Le leggende della cantina del Rizzo

La cantina del Rizzo è un romantico rifugio dove consumare del buon vino e il miglior spezzatino di maiale della costa tirrenica cosentina.
A poche centinaia di metri, in parallelo, scorrono la strada statale, i binari, la spiaggia, il mare.
Il re Nettuno scelse di ambientare qui una brutta storia, quando in una notte di dicembre del ‘90, durante una tempesta, sospinse sulla spiaggia di Amantea una nave abbandonata, di colore rosso. Nelle ore successive, una serie di coincidenze, strani avvenimenti e personaggi oscuri si materializzarono intorno a quel relitto. Questo fatto fece intuire al genius loci ch’era avvenuto qualcosa di tremendamente losco.
La nave, destinata ad affondare al largo, sarebbe finita invece sulla costa a causa di un’imprevista mareggiata, e avrebbe trasportato, nonché scaricato in zona, un carico misterioso. Rifiuti tossici o scorie radioattive!
Fu quello l’iniziò di un thriller, esploso però a scoppio ritardato. Quindici anni ci sono voluti perché le carte dell’inchiesta giudiziaria relativa a quell’episodio tornassero alla procura competente; perché una commissione parlamentare ascoltasse quanto avessero da raccontare i testimoni; perché i macromedia cominciassero a parlare di intrighi internazionali e devastazione ambientale.
I ‘Mantiùati, comunque, hanno sempre avuto le idee chiare. Lo sanno bene gli avventori della cantina del Rizzo. “Ma quale Jolly Rosso e Jolly Rosso. Io a quest’ora, se non mi avesse morso un cane, sarei a Messina al seguito dell’Atalanta. Gli atalantini sono fratelli nostri”. Fabio ha 35 anni, è amanteano da infinite generazioni, e nella vita fa l’ultrà.
Tra i supporters bergamaschi e la splendida cittadina del basso tirreno cosentino c’è un’affinità elettiva sbocciata spontaneamente. Ogni anno molti giovani atalantini scendono a villeggiare ad Amantea. Numerosi ragazzi amanteani ricambiano seguendo la squadra neroblu.
Ma se il gorgo massmediatico e l’ombra purpurea di quella motonave continueranno ad avvelenare le coscienze dei villeggianti, c’è il rischio serio che l’estate prossima ad Amantea scenderanno solo gli atalantini. Almeno quelli, notoriamente, pur di difendere i propri miti, sarebbero capaci di sfidare qualsiasi minaccia.
Già, ma gli altri diecimila villeggianti che da sempre sbarcano quaggiù? Che faranno? Una mezza verità fa più danni di una fesseria intera. E siccome la procura non ha niente in mano, la verità rischia di rimanere dimezzata.
Domande e dubbi che tormentano tutti.
Fabio non vive di turismo, eppure della sua terra conosce ed ama pure le viscere. Oggi è uno stimato insegnante. Nel ’90, quando la stramaledettissima motonave si strofinò sulla sabbia di Amantea, oltre a fare l’ultrà, scriveva per una testata poi passata a miglior vita: “L’Inserto di Calabria”.
Se lo ricorda benissimo. “Avemmo subito la sensazione che all’interno ci fosse qualcosa di losco. Cercai di saperne di più. Mi dissero che la vicenda era da considerarsi chiusa”. Prima d’essere dirottate a Reggio, dove saranno accorpate agli atti di un’altra inchiesta aperta per un episodio analogo, le carte stazionarono sulla scrivania di un pubblico ministero che, poco più di un decennio dopo, conoscerà una discreta notorietà. Il Pm Domenico Fiordalisi, assurto alle cronache per essere il titolare dell’inchiesta Noglobal, operava già. Attualmente, ad indagare sul caso della motonave è il dottor Greco della procura di Paola. I cronisti si chiedono come mai il medesimo tribunale che nel ’91 dichiarò di aver trovato nei container trasportati dalla Jolly Rosso “sostanze alimentari e generi di consumo”, oggi batta la pista delle scorie inquinanti. La risposta potrebbe essere custodita nelle parole del magistrato ispettore Francantonio Ganero, che proprio in quei giorni, nell’ambito di un’inchiesta disposta dal ministero di Grazia e Giustizia per fatti non concernenti la vicenda Jolly Rosso, a pagina 286 della relazione, trattando proprio la posizione del Fiordalisi, scrive: “Si è già osservato che il problema dell’affermazione del proprio potere, difficile da cogliere e soprattutto da far emergere probatoriamente in maniera inequivoca, attraversa e impronta di sé tutti i comportamenti dei sostituti della procura della Repubblica di Paola ed anche quando non si riesce a tipizzarlo in un singolo fatto disciplinarmente rilevante, è un grave elemento di compromissione del corretto funzionamento di quell’ufficio che lo scrivente ritiene di dover segnalare”.
Da quel tempo, in Amantea, sono circolate solo moderne leggende marittime. La saggezza popolare è pervenuta ad autonome conclusioni. Se nei centri limitrofi la gente rispecchia lo stereotipo del calabrese che sorride poco, i ‘Mantiùati invece, a differenza delle altre comunità locali un po’ musone, dietro occhi mediorientali sfoderano ospitalità greca. Sono abituati a mescolarsi col turista. Basta fare una passeggiata, per captarne le rivelazioni. Si sussurra di famiglie che facevano la fame prima di quell’inverno, ma poi improvvisamente si arricchirono. Si attribuisce ai politici ed alla locale malavita, che avrebbero avuto certamente un ruolo, una sorta di ignoranza sulla presunta entità nociva di quei container. Insomma, colpevoli sì, ma forse sostanzialmente inconsapevoli.
Vittorio è un operaio quarantenne e ha una sua versione dei fatti: “Qui la storia di quella carretta l’abbiamo sempre saputa. Se danno c’è stato, ormai è tardi. Minchia, nun simu mùarti intra 14 anni, nun murimu mò. Speriamo solo che si sbrighino a fare chiarezza. E poi ci sono altri problemi che rischiano di passare inosservati. L’erosione costiera, per esempio. Negli ultimi decenni, hanno buttato cemento ovunque. Adesso il mare si è fatto sotto, e i bracci di massi e detriti che si stanno costruendo a protezione del litorale, rischiano solo di peggiorare la situazione”.
Meno rassegnato è Pino Posteraro, esponente del comitato “Natale De Grazia”, intitolato all’ufficiale della capitaneria che perse la vita in circostanze poco chiare, proprio mentre indagava sul caso: “Alla manifestazione del 10 dicembre scorso hanno aderito tantissimi cittadini, nonché rappresentanti delle istituzioni locali. La forza e la voglia di chiedere verità ci sono. Abbiamo fretta che emerga. Recentemente è stata presentata un’interrogazione in consiglio regionale. In essa si chiede che i siti di località Foresta e Grassullo, in cui sarebbero stati depositati questi rifiuti radioattivi, siano al più presto bonificati. Il consiglio regionale ha votato una mozione favorevole. Non possono tirarsi indietro”.
Pochi mesi mancano alla scadenza del tempo che la giustizia si concede di norma per lavorare. Poi, della nave Jolly Rosso resteranno per sempre solo spettri. E certi fantasmi sono difficili da scacciare.
Claudio Dionesalvi
CARTA settimanale, 7 gennaio 2005

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