Di Cosenza ce ne sono due. Squadre di calcio

I più distratti, tra gli appassionati di calcio, potrebbero pensare d’aver bevuto troppo. Dando un’occhiata al calendario di serie D, sembra di veder doppio.
Paradossi del pallone: Cosenza ha lottato per dieci lunghi mesi, rivendicando il diritto, conquistato sul campo, di riavere una squadra nel calcio professionistico.
Adesso si ritrova con due distinte società, militanti nel medesimo girone del campionato nazionale Dilettanti. Identici i colori, il nome, il logo.
Cambia solo la storia.
La vecchia Spa 1914 si conferma indissolubilmente legata alle fortune ed alle disgrazie del suo patron, Pagliuso. È stata fatta resuscitare dopo un anno di ibernazione coatta.

pagliuso vattene

L’altra società, l’FC, era nata in fretta e furia nell’estate 2003 quando, in nome del Re, improvvisamente la città fu cancellata dal firmamento calcistico.
L’italico football è fatto a feudi. Nel castello principale, a Roma, un sovrano regnante s’è assunto la responsabilità di abbassare il ponte levatoio, sbarrando l’accesso ai 90 anni di storia del calcio cosentino.
In terra bruzia, serpeggia una certezza. Al “vassallo” presidente Paolo Fabiano Pagliuso, che per circa un decennio s’era aggirato sommessamente nelle stanze della corte pallonara, Franco Carraro non avrebbe perdonato qualche piccola debolezza. “Piccola”, si fa per dire. Ai patron, infatti, non è concesso finire in carcere spensieratamente. Firenze e Ancona già sanno.
E le speranze di riscatto si riducono a zero, se il presidente finisce in prigione perché risucchiato da un’operazione che l’antimafia calabrese ha voluto cinicamente, ma non a caso, dedicare al simbolo del Cosenza calcio 1914. Operazione “lupi”, appunto.
Ai vertici di Coni e Figc non importa che la società non fosse effettivamente fallita. Hai voglia a presentare ricorsi al Tar del Lazio!
Da quel 31 luglio 2003, nulla è cambiato. I cosentini erano andati in vacanza pieni di amarezza per la retrocessione dalla B, ma sicuri di ritrovarsi in C, e addirittura speranzosi in un ripescaggio, visto che il tormentone catanese lasciava intravedere un rivolgimento generale. Una mattina, però, seppero che debiti societari ed irregolarità procedurali impedivano al “1914” di accedere ad un qualsiasi campionato. All’epoca, il “Lodo” non era ancora nella mente di Petrucci. La nuova normativa riconosce il ruolo delle istituzioni locali nei casi di fallimento calcistico. Calabria all’avanguardia. Qui da sempre si invoca l’intervento della “politica”.
E allora tutti a rimboccarsi le maniche. Pochi tifosi credettero possibile il salvataggio del vecchio “1914”. La maggioranza, invece, puntò a ricostruire dalle fondamenta il calcio in città, invocando anche la misericordia della Figc.
Furono soprattutto le donne a raccogliere il grido di dolore della tifoseria. Contrapposte, ma convergenti: il sindaco, Eva Catizone, ed il sottosegretario Jole Santelli. Come nella migliore tradizione antica, si scelsero dei cavalieri.
Ecco Messer Nicola Adamo, calabro segretario della Quercia diessina. Sulla corsia parallela, Don Tonino Gentile, Senatore forzitalico. Entrambi destinati a conquistare le prime pagine nazionali, sempre in estate e…per questioni di donne! Adamo, per la sua fertile relazione con il sindaco Catizone. Tonino lancerà addirittura una proposta di legge per tassare l’aborto.
Prima di diventare “famosi”, i due hanno fatto in tempo a stuzzicare le illusioni sportive dei cosentini.
Adamo, infatti, avrebbe lavorato al concepimento del nuovo Cosenza. Dalla vicina Castrovillari, arrivò il titolo sportivo della locale società in agonia. Da Catanzaro, giunse l’allenatore Gregorio Mauro, fratello del più famoso Massimo. Dalla costa jonica, un manipolo di imprenditori allo sbaraglio, pronti a pilotare la nascente società. Eva Catizone, reduce da un incontro infruttuoso con Carraro, fu la madrina del nascente FC. Ci mise la faccia e anche qualche soldino. Volle in società un paio di persone di fiducia: un esperto subacqueo ed un’avvocatessa che capisce poco di calcio. La nuova creatura, poco verace, era nata. Soddisfatto Adamo. Pare che ad un amico tifoso abbia confidato il proprio entusiasmo per il risultato “politico” raggiunto. Una squadra di Cosenza nel campionato di serie D. Meglio di niente. E poi, due piccioni con una fava, evviva la solidarietà intercalabrese: il Catanzaro avrebbe occupato, in serie C, il posto dei lupi cancellati…Pare che l’amico abbia consigliato ad Adamo di non esternare mai questo tipo di soddisfazione agli altri cosentini.
Tutto sembrava filare liscio, dunque, ma nessuno aveva fatto i conti con lui: il pallone, quello che rotola e rimbalza. L’FC, nonostante la presenza in squadra di Gianluigi Lentini e l’apporto di diecimila tifosi che affollarono lo stadio in D, perse tutto quello che c’era da perdere. La nuova dirigenza si rivelò evanescente, tanto che a qualcuno venne in mente di far credere che fosse possibile spuntarla nel duello giudiziario con la Figc e resuscitare il “1914”! Fiato ai ricorsi. Comincia un altro capitolo.
Gli stessi gruppi di interesse e di pressione che, dopo essersi pugnalati per un decennio, avevano fatto tracimare il buon nome del Cosenza in cronaca nera e giudiziaria, si accreditano ora come salvatori della patria. Potere della finzione, finzione del potere: le agenzie di stampa raccontano che Tar e Consiglio di stato hanno dato ragione al “1914”. La gente ci crede: siamo di nuovo in C. Tutti in piazza a festeggiare, nonostante i ricorsi siano stati ogni volta puntualmente respinti. Nel marasma, non mancano figure genuine. Il mitico padre Fedele Bisceglia guida la protesta antiCarraro. Il “Monaco” forma una delegazione trattante. Come Savonarola che, dopo i gravi errori politici di Piero de’ Medici, va incontro a Carlo VIII per implorarlo di non distruggere Firenze, il missionario cosentino si reca a Roma, accompagnato da Tonino Gentile ed altri esponenti del centro destra. State tranquilli, ci manda Berlusconi. Ed a Cosenza qualcuno “vede” la serie A. Peccato che la delegazione del coraggioso francescano, a differenza di quella che fu del domenicano nel XV secolo, commetta un errore: si porta dietro Piero de’ Medici, cioè Pagliuso. Appena li vede, Carraro s’adombra e, per prevenire anatemi, si tocca…Ai cosentini, invece, tocca bere l’amaro calice della verità: Dilettanti, prendere o lasciare.
E così, rimangono in piedi due squadre. Alla tifoseria non resta che sceglierne una. Orgoglio, memoria, identità. Un buon 40 per cento sosterrà il vecchio “1914”. Una percentuale inferiore andrà a vedere l’FC. La maggioranza, forse, resterà a casa, coltivando ricordi magici. Quando il Cosenza calamitava allo stadio 15mila anime. Lupi per sempre. Sciacalli mai!
Claudio Dionesalvi
CARTA settimanale n° 33, settembre 2004

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