Malasanità, un amaro ritornello

Ritorna il coro delle voci di protesta, che periodicamente si levano per la grave situazione in cui versano le persone sottoposte a dialisi. Questa volta è la famiglia del signor Gianni P., deceduto la settimana scorsa dopo tanti anni di sofferenze, a narrare le proprie disavventure. Era stato ricoverato nel reparto nefrologia dell’ospedale civile dell’Annunziata. La moglie del defunto racconta, senza polemica, ma con l’amarezza di una cittadina priva dei diritti elementari, la triste storia del congiunto scomparso.
«Per poco più di una settimana – dice – mio marito ha usufruito del servizio assistenza, messo a disposizione dal nosocomio di Cosenza. Successivamente, una volta dimesso, è stato assegnato all’ospedale di Paola, a causa della arcinota carenza di posti disponibili in città. La storia di mio marito è identica a quella degli altri malati che sono costretti a sostenere il peso morale e fisico di faticosi viaggi in provincia per sottoporsi a dialisi. È veramente assurdo assistere a questo indegno spettacolo: i dializzati affrontano le intemperie, il freddo delle mattine invernali e gli sbalzi di pressione. Mio marito si alzava alle 6, per essere prelevato alle 7 dai due volontari che con l’autoambulanza lo accompagnavano all’ospedale di Paola. Questi disagi hanno aggravato la sua situazione, in quanto soffriva molto il freddo. Ma la vicenda del signor Giovanni ha attraversato fasi alterne, prima del tragico epilogo. Quali sono – si chiede la moglie – i criteri che vengono usati per assegnare i posti in dialisi? E soprattutto chi è che dispone di questi criteri? Quando gli è stato assegnato il posto a Paola, nessuno ha tenuto conto dei suoi tre anni di anzianità dialitica? È  mai possibile che la gravità delle condizioni di salute di mio marito non sia bastata a garantirgli il servizio di dialisi all’interno dell’Annunziata? Era disabile e, come tutte le persone che devono sopportare situazioni di menomazione fisica, era soggetto a piccole e grandi umiliazioni. Per esempio, a Cosenza il reparto di nefrologia è sprovvisto di servizi igienici idonei ai disabili. La carrozzella non entrava nel bagno, in quanto l’ambiente misura pochissimi metri quadri e non è capace di contenerla. Il personale paramedico non è esperto e alcuni sono completamente incapaci di assistere un soggetto non autosufficiente. Durante la notte, le famiglie devono assumere assistenti privati, sostenendo anche costi molto elevati».
La denuncia pubblica della donna si estende al contesto generale della qualità dei servizi: «Non capisco il ruolo dell’assistente sociale nell’ospedale, che è limitato alle comunicazioni tra l’ammalato e il primario. Fa da tramite, ma non va al di là di questa funzione». Lo sfogo si conclude con una critica all’apparato organizzativo dell’ospedale: «Non è ammissibile che i quattro posti d’urgenza vengano convertiti, com’è accaduto, in posti ordinari, perché in questo modo si esclude la possibilità di soccorrere un malato che ha l’urgenza di sottoporsi a dialisi». Infine, da registrare un altro episodio poco chiaro. Nella notte tra giovedì e venerdì è deceduto, nel letto di casa, Giovanni Pellegrino, 57 anni, impiegato dell’azienda ospedaliera. L’uomo era stato ricoverato nel reparto cardiologia dell’ospedale civile di Cosenza, perché colpito da un infarto il 26 dicembre scorso, ma dall’Annunziata lo avevano dimesso una settimana fa. Era in attesa di esame coronografico, che forse, se eseguito in tempo, avrebbe fornito ai medici un quadro esatto della situazione, dando ai sanitari la possibilità di effettuare un intervento chirurgico.
Claudio Dionesalvi
Il Domani, 23 gennaio 1999

No Comments Yet.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *