Rossano, morire a 13 anni senza alcun perché

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È domenica sera e sono quasi le 8. In un quartiere buio e senza nome, a poche centinaia di metri dal corso principale di Rossano, c’è un bambino sdraiato sull’asfalto. Due occhi lo osservano e una mano ignota compone un numero di telefono: potrebbe essere quella di un normale passante che ha visto il ragazzo mentre si contorceva dal dolore e non ha avuto il coraggio di avvicinarsi, ma non è da escludere che sia stato proprio l’assassino a segnalare quel corpo dopo aver accertato che  per lui non c’era più nulla da fare. Nel silenzio domenicale, quando la vicina superstrada non è trafficata, si riesce ad avvertire persino il fragore delle onde. Il tredicenne Marco Mascaro è morto così, pugnalato al cuore, con le braccia protese verso il mare.
All’arrivo in ospedale, non avendo notato il taglio di tre centimetri sulla sua camicia, i medici hanno pensato che si trattasse di un malore. A prima vista, il corpo del bambino non presentava ferite. Il sangue è zampillato solo dopo, quando nel disperato tentativo di salvargli la vita, i soccorritori hanno praticato il massaggio cardiaco. L’arma che ha trafitto il petto di Marco, forse un oggetto contundente a forma di punteruolo, ha lesionato la parte bassa del cuore e il sangue si è riversato all’interno della scatola toracica. È un dettaglio importante, perché l’assenza di sangue sull’asfalto aveva lasciato ipotizzare che l’omicidio fosse avvenuto altrove e solo successivamente la vittima sarebbe stata trasportata sul luogo del ritrovamento. Invece, quasi certamente Marco è stato ferito a morte proprio lì, in quell’angolo buio di Rossano.
Un’ora prima, era stato visto nel centro cittadino. Passeggiava con la mamma e i fratellini. Il dramma si è svolto in meno di quindici minuti. «Ieri sera lo avevo lasciato vicino ad una pizzeria – racconta la madre -. Voleva prendere un pezzo di focaccia, poi sarebbe tornato a casa. Ed è stato ucciso. Da piccolo aveva avuto un problema e fino a quattro anni non aveva parlato. Poi, grazie alle cure, aveva superato tutto. Soltanto quando si arrabbiava aveva ancora qualche difficoltà. Chi gli ha fatto del male adesso deve pagare».
Non è semplice immaginare quale movente abbia potuto ispirare l’assassino. Di certo, qualcuno si è avvicinato a Marco e dopo una breve conversazione ha spezzato la sua vita con un violento fendente sopra il fianco sinistro. Il bambino ha cercato di mettersi in salvo correndo verso casa, ma l’emorragia interna gli ha fatto perdere le forze.
C’era un vento gelido, ieri a Rossano. La gente non aveva alcun problema a parlare del piccolo Marco: «Il papà faceva il macellaio ed è morto due anni fa, stroncato da una malattia incurabile. Era una persona onesta, quindi quest’omicidio non è ricollegabile ad attività mafiose, vendette trasversali o simili porcherie. La famiglia Mascaro è composta da brave persone. Negli ultimi tempi, da queste parti sono successe cose strane, ma neanche il peggiore dei criminali potrebbe macchiarsi di un delitto così atroce». Alcuni rossanesi, increduli, sposavano una delle ipotesi formulate dai carabinieri: «Chissà, forse il ragazzo stava giocando con un’inferriata o qualche altro oggetto e si è trattato di una morte accidentale. Speriamo che scoprano presto la verità, perché se veramente è stato un omicidio, vivremo nel terrore fino a quando non troveranno l’assassino». Nel quartiere, ieri pomeriggio, l’abituale silenzio era turbato dai motori delle macchine che si recavano a casa Mascaro. «Marco è sempre stato un ragazzino introverso – spiegava una delle sue insegnanti -. Aveva qualche problema nell’esprimersi, ma era molto bravo in matematica e amante della musica. Insomma, un ragazzo normalissimo, incapace di cacciarsi nei guai».
All’angolo della strada, si erano radunati alcuni abitanti della zona. Ora si sentono indifesi e chiedono protezione. Accusano le istituzioni e hanno un rimorso: «Non dovevamo mettere al mondo i nostri figli. Questa è una società malata. È presto per parlare – dice un signore sulla cinquantina -. Tuttavia, non mi meraviglierò se domani verrò a sapere che quel ragazzo è stato ammazzato da un ladro. Pare che avesse in tasca solo poche lire, ma oggigiorno esistono mascalzoni capaci di rapinare chiunque. Scrivetelo: la questione dell’ordine pubblico è la vera tragedia dei calabresi». Un giovane barista, ai margini del capannello, non è d’accordo: «Quanti poliziotti ci vorrebbero per evitare che un bambino di 13 anni venga ammazzato sotto casa sua? Non basterebbe un agente per ogni abitante!»
Claudio Dionesalvi
Il Domani, 9 febbraio 1999

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