Tra ultrà, piazza e conflitto

L’analisi delle sottoculture per interpretare i limiti del sistema sociale e il dualismo conflittuale con il potere. Il sociologo, scrittore, storico dei movimentie militante antifascista, Valerio Marchi, era un pensatore dalla visione lucida che raccontava
l’universo della strada guardandolo da un punto di vista inedito per un intellettuale: dal suo interno.
Deceduto prematuramente, il fondatore della libreria Internazionale di via Volsci, a Roma, ha lasciato un’importante eredità non solo a chi come lui si è sempre occupato di sociologia legata alle sottoculture urbane, ma anche al modo ultrà, mondo intorno a cui Marchi per molto tempo ha ruotato e sul quale ha inciso un segno profondo, grazie a diverse intuizioni, verificatesi negli anni, che lo hanno reso una figura di riferimento per quell’universo che di aggregazione sociale e di conflitto si nutre. Ecco perché la presentazione del suo libro “Il derby del bambino morto” (Edizioni Alegre), con premessa di Wu Ming 5 e aggiornamento del mediattivista Claudio Dionesalvi, avvenuta pochi giorni fa all’interno della struttura del centro sociale Rialzo, a Cosenza, assume oggi una dimensione ancora più epica, da scandagliare con particolare attenzione.
Claudio Dionesalvi, l’avvocato Giovanni Cadavero, i ricercatori Oscar Greco e Domenico Bilotti e lo scrittore Giuliano Santoro, hanno raccontato a una sala piena la figura di Marchi, partendo dalla loro amicizia personale con il sociologo. Al di là delle questioni più tecniche proprie del mondo ultrà, dalla tessera del tifoso al cosiddetto daspo (il divieto di accedere alle manifestazioni sportive), interessante è stato comprendere come – e su questo Marchi è stato precursore – le metodologie di repressione applicate alle tifoserie si siano successivamente spostate alle piazze, e la contestazione organizzata verso il potere abbia subìto e subisca ancora, da anni, quelle stesse tecniche di controllo militare e disgregazione sociale affinate dai governi in decenni di conflitto da stadio. Parallelismo interessante che fa capire come l’aggregazione critica e la contestazione (anche quando nascono intorno a un fenomeno ludico) siano percepite dal potere come pericolo.
“Il derby del bambino morto” racconta in particolare del di Roma-Lazio (Marchi era amico di molti ultrà della Sud romanista) e di come una notizia falsa, in questo caso la morte di un bambino, sia rimbalzata in pochissimo tempo nelle curve convincendo della sua veridicità migliaia e migliaia di persone, e abbia acquisito un’autorevolezza così forte da convincere la stessa massa a fare pressioni per bloccare l’incontro. Notizie false che amplificano problemi sociali dei quali le reazioni scomposte delle folle non sono altro che lo specchio. Notizie false che influenzano le masse per orientarle, così nelle curve come nelle strade e nelle piazze. Che il dilagare delle bufale propagandistiche all’interno delle piazze virtuali dei social network non siano altro che la normale evoluzione di questa strategia di manipolazione e controllo sociale?
Enrico Miceli
La Provincia di Cosenza, 22 giugno 2015

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