L’amore al tempo dei call center

Nell’area urbana di Cosenza la globalizzazione è andata a concentrarsi tutta in un fazzoletto d’asfalto, tra la cosiddetta zona industriale di Rende e lo svincolo autostradale di Montalto Uffugo. Se si vuole comprendere quanto sia stata fallimentare a sud del Pollino l’ideologia “sviluppista” propinata come orizzonte unico, per lunghi decenni, dai sindacati confederali, dal PCI-PDS-DS-D, bisogna percorrere questi dieci chilometri quadrati come in una via crucis.
Sul versante rendese, scorrono grossi capannoni della grande distribuzione, il ponte infinito dell’università della Calabria, l’ex legnochimica e il sito di stoccaggio dei rifiuti. Contrada Pianette è la più carica d’energia. Qui ci si imbatte nell’elettrodotto Laino-Rizziconi, di proprietà della multinazionale Terna. Con grande ironia, una settimana fa gli abitanti della zona ne hanno celebrato il quarto compleanno, segnalando l’impotenza e la rabbia di un’intera popolazion, raggirata da quanti hanno promesso che quei cavi perlomeno sarebbero stati interrati. Invece tralicci e fili elettrificati rimangono lì, sospesi, simboli di una modernità per niente remunerativa, come i vicini edifici “Blade Runner” che ospitano i call center. Imbottiti di carne umana lavorativa a basso costo, rappresentano i monumenti alla genuflessione di massa nei confronti di un capitalismo italiota che il ceto politico calabro ha spacciato per la soluzione al presunto male dell’arretratezza regionale. Quegli scatoloni assorbono precarietà, senza elargire ricchezza. Non sono né “net” né “new”. Nei call center di Montalto lavora un’umanità variegata, fatta di laureati senza astrazione, manovali cognitari, avvocatini senza tribunale e casalinghe senza casa. Tutti estranei a qualsiasi forma di cultura sindacale! In assenza di alternative, bussano alle porte di questi capannoni blindati, chiedono di essere impiegati come telefoni umani.
La civiltà d’impresa dei call center, in Calabria come altrove, è giuridicamente “moderna”… solo nei rapporti contrattuali. Sul piano sostanziale, la rivoluzione napoletana del 1799 sembra non essere mai avvenuta. Siamo in piena feudalità. Anche ai dipendenti di queste innovative società operanti via cavo, loro malgrado, capita di essere intruppati in lussuosi hotel all’approssimarsi delle elezioni. I datori di lavoro hanno bisogno di una mandria di sventurati da sfoggiare dinanzi agli occhi del politico-benefattore di turno. Lontani dalla costrizione delle cuffie e dei monitor, sono gli stessi operatori dei call center a raccontarsi:
“Chi lavora qui – spiegano – riesce persino a sognare. Gli operatori sognano qualcosa che sia più gratificante. A volte il rapporto tra colleghi è uno dei pochi palliativi che fa passare quei cinque minuti in cui non ce la fai più, nel miglior modo possibile. E da questi rapporti, molte volte, nascono simpatiche vicende che non è scandaloso definire “amorose”. Per il resto, violenza psicologica, mobbing, non mancano! Siamo un’umanità incollata forzatamente al telefono, costretta ad avere orecchie per tutti: dalla signora anziana che si sente sola e ti racconta che i suoi figli vivono fuori e lei ogni tanto cerca compagnia, alla donna isterica separata dal marito che urla come un’ossessa perché le manca un centesimo sul credito.
Come in qualunque altro luogo al mondo, si riesce anche ad innamorarsi. Per chi trova il tempo di guardare l’altro negli occhi, e trova il posto per farsi battere il cuore. Per chi dopo 4, 5, 6 ore di lavoro pensa di uscire a mangiare una pizza con quel collega che è diventato qualcosa di più. Incredibile, in assenza di relazioni sindacali, l’amore e l’amicizia appaiono come unici mezzi di sopravvivenza, lì dentro.
Al di là del fiore resistente del sentimento, che riesce a sbocciare dovunque, ci si può imbattere in situazioni difficilissime. La violenza psicologica – raccontano – è monopolio della proprietà d’azienda. Dalle richieste di turni extra, anche durante il giorno libero, alle volte in cui ti negano le ferie a Natale, in estate, a quando ti lasciano credere che il tuo collega, al pari tuo o forse anche meno bravo e meno presente, ha fatto chissà che cosa per essere assunto al posto tuo. Per non parlare delle urla che senti al telefono che ti inducono ad appioppare inutili offerte e promozioni a clienti ai quali non frega una mazza di tutto ciò, cercando di far passare una merdata come la cosa più bella del mondo. Difficile non farsi prevaricare da tutto questo. Fondamentale cercare di restarne fuori. Gli aneddoti, comunque, rimangono a volte un modo per evadere. Qualche esempio?
Una cliente con accento siculo, godeva di un’opzione che le permetteva di avere una tariffa fissa a 19 cent a telefonata indipendentemente dal tempo di conversazione; ad un tratto mi chiede: “Mi scusi, come faccio a sapere se spendo veramente 19 cent? Che calcolo devo fare”? La mia risposta: “Signora, al momento Lei ha 11 euro, se fa una telefonata ne spende solo 19, quindi deve sottrarre questi 19 cent alle 11 euro”. Lei ribatte seccata: “forse non mi ha capito, vorrei sapere che calcolo devo fare?!!” . Io: “Signora deve fare 11 euro (che è il suo credito al momento) meno 19…” Cliente: “Ah, è sicuro?”. Io: “Signora, faccia così, prima di fare una telefonata faccia il numero 4***** ed ascolti il credito, nel frattempo prenda carta e penna e si annoti il credito che le vien detto, dopodiché fa una telefonata di durata variabile, chiude e poi rifaccia il 4***** per sapere quanto le è rimasto”. Cliente: “Sì, ma ancora non mi ha detto che calcolo devo fare!!!”. Dopo otto minuti di sofferenza in cui tentavo di spiegare alla gentile cliente la scissione dell’atomo, i colleghi al mio fianco mi hanno consegnato il nobel per la pace, ed io in preda alla commozione ho premuto per “errore” il magico tasto “DROP” (che fa cadere la linea). Un’altra cliente, napoletana, in cerca di tariffe speciali a 2, 3 e 4 euro al mese: “Buongiorno, mi scusi non è che sul mio numero si può attivare la Pring1000 minuti vs fissi?” Io: “sì signora, controlliamo subito, mi fornisce il suo numero? (mi dà il numero). Allora signora al momento non la vedo presente quest’offerta, aspetti che effettuo un altro controllo su un altro elenco… ecco qua, signora, trovata, sì, si può attivare… ” bong!!! cade linea… Io: azz, la richiamo… “pronto signora sono sempre io, l’operatore con cui stava parlando, è caduta la linea…” Cliente: “Lei non è un operatore, lei ha le ali (Gulp) lei è un angelo, mi ha richiamato”. Io: grazie signora, dovere, beh… allora? La vuole attivare questa 1000 minuti? CLIENTE: “magari fossero tutti come lei (più tutta una serie di complimenti all’azienda e bla bla bla di circostanza), sì grazie me l’attivi”. È tale il mio stato d’incredulità rispetto ad alcuni comportamenti dei clienti, che non avrei mai immaginato prima di riscontrarli personalmente. La cosa strabiliante è la doppia immagine che i clienti hanno dell’operatore: da un lato l’immensa sfiducia e la poca cordialità (quasi se si parlasse con una voce robotizzata). Dall’altro la fiducia incondizionata (a volte) dei clienti, soprattutto persone anziane o poco avvezze alla tecnologia che ti trattano quasi come un familiare. A volte trovi clienti cortesi e simpatici, altre volte maleducati e scontrosi… ancora ricordo quando una sera di agosto mentre lavoravo, parlavo con una cliente che era molto adirata e che ha esordito la sua chiamata dicendo come faccio a parlare con un operatore del Nord? Che voi del sud siete dei terroni superbi e ignoranti… sai che gli ho risposto io? Noi del sud siamo fieri di essere del Sud… anche perché se tutti quelli del Nord sono presuntuosi e superficiali come lei… e poi dopo averle dato tutte le informazioni che mi ha richiesto, sai che mi ha detto? Mi scusi signorina…”.
I sentimenti e le relazioni umane, dunque, sono gli inquantificabili parametri di sopravvivenza nell’angustia di un ritmo di vita e di lavoro dettato dall’alto. Gli scienziati lavoristi calabri, sacerdoti dello sviluppo a tutti i costi, si sarebbero mai aspettati che nella Montalto siliconata, in mezzo al deserto che loro hanno voluto e spianato, tanti uomini e donne impiegati a precarietà illimitata, avrebbero trovato sollievo… nell’amore?
da Appunti di Sopravvivenza, 9 novembre 2009
sui 105,700 di Radio Ciroma
www.ciroma.org
Claudio Dionesalvi

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