Caro professore, a proposito del suo libro Lettere Minuscole

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Cosenza, 14 settembre 2023
Caro professore,
le scrivo una lettera perché so che quando parlo faccio fatica a mettere in ordine i pensieri e spesso, presa dall’emozione, dimentico qualcosa o a furia di dilungarmi annoio chi mi ascolta. Spero che mi perdonerà, quindi, se le chiedo di dedicare un po’ del suo tempo alla lettura di alcune mie considerazioni sul suo ultimo romanzo, “Lettere minuscole”.
1. Accio
Accio ed io siamo proprio in sintonia. Come lui, mi sento agitata dalla frenesia del viaggio e della scoperta, e allo stesso modo, appena volto le spalle alla mia città, avverto “un impulso irresistibile di farvi subito ritorno”: è attraente l’immensità del mondo, però fa anche tanta paura, e talvolta solo tornare nei luoghi di sempre permette di sentirsi al sicuro. Accio, poi, porta con sé il vuoto del lutto ed è corroso dal dolore, così tutto gli appare inutile ed è convinto, almeno all’inizio, che qualsiasi sforzo sia vano perché tanto ogni cosa è destinata a finire. Questo è un problema comune tra noi giovani d’oggi. Viviamo in un eterno presente, ormai convinti che il futuro non ci riservi niente di bello, ed è per questo che molti sono demotivati, privi di morale e di sogni. È importantissimo invece trovare un motivo per cui valga la pena svegliarsi la mattina e darsi da fare e io sono davvero convinta che se ci è riuscito Accio, che ha sofferto come un matto, allora potrà farcela anche qualche altro sciagurato. Forse, alla fine, non tutti riescono nell’impresa, ma il tentativo è necessario.
Accio è diventato per me un simbolo di ostinazione, valore e rinascita.
  1. La maestra Lorena.
La maestra Lorena è senza dubbio il mio personaggio preferito. Donna cinica e audace, sa come farsi rispettare e come far valere le proprie idee. Nel suo caso, l’accanimento contro i giovani non nasce dalla voglia di infangare la generazione d’oggi per innalzare i tempi antichi; piuttosto la sua è un’amara rassegnazione. In quest’epoca, infatti, c’è la terribile tendenza di complicare ciò che è facile, magari con delle diciture insensate, e di rendere superficiale ciò che merita importanza, come i rapporti umani. Lorena lo ha capito benissimo e vive con profonda frustrazione la condizione del mondo corrente. Inoltre mi è piaciuta la sua continua attenzione nei confronti della tecnologia. La maestra sa che la tecnologia serve e che bisogna farne buon uso, quindi non si chiude in un rifiuto totale e non rigetta i tempi moderni: semplicemente fa scelte consapevoli. Sono riflessioni che giungono proprio nel periodo giusto per me, perché mi viene sempre l’ansia a causa dei social. Penso a come tutto ormai diventi pubblico, a come sia semplice diventare un bersaglio su internet, a come i pensieri vengano condizionati da ciò che compare sulle bacheche di Instagram, Facebook, Tik Tok. La maestra Lorena, allora, è una finestra che affaccia su un paesaggio realistico, in cui non si vede solo lo splendore di un centro città, ma anche il degrado e l’abbandono dei vicoli più nascosti.
  1. L’amore con Ariella.
Ariella è un’altra tipa tosta. Stare vicino ad una persona che soffre non è per tutti perché c’è il rischio di utilizzare le parole sbagliate, di non comprendere appieno il dolore, di ignorare il necessario e valorizzare il superfluo. Ariella si limita ad essere presente. C’è, sta al fianco di Accio, non lo fa sentire solo e non lo illude, anzi cerca solo di fargli vedere la realtà. La loro relazione, però, non è immune dalla precarietà odierna. Dire che sono fidanzati è veramente troppo, implicherebbe la perdita di una certa libertà, quindi preferiscono definirsi amici, magari mossi da una particolare passione. È curioso il loro rapporto. Mi fa pensare all’amore liquido teorizzato dal sociologo Bauman, ma è qualcosa di più intenso. È come se nei due ci fosse il desiderio mescolato al timore. Io spero sempre prevalga il desiderio.
  1. Il sugo di Maria.
Maria, vecchia amica e vicina di Lorena, durante i bombardamenti del 12 aprile 1943 non vuole abbandonare la casa in cui abita perché il sugo sta cuocendo sul fuoco. A me questo dettaglio è piaciuto da impazzire per il semplice fatto che nella mia testa si è catapultata l’immagine di ‘sta ragazza di diciott’anni, disperata per il sugo e intenzionata più che mai a rimanere nella sua abitazione per salvarlo, ché “l’aveva preparato con tanto amore”. È la semplicità dei gesti che suscita in me la malinconia dei tempi passati e Maria ne è l’emblema. A costo di rimetterci la vita, lei non avrebbe mai buttato via un qualcosa fatto con amore. Avrei voluto conoscerla.
Mugnune è resistenza. Non ha smesso mai di fare il suo lavoro, né con la pace né con la guerra. Come tutti ha avuto paura e ha sperato che le cose andassero meglio, ma non è mai stato fermo. Si è innamorato di Maria, ha cercato di raggiungerla anche a costo di finire vittima dei chiacchiericci delle cummari e in fin dei conti, tra malintesi e proibizioni, è riuscito a conquistarla. Durante la seconda guerra mondiale, le parole dei soldati arrivavano di famiglia in famiglia anche grazie a lui. Un grande uomo.
  1. Giorgio, Rosaria, Terenzio, il professore Claudio.
Non bisogna poi dimenticare Giorgio, che ha aiutato Accio a distrarsi dal dolore per impegnarsi poi nell’impresa delle lettere; Rosaria, che ha condotto un grande lavoro ed è stata un fulmine al ciel sereno nella risoluzione del mistero; Terenzio, che ha avuto una continua voglia di far qualcosa per gli altri e non è tanto fastidioso come sembra; il professore Claudio, che a distanza di anni è ancora estremamente stimato da un suo vecchio studente. Ognuno, insomma, nella storia ha avuto un suo ruolo e una sua importanza.
Considerazioni finali.
Lei ha scritto che “di notte, i cattivi pensieri diventano zanzare in agguato sulla parete” e questo romanzo, letto nella notte tra il 13 e il 14 settembre, è stato per me come una di quelle “racchette elettriche di fabbricazione cinese” che scacciano via le zanzare e mi consentono di dormire. Non capita tutti i giorni di poter leggere su un libro il nome della propria città, delle proprie strade e della propria gente e io le sono veramente grata per aver pubblicato questa essenza delle olive, che entra nel cervello, nei pori della pelle e non se ne va mai più. Avrei voluto dirle tanto altro, ma credo che non sia necessario. Io so soltanto che non prendo mai alla leggera i consigli dati dalle persone che apprezzo e appena lei, il giorno del matrimonio di Mititti e Gaspare, mi ha detto che le sarebbe piaciuto che leggessi il suo libro, ho pensato subito di catapultarmi in libreria.
PS: Di persona ogni tanto le do del “tu”, nella lettera sempre del “lei”. Non ci capisco niente, gliel’ho detto che quando parlo faccio confusione. Almeno nella lettera mantengo un tono cordiale (che, ammetto, non sempre mi appartiene). Avrei voluto anche scrivere la lettera a mano, ma credo di essere confusionaria anche nella grafia. Mi perdonerà, spero.
Grazie tante,
Serena Gabriele
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