L’intra moenia entra al liceo

C’è un latinismo dal suono dolce e lieve che meglio d’altro compendia quel lento processo di privatizzazione sociale che pare irreversibile. Quella “modernizzazione senza sviluppo” su cui dissertava Pasolini. L’intra moenia (letteralmente, tra le mura) è stato in questi anni il grimaldello con cui la sanità privata ha scardinato quella pubblica, quella congerie di prestazioni erogate al di fuori del normale orario di lavoro dai medici di un ospedale, mediante l’utilizzo di strutture ambulatoriali e diagnostiche dell’ospedale stesso, a fronte del pagamento da parte del paziente di una tariffa. Il diritto alla salute piegato così alle logiche del mercato, alla cultura d’azienda, alla discriminazione di classe. Con la forbice che si è allargata sempre più tra ceti abbienti e meno abbienti, tra nord e sud. E proprio un lembo del Mezzogiorno, falcidiato da decenni di politiche neoliberiste, è diventato in questi mesi laboratorio di un qualcosa che pareva indicibile sinora: il regime intra moenia nella scuola pubblica.
Pubblica distruzione
Forse è un caso, ma questo esperimento della scuola che verrà, mette radici in un liceo scientifico dedicato ad Enrico Fermi, in via Isnardi, a Cosenza. È qui che in autunno il dirigente scolastico, Michela Bilotta, durante il consiglio d’istituto propone di effettuare corsi di recupero per gli alunni in difficoltà, utilizzando gli stessi docenti che al mattino prestano servizio dietro compenso privato e “volontario” delle famiglie. È la rottura di un tabù. Dopo aver tagliato le discipline, alleggerito i programmi, immiserito la didattica, si teorizza la flessibilità della conoscenza, la scuola pubblica come merce da vendere al miglior offerente. Tutto si può comprare, dunque. Anche la lezione in un liceo statale, anche un’attività extracurricolare. La scuola pubblica ridotta così a negozio privato, a un palcoscenico della competizione sfrenata, al teatro dell’esaltazione del singolo, alla lotta per la sua affermazione. Il silenzio o, ancor peggio, l’acquiescenza dei partiti del centrosinistra (Pd in testa) la dicono lunga sul degrado istituzionale. Unica organizzazione a destarsi dal torpore è la Cgil, con la combattiva categoria della Flc. “La vicenda dell’intra moenia è solo la punta dell’iceberg di quello che avviene al “Fermi” e abbiamo con chiarezza affermato all’ispettore ministeriale che la dirigente potrebbe non essere adeguata ad una scuola così complessa. Sta provando a compiere una spericolata operazione dal sapore classista ed escludente – afferma Pino Assalone, segretario provinciale della FLC – che si accompagna ad una convenzione stipulata con la Banca Ubi-Carime per finanziare un prestito a ‘condizioni agevolatissime’ per far fronte alle spese per i corsi di ‘sostegno studio’. È un invito alle famiglie ad indebitarsi per pagare le attività promesse dalla scuola”. In spregio alla Costituzione, alla legge ordinaria e ai contratti collettivi. Da parte di quella stessa dirigente che un anno fa voleva trasferire le ore di educazione fisica in una palestra privata. Ovviamente a pagamento. Per frenare questa deriva privatistica e quest’attacco all’istruzione la Cgil ha sollecitato (e ottenuto) l’arrivo degli ispettori del ministero. “L’organizzazione privatistica nel corpo di una struttura pubblicistica, è una violenza – tuona Silvio Gambino, che insegna Diritto Costituzionale all’Università della Calabria – che mina la regola costituzionale della gratuità e dell’obbligatorietà. L’istruzione è un diritto sociale. E se le risorse non bastano si cerchi la collaborazione con Comuni e Regione”. Gli fa eco Raffaele Perrelli, che dirige il dipartimento di Studi Umanistici all’Unical: “Questo è darwinismo sociale che comprime l’uguaglianza. Nella scuola è in atto lo stesso processo che nella sanità è già in fase avanzata. Si farfuglia il solito mantra della crisi, dei prezzi calmierati e, intanto, si comincia a limitare un diritto fondamentale. Un altro bene comune è così messo in discussione. E il “Fermi” fa da apripista a questa involuzione”. Nel mentre, a via Isnardi, l’aria è sempre più pesante. Tra provvedimenti disciplinari contro i docenti non allineati, e un’attività didattica poco serena.
Le voci del “Fermi”
“Oggetto: Accordo con Banca Carime per finanziamento a corsi di sostegno/studio. Si informano gli studenti e le loro famiglie che la Banca Carime ha accolto la richiesta del Dirigente Scolastico circa la possibilità di finanziamenti a condizioni agevolatissime”. Sì, c’è scritto proprio così in una informativa inviata lo scorso 17 ottobre dalla preside al restante corpo scolastico. La nota precisa che “viene offerta la concessione di un fido avente l’importo massimo di 1000 euro con gestione su conto corrente QUBI e tasso deb. di 3,22%’”. Così, ormai sarebbe difficile smentire che le scuole pubbliche italiane siano diventate aziende a tutti gli effetti.
Confusione, paura, sconcerto tra gli studenti che escono dal liceo al suono della campanella. Dribblano i cronisti, fanno presente che sono stati i loro stessi compagni, rappresentanti in consiglio d’istituto, a denunciare d’aver subito atti di ritorsione per il semplice fatto di essersi schierati contro l’intra moenia. In quella seduta, è stata bocciata l’ipotesi di regolamento attuativo dei corsi di recupero a “libera professione” che però rimane in piedi, perché  approvata da una precedente riunione del consiglio d’istituto. Dura presa di posizione di Ateneo Controverso, laboratorio politico degli studenti dell’università della Calabria: “Questo fatto va al di là dei corsi a pagamento o di scelte politiche legate ai percorsi formativi, questo va a ledere i diritti della rappresentanza e degli studenti. Quale garanzia di democrazia in questa scuola?”
Ma i più seccati sono i genitori degli alunni. Ad un primo timido documento di sostegno all’operato della dirigente, ha replicato una nota durissima firmata dalle famiglie schierate contro i corsi intra moenia, che si appellano al buon senso, e segnalano la grave diseguaglianza che si verificherebbe tra ragazzi e ragazze provenienti da famiglie che versano in condizioni sociali diverse. E soprattutto, i genitori chiedono il rispetto della legalità. Tra di loro c’è la professoressa Natalina, precaria nella scuola media da 15 anni, che viaggia da una sede all’altra della sterminata provincia cosentina. “Non voglio che riporti il mio cognome – spiega – perché mi preme che mia figlia frequenti serena la sua scuola. Ma quello che mi fa indignare di più, è il modo col quale la dirigenza di questo liceo ha motivato l’assurda storia dei corsi di recupero a pagamento. Dice che così vuole contrastare il ‘mercato nero’ del doposcuola privato. È la solita maligna piroetta all’italiana. Così si tenta di giustificare una scelta sbagliata, ammantandola addirittura di egualitarismo, scaricando odio e rancore contro quelle migliaia di insegnanti precari che grazie alle poche ore di lezioni private riescono a sopravvivere. È come se per contrastare il business delle agenzie di viaggi che lucra sulle gite scolastiche, la scuola si dotasse di una propria agenzia interna, oppure per boicottare il vergognoso mercato dei libri di testo, ogni scuola aprisse una sua casa editrice e li vendesse in proprio”.
Tra i docenti, i toni non sono più sereni. A guidare la protesta contro le scelte della dirigente, il professor Francesco Gaudio (RSU della FLC) che, insieme a due sue colleghe, ha ricevuto dalla dirigente la famigerata “riservata” con provvedimento disciplinare a loro carico avverso il quale si sta ricorrendo al giudice del lavoro. Apparentemente la motivazione del provvedimento non è legata alla vicenda dei corsi privati. Si riferisce, infatti, al rifiuto di assumere delle funzioni che per legge sono facoltative. L’anno scorso era stato il senatore Giovanni Barozzino a raccogliere le tante denunce dei sindacati, presentando un’interrogazione al Ministro Carrozza. Che però, ovviamente, s’è guardata bene dal rispondere.
Claudio Dionesalvi, Silvio Messinetti – (Cosenza)
il manifesto, 28 gennaio 2014

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