanci affettuosi, ma pure di stilettate ironiche che ti lasciano barcollante, Alessandro accumula anni di gavetta tra le redazioni di mezza regione. “Se vuoi fare davvero il giornalista, devi parlare poco e ascoltare tanto”, ripete spesso. E lui, quando confeziona inchieste sulla propria terra, studia fiumi di documenti, ascolta scrupoloso ogni singola fonte, spalma i pensieri sulla carta come un rullo asfaltatore. Ne scova tante di verità scomode. È uno dei primi a capire che nella Sibaritide, in provincia di Cosenza, il legame uterino tra criminalità, politica e notabilato locale, è talmente forte da asfissiare la vita pubblica.
Il giornalista Bozzo ha lavorato per anni nella redazione del quotidiano Calabria Ora, poi rinominato l’Ora della Calabria. Nei periodi di magra, all’interno dei giornali come in qualsiasi posto di lavoro, i sacrifici peggiori gravano sugli operai dell’informazione: i cronisti. Così per anni Alessandro vive l’incubo di milioni di padri di famiglia: rimanere senza reddito. Nel 2012 il suo contratto di lavoro passa da indeterminato a determinato. Anche gli altri suoi colleghi fanno sacrifici, rinunciano agli scatti d’anzianità e forfettizzano le domeniche. Il sindacato FNSI brontola, però non alza troppo la voce. Per Alessandro inizia un conto alla rovescia. In una delle più profonde delle sue Operette Morali, Giacomo Leopardi mette in bocca a Porfirio, aspirante (…), una battuta che gela l’interlocutore Plotino, intenzionato a dissuaderlo dal tragico proposito: “(…) ti dirò che questa mia inclinazione non procede da alcuna sciagura che mi sia intervenuta, ovvero che io aspetti che mi sopraggiunga, ma da un fastidio della vita (…)”. Alessandro Bozzo (…) il 15 marzo del 2013 (…). (…) trasuda amore nei confronti delle persone care e dei colleghi di lavoro. Nelle settimane successive, il ritrovamento dei suoi diari porta all’apertura di un’inchiesta giudiziaria. Sono pagine che raccontano tutto il dramma di vivere la condizione di precarietà permanente nella redazione di un giornale calabrese. Nell’ottobre prossimo, sarà celebrato il processo che vede imputato l’editore di Calabria Ora, Piero Citrigno, del reato di violenza privata nei confronti di Alessandro. La sua vicenda umana e professionale, l’ondata di indignazione seguita al tragico epilogo, hanno liberato le coscienze di centinaia di giovani cronisti dalla paura.
L’ultima Ora della Calabria 
La morte di Alessandro segna il crinale dell’annata più nera del giornalismo calabrese. Di recente ha suscitato scalpore il caso del senatore Tonino Gentile, del Nuovo Centro Destra, dimessosi dall’incarico di sottosegretario del governo Renzi, in seguito al moto di indignazione generale scaturito dalla pubblica denuncia dell’editore e del direttore de L’Ora della Calabria. I vertici del giornale avrebbero infatti subito pesanti pressioni, fino al boicottaggio della rotativa, miranti a censurare la notizia del coinvolgimento del figlio di Tonino Gentile, l’avvocato Andrea, in un’inchiesta giudiziaria sulle consulenze d’oro all’Asp di Cosenza. È lo scandalo del “cinghiale ferito”, dalla celebre definizione adottata dal presidente di Fincalabria, Umberto De Rose, nella telefonata con cui cerca di convincere l’editore Alfredo Citrigno ad epurare la notizia dalle pagine del giornale, di cui il De Rose stesso è stampatore, pur di non far torto al Gentile.
Tormentatissima è l’epica del quotidiano L’Ora della Calabria: quattro direttori in pochi anni, un’inchiesta della Guardia di Finanza sull’ipotesi di bancarotta, tre travasi di proprietà da una società all’altra. La situazione si è complicata, e non poco, dopo la recente condanna dell’editore Piero Citrigno per usura, cui è seguito il sequestro dei beni, in seguito a vicende estranee all’attività del giornale. Oggi proprietario è il figlio di Piero, Alfredo Citrigno. È stato lui, pubblicando sul web la registrazione della telefonata con Umberto De Rose, a ribaltare la cappa di silenzio che stava per calare. Un atto di insubordinazione, quello di Citrigno JR, ispirato ed amplificato da un gesto altrettanto insolito, compiuto dal neodirettore de l’Ora della Calabria, Luciano Regolo, che ha spiattellato tutta la trama in conferenza stampa. Non è la prima volta che un direttore di Calabria Ora si ribella ai diktat. Accadde anche nell’estate 2010, quando nel periodo di suo maggior fulgore, nessuno avrebbe osato guastare la festa al neoeletto governatore Peppe Scopelliti. Ci provarono i cronisti di Calabria Ora, scrivendo pagine pepate. All’epoca, a capo del giornale c’era Paolo “Pulp” Pollichieni, direttore di ferro. I padroni dell’Ora avevano interessi nella sanità e non volevano guastarsi i rapporti con Scopelliti. Su Pollichieni furono esercitate le rituali “pressioni”. Quindi si dimise o fu silurato, dipende dai punti di vista. Di certo, insieme a lui fuoriuscirono molti giovani e validi redattori che sotto la sua guida hanno dato vita al settimanale Il Corriere della Calabria, il primo ad aver pubblicato sul proprio sito, la mattina del 18 febbraio scorso, la notizia del coinvolgimento di Gentile JR nell’inchiesta sulle consulenze all’Asp, mentre gli altri giornali facevano finta di non sapere, prendevano “involontariamente un buco” oppure riportavano i fatti tra le righe, senza risalto.
Oltre il labirinto
Che cosa hanno in comune le storie di una giornalista perseguitata, un parroco blogger minacciato, una notizia censurata perché infastidirebbe i potentati locali e un giovane cronista sputato in faccia da un “patriarca” socialista? Forse tutti questi episodi raccontano lo sforzo e la difficoltà di fare informazione in Calabria? Dall’inizio del decennio, una delle prime a subire attacchi dall’alto è stata la giornalista Rosamaria Aquino, tra le promotrici, tre anni fa, del movimento Oltre il Labirinto, originatosi sul web e tracimato nelle piazze per lottare a viso aperto contro la precarietà. Molti degli attivisti del movimento erano ex giornalisti. I problemi veri però per lei iniziarono quando sulle pagine del quotidiano per cui lavorava, osò scrivere inchieste sugli appalti per la riqualificazione della centralissima piazza Bilotti, a Cosenza. Pressioni e minacce! Rosamaria e il noto influencer cosentino Michele Santagata, che mediante i social network aveva lanciato per primo la controinchiesta sugli appalti, sono stati costretti a subire interrogatori, convocazioni e sospetti infondati, in questura come altrove, proprio da parte dei soggetti istituzionali che in teoria avrebbero dovuto tutelarli.
In fuga dai giornali
Intanto, a Dònnici, Don Tommaso Scicchitano si prepara all’omelia con cui sabato 15 marzo commemorerà Alessandro Bozzo. Parroco coraggioso, Don Tommaso è molto attivo contro il progetto del comune di Cosenza, che vorrebbe realizzare in loco un centro di raccolta dei rifiuti differenziati. Secondo il Comitato Difesa del Territorio di Donnici, diventerebbe invece l’ennesima discarica per assorbire le infinite emergenze dei rifiuti in Calabria. Così anche Don Scicchitano, che non si limita a parlare dal pulpito ma gestisce un blog, sta subendo il solito “trattamento” a suon di minacce più o meno esplicite. Non è casuale l’attivismo on line di un parroco. I quattro principali giornali calabresi, tre dei quali hanno sede centrale a Cosenza, viaggiano con contratti di solidarietà, attingendo agli ammortizzatori sociali. E così, per necessità o libera scelta, sta avvenendo un lento esodo dalle testate tradizionali. Decine di cronisti scelgono di tuffarsi nel web, dando vita a blog e portali frequentatissimi. Mmasciata, newsdicalabria, cosenzachannel, radiopopolarecatanzaro, sono alcuni tra i tanti indirizzi che stanno conquistando un’utenza invidiabile, numericamente secondi solo al successo del sito curato dal Corriere della Calabria che si è guadagnato credibilità a suon di impietosi corsivi contro il malgoverno regionale e lucide inchieste su temi roventi. L’ultimo dei suoi redattori a farne le spese, poche settimane fa, è stato il giovane Antonio Ricchio, sputato in faccia dal consigliere regionale del PD, Sandro Principe. È evidente dunque che regna un certo nervosismo tra le teste di marmo della politica cosentina. Ci sono meno risorse pubbliche disponibili, non si respira più l’idillio tra le famiglie Gentile, Adamo, Principe, Morrone. E non se la passano bene neanche quelli come l’editore Piero Citrigno, abituati a vivere all’ombra del potere. Tutti devono fare i conti con una nuova generazione di blogger, auto editori, mediattivisti, giornalisti non asserviti, che dentro e fuori le redazioni dei principali media regionali, esprimono una travolgente rivolta esistenziale. Sono libere teste pensanti in lotta per la dignità, nel solco scavato da Alessandro Bozzo. Sabato 15 marzo, a Cosenza, nel teatro dell’Acquario, la sua figura sarà ricordata in occasione della presentazione di un libro a lui dedicato. Il volume raccoglie scritti dei suoi colleghi ed amici più cari in un’antologia di storie della libertà di stampa negata.
Claudio Dionesalvi
il manifesto, 13 marzo 2014

 

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