Marlane, processo troppo lento

Madre Natura può attendere invano. Per la salute e la vita di operai e cittadini, ci sono poche speranza di giustizia in Calabria. Certi processi forse non si celebreranno mai. Come quello che si tiene nel tribunale di Paola per la morte di oltre cinquanta operai della Marlane di Praia a Mare, in provincia di Cosenza. Altrettanti sono ancora in vita, ma malati di tumore. Uno è deceduto l’8 ottobre scorso.
Imputati sono 13 ex dirigenti della fabbrica tessile del gruppo Marzotto, accusati a vario titolo di omicidio colposo plurimo, lesioni colpose e disastro ambientale. Sarebbe stato omesso il controllo della sicurezza. Alcuni di loro non avrebbero fornito ai lavoratori dispositivi di protezione e a vario titolo non avrebbero vigilato sull’utilizzo degli stessi. Le parti civili hanno chiesto la modifica del capo d’imputazione in omicidio volontario con dolo eventuale. A sette mesi dall’inizio, siamo già al terzo rinvio. L’ultimo, il 7 ottobre scorso, perché il legale di uno degli imputati ha sostenuto di essere impegnato in un altro procedimento a Roma. Il Pm non s’è opposto al rinvio.
veleni di Calabria
Ecco perché associazioni, comitati e familiari delle vittime si sono dati nuovamente appuntamento per un sit-in da tenere il prossimo 28 ottobre davanti il tribunale di Paola. Chiedono a gran voce la partecipazione solidale di tutti i Calabresi.
Ma in provincia di Cosenza la vicenda Marlane non è l’unico caso di giustizia balbuziente. Sinora nessuna delle piaghe inferte, è stata curata a fondo dall’azione di magistrati e inquirenti.
Nella piana di Sibari, al di là dei facili trionfalismi della procura di Castrovillari, sono state solo in parte rimosse le scorie industriali provenienti dall’ex Pertusola sud di Crotone, gruppo Eni. Un quantitativo imprecisato di ferriti di zinco rimane ancora nei terreni non monitorati, sotto agrumeti e pescheti.
Neanche del fiume Oliva, nei pressi di Amantea, si parla più, perlomeno da quando la vicenda delle navi dei veleni è passata di moda. Di fatto, dal tribunale di Paola non è ancora emersa una spiegazione chiara e definitiva in merito alle cause degli elevati livelli di radioattività riscontrati nell’area. Si sa solo che nell’alveo del fiume sono stati rinvenuti 100mila metri cubi di rifiuti industriali. Mistero sulla loro provenienza.
L’elettrodotto Laino-Rizziconi, di proprietà della multinazionale Terna, è rimasto piantato lassù, a poca distanza dai tetti delle case, nonostante le proteste degli abitanti di Montalto Uffugo e dintorni. Per il prossimo 31 ottobre torneranno a scendere in piazza, in occasione del rituale e carnascialesco “compleanno dell’elettrodotto”.
In attesa di eventi nuovi è anche l’inchiesta sull’eolico, avviata attorno a una presunta maxi-tangente versata a funzionari e politici della Regione Calabria per l’avviamento di una centrale eolica a Isola di Capo Rizzuto, vicino Crotone. Nel luglio scorso è stata richiesta e concessa un’ulteriore proroga per chiudere le indagini su 20 dei 34 indiziati di reati che vanno dall’associazione per delinquere, alla corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio. Tra le persone per le quali si rendono necessari altri mesi d’investigazioni, risaltano i nomi di Nicola Adamo e Diego Tommasi, all’epoca dei fatti contestati, componenti della giunta regionale, rispettivamente assessore all’Attività produttiva e assessore all’Ambiente.
Infine, dopo i temporanei sequestri, sono state quasi tutte riaperte le discariche autorizzate disseminate ovunque, nel territorio calabrese. Per la fine del commissariamento all’emergenza rifiuti, la rete “Franco Nisticò” lancia la manifestazione del prossimo 12 novembre. A Crotone, città simbolo della Calabria violentata dalla distopia di uno sviluppo industriale impossibile.
Claudio Dionesalvi
il manifesto, 23 ottobre 2011

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