Calabria, il villaggio ecosostenibile svenduto all’asta

L’hanno messa in vendita. Tecnicamente si tratta di una «procedura competitiva». All’esito della quale verrà acquisita dal miglior offerente. O, più probabilmente, dal peggiore. Perché la Gioia del Tirreno è ben più che un (ex) villaggio turistico sulla Costa degli Dei, comune di Marina di Nicotera, a due passi da Tropea. È parte del patrimonio paesaggistico ed architettonico della nazione.
MA NELLA «NAZIONE», tanto decantata dalla premier Giorgia Meloni, dal ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano e dalla loro compagnia, per questo bene culturale pare non ci sia posto. Una lettera è stata inviata dall’associazione Pietro Porcinai al palazzo romano di San Michele a Ripa, sede del Mic, poche settimane fa. Forse il ministro non l’avrà neanche letta. Di sicuro non ha risposto. Eppure un altro turismo fu possibile. Ma riavvolgiamo il nastro al 1968. Finanziato dalla Cassa del Mezzogiorno con la legge 717/65, progettato dall’architetto Pierfilippo Cidonio e dall’insigne paesaggista Pietro Porcinai, il complesso turistico rimase in attività dal 1972 al 2011. Sorge in un luogo incantevole. Acque cristalline lambiscono spiagge racchiuse tra scogliere.
UN TRATTO DI MARE tanto attraente da meritarsi il nome di Costa degli Dei. Un litorale sabbioso e bianchissimo. Le lingue turchesi del Mar Tirreno penetrano tra le rocce scabre, punteggiate qua e là da arbusti e fiori selvatici. All’orizzonte lo scenario abbraccia la pianura e il mare, l’Aspromonte e l’isola di Stromboli, le Eolie e le coste della lontana Sicilia. È il paradiso dei sub, degli amanti della gastronomia meridiana, dei diportisti che in quest’area del Mediterraneo trovano porti sicuri e paesaggi ellenici.
L’OPERA DI PORCINAI, prima Club Méditerranée e poi Valtur, è considerata particolarmente innovativa dal punto di vista architettonico per la virtuosa integrazione della struttura con un contesto naturalistico unico. La Gioia del Tirreno è in simbiosi col paesaggio: la circondano una pineta lunga tre chilometri e una distesa di agrumeti. I progettisti realizzarono ampi cortili-giardino collegati da percorsi pedonali verso la pineta e il mare, un sistema di dune con funzione di schermatura dai venti salsi per il controllo del microclima. «Un restauro della natura» amava definire la sua opera il paesaggista fiorentino.
«UNA GRANDE PERLA da raccontare e da godere» disse il celebre critico dell’architettura Bruno Zevi. Anticipò così, 50 anni fa, l’idea di turismo ecosostenibile. Per decenni il villaggio ha rappresentato un importante volano economico per il territorio grazie ai posti di lavoro creati e all’indotto dei numerosi turisti fino alla chiusura, nel 2011. Dal 2016 l’associazione Porcinai ha denunciato le condizioni di abbandono della struttura attivando una campagna di sensibilizzazione istituzionale che, fra le altre cose, ha portato il Ministero dei Beni culturali a dichiarare l’ex complesso, con decreto ministeriale 186/2019, di particolare interesse paesaggistico e architettonico.
E POI È ARRIVATO ‘ndrangheta grand tour. Il processo, istruito dalla Dda di Catanzaro, denominato Rinascita-Scott, ha acclarato che le famiglie di ‘ndrangheta presenti sul territorio, tra cui i potenti Mancuso di Limbadi, avevano palesato mire volte all’acquisizione dell’ex villaggio. «Da intercettazioni telefoniche – si legge in un’interrogazione presentata alla Camera il 4 giugno del 2022 dal deputato dem Erasmo Palazzotto – emergerebbe il dominio della cosca Mancuso sul mercato immobiliare della zona». Altre interpellanze sono state depositate negli ultimi mesi dal senatore Nicola Irto (Pd) e dall’onorevole Annalaura Orrico (M5S).
È ARCINOTO che in tutta la regione l’accumulazione di immense risorse finanziarie, derivanti da attività illecite, negli ultimi due decenni ha spinto diverse ‘ndrine a investire nel nord Italia ed all’estero. I capitali rimasti in Calabria stanno invece fruttando in settori molto remunerativi come lo smaltimento dei rifiuti, le agenzie di scommesse, le cliniche private e, appunto, i villaggi turistici.
UNA DELLE AREE più aggredite dalla cementificazione criminale è il Tirreno cosentino, 150 chilometri a nord di Nicotera, dove schiere di appartamenti a forma di loculi, svettanti palazzine e villette costruite sulle spiagge e nei letti dei torrenti hanno deturpato interi tratti di litorale, reso impossibile la balneazione, alimentato l’erosione costiera che adesso minaccia le principali infrastrutture stradali e ferroviarie.
IN QUESTI TERRITORI desta sospetti la recrudescenza dello scontro tra bande criminali. Secondo gli osservatori più attenti, alcuni atti delittuosi accaduti di recente sarebbero riconducibili proprio a interessi sulla gestione delle strutture ricettive. A Lamezia Terme, poco a nord di Nicotera, incontriamo Nuccio Iovene. È il presidente della Fondazione Trame, l’importante festival dei libri sulle mafie. La fondazione è tra i promotori della campagna per salvare questo bene paesaggistico: «Tre anni fa al festival lanciammo una petizione per salvare e dare un futuro al villaggio. Chiedevamo, e la richiesta è ancora più fondata oggi che 15 ettari di terreno e relative pertinenze in uno dei tratti di costa tra i più belli della Calabria vengono messi all’asta al prezzo di un appartamento in centro a Roma, che governo e regione rilevino il bene dando vita a un progetto di rilancio turistico, sociale e culturale. Fu redatto anche un masterplan messo a disposizione del Ministero e recentemente pubblicato. L’iniziativa di questi giorni, i pronunciamenti di tante associazioni calabresi e nazionali hanno l’obiettivo di riaccendere l’attenzione su un bene straordinario e dalle grandi potenzialità ecoturistiche».
INVECE LA GIOIA rischia di finire all’asta. L’area tra Nicotera e Tropea, dove è situato Capo Vaticano, rimane una delle poche in cui pare che il turismo non abbia ancora avuto affetti devastanti. Come detto, la Gioia del Tirreno è attualmente in vendita. Il Fondo immobiliare Hospitality & Leisure, proprietario della struttura, è in liquidazione giudiziale. E nella procedura esecutiva la Gioia del Tirreno è all’asta. Non vi sono garanzie vincolanti sull’integrità dell’area e il prezzo base è davvero irrisorio: 1.252.000 euro. Un’inezia considerato il valore immenso del complesso. C’è il concreto rischio di demolizioni parziali o totali, di nuove costruzioni intensive e di interventi disorganici. E c’è il timore che possa finire inghiottito dai tentacoli delle cosche. Nicotera è stata sciolta per infiltrazioni ‘ndranghetiste per ben tre volte.
I PAESAGGISTI hanno scritto al ministro sollecitandone un intervento al fine di spingere il dicastero a esercitare il diritto di prelazione legale di sua spettanza nell’acquisto del bene. Ai sensi dell’art. 39 del Codice dei beni culturali il Mic e la regione Calabria, entrambi di centrodestra (il primo di Fratelli d’Italia, il secondo di Forza Italia), potrebbero acquistarlo a titolo oneroso al medesimo prezzo stabilito nell’atto di vendita. Onde evitare che finisca in mani sporche. Da Sangiuliano e dal presidente della regione Roberto Occhiuto per ora nessuna risposta.
Claudio Dionesalvi, Silvio Messinetti

il manifesto, 2 aprile 2024

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