C’erano una volta i Maya ribelli

Ho chiesto ai ragazzi un parere sul testo di narrativa letto durante l’anno scolastico che si è concluso. «Pruvissù, è scritto troppo difficile. Dovevi stare sempre col vocabolario in mano…». In effetti, gli autori di racconti didattici immaginano forse di rivolgersi esclusivamente a bambini delle scuole nel cuore delle metropoli, pronti ad apparire «adulti» e telegenici, padroni della lingua italiana di fronte a qualsiasi rampante videocamera. Con la scusa di «addomesticare» gli alunni ad un lessico più forbito, si scrive in maniera incomprensibile. Non ci pensano neanche un istante, che quelle pagine saranno consumate anche da ragazzi dell’entroterra calabro o dei paesini veneti. Poi, siccome devono essere scolasticamente all’avanguardia, le case editrici corredano i libri di meravigliose quanto asfissianti tavole riepilogative, piene di schede didattiche conclusive. È la vecchia teoria del male necessario. Leggere sì, ma poi tocca dimostrare d’aver «assimilato» i contenuti. Queste maledette schede sono come la maggior parte delle procedure che tormentano la scuola di oggi: devi farle e basta. Non sai nemmeno perché, a cosa servano, ma il Pof, il Psp, le prove Invalsi, il Pecup, gli Osa, le Uat sono insipido pane quotidiano, rigorosamente senza sale, che tutti dobbiamo consumare. Soffriamo noi insegnanti, soffrono i ragazzi, avvolti dentro questi cilici cartacei. Ma bisogna sopportarli, perché ormai aule e classi sono messe in produzione: senza quei fogliacci si avrebbe l’impressione d’essere meno produttivi. Non è tutto. Ci sono ancora colleghi che usano la scrittura come arma punitiva: «Ti sei comportato male? Scrivi trenta volte che non lo farai mai più». Terribile. Gli alunni imparano ad odiare la scrittura.
Comunque, poi ho chiesto ai ragazzi di dare un’occhiata a «C’era una volta una notte… Racconti, leggende e storie dalle montagne del Chiapas», il testo realizzato dalla Scuola Secondaria Ribelle Autonoma Zapatista, edito da Carta e da Yema, a cura del Laboratorio AQ16 e dall’associazione Ya Basta. Lo hanno sfogliato. Dopo aver letto un paio di brani: « Pruvissù, il prossimo anno adottiamo questo come testo di narrativa?». A me l’idea è piaciuta, perché dal primo giorno in cui mi sono ritrovato dietro una cattedra, ho scelto un approccio basato sulla dimensione umana, privilegiando «la componente affettivo-relazionale che consente di perseguire obiettivi legati all’area meta-cognitiva». I ragazzi della Sibaritide, un angolo meraviglioso della Calabria Citeriore, hanno bisogno di una parola evocativa e pesante, che trasmetta autonomia ed identità. Per questi motivi, a Lauropoli, frazione di Cassano Ionio, provincia di Cosenza, nell’anno scolastico 2005/06 le alunne e gli alunni di seconda media studieranno il testo di narrativa scritto dai loro coetanei del Chiapas.
Claudio Dionesalvi
CARTA settimanale, n° 23   2004

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