Le pietre mute ma eloquenti dell’Amendolea

Arida è la fiumara dell’Amendolea nell’alba estiva di cicale. Eppure il rumore delle pietre trascinate dall’acqua impetuosa sembra di poterlo sentire. Ci sono luoghi dove asfalto e cemento mai dovrebbero arrivare. E non per un’intolleranza verso la modernità. Ma perché le strade percorribili da macchine e motociclette, si lasciano transitare da torme di idioti che trasportano plastica, schiamazzi, rifiuti di ogni genere. Così le vie carrabili permettono, anche a chi non dovrebbe ottenerlo, l’accesso a paesaggi meravigliosi. È sufficiente fare un giretto in Sila o sul Tirreno cosentino per cogliere gli effetti devastanti di un turismo divoratore, predatorio e cementifero: spiagge ridotte a paludi, discariche occasionali disseminate negli angoli più remoti. Lo spiegava bene pochi anni fa Francesco Cirillo in un suo documentario dal titolo: “Per me una frittura di gamberi e calamari”, ritratto pasoliniano dell’invadenza di visitatori impegnati solo ad abbuffarsi di cibi surgelati e riempire il paesaggio marittimo di pance traboccanti, indifferenti dinanzi al minimo stimolo culturale, propensi a inquinare vomitando scorie di un consumismo straccione. È il turismo che i nostri genitori, i nostri “operatori”, “imprenditori” e noialtri abbiamo accettato nei luoghi in cui siamo nati e cresciuti, nell’ultimo mezzo secolo. Una passeggiata con Francesco fino alle cascate del Marmarico a Bivongi, testimonia la maestosa bellezza di certi luoghi e l’importanza della loro parziale inaccessibilità.

“Uh, che bello questo posto! Peccato, però, che non sia valorizzato. Si potrebbe…”. Cambia lo scenario, ma non la sostanza. Un po’ più a sud, e pochi giorni dopo, Mimmolino Tramontana sbuffa, interrompe il turista con la schiettezza che lo contraddistingue, e severo contrasta la solita litania che da anni siamo costretti a sentirci rivolgere da visitatori padani convinti della potenza rigeneratrice del modello spiaggia di Riccione: “Eh no, non si potrebbe né si dovrebbe fare proprio un c… Qui viviamo così. Ci basta quello che abbiamo. Chi ci viene a trovare sa che non c’è campo e il cellulare non prende, per comprare le sigarette bisogna arrivare alla marina e la bottiglia in PVC non esiste proprio. Si beve acqua di sorgente”. Insieme a Giuseppe Putortì e Francesco Manglaviti, Tramontana è ideatore dei Percorsi Resistenti: visite guidate ai paesini delle aree grecaniche, risalendo la fiumara dell’Amendolea, lungo il versante jonico meridionale dell’Aspromonte. La meraviglia consiste proprio nella possibilità di dormire e camminare in una fiumara che, quando per effetto delle piogge intense si riempie, rivela una forza inimmaginabile. Profumi e colori di sublime intensità, chiacchierate con pastori accoglienti, ruderi di fortificazioni antiche, pietre che sanno raccontarsi e anche quando tacciono lasciano che a parlare per loro siano uomini e donne che la storia del territorio conoscono e trasmettono.
In Calabria esistono attività che per fortuna nessun POR potrà mai monetizzare, intelligenze di cui nessun politico usufruirà per foraggiare i suoi clienti. Il segreto però è lasciare che questi luoghi, paesaggi e intelligenze possano raccontarsi: impresa complicata in una fase storica incline all’esibizione e per nulla disponibile all’ascolto. Eppure risalendo i ripidi e tortuosi sentieri delle zone più nascoste di questa terra, ci si rende conto che la speranza è custodita in una parola sempre più difficile da pronunciare, un monosillabo che dovremmo ricominciare a inculcare ai più giovani. I colonizzatori ci convinsero a vergognarcene. Non a caso oggi i loro discendenti ottengono il consenso elettorale di un calabrese su cinque. Eppure, come risuona viva e dignitosa quella parola quando la si pronuncia nel fitto della boscaglia: “NO”!
Claudio Dionesalvi

 

1 Comment
  • Marco
    luglio 28, 2019

    Bellissimo, grazie.

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